È amore?

950 32 4
                                    


Le notti passavano una dopo l'altra, tutte uguali, tutte così colme di demoni che Lucius non riusciva neppure a rimanere nel letto a fissare quel buio che non cambiava mai.

Ogni notte scendeva dal letto e il suo unico desiderio era quello di correre in quella maledetta casa, sperando che lei fosse lì, ad aspettarlo nuda vicino a quel pianoforte che le aveva suonato così tante volte.

Si diede dello stupido numerose volte, fino ad imprimerselo bene nella mente, per aver permesso a quella dannata Sanguesporco di entrargli così dentro, per essersi fatto incatenare senza opporre la benché minima resistenza.

E continuava a ripetersi di quanto fosse stato idiota a caderci come un qualunque adolescente in preda ai suoi ormoni.

«Ti sei scottato bene, eh, Lucius» gli aveva detto Severus quella stessa mattina e lui non aveva risposto, incapace di dire alcunché, incapace di articolare qualcosa di sensato perché in cuor suo sapeva che avrebbe mentito a se stesso sia se avesse negato sia se avesse confermato.

Non sapeva neppure lui quali fossero i sentimenti che lo legavano alla Sanguesporco, se di sentimenti si poteva parlare, e questo lo faceva impazzire, piangere, impazzire e piangere. E vivere.

Com'era solo possibile sentirsi in quel modo, con lei, con una Sanguesporco, con una donna con la metà dei suoi anni?

Salazar com'era caduto in basso.

Aveva perso tutto, e non gli rimaneva nient'altro che un'amicizia e quel... quel qualcosa che aveva con lei.

Cos'era di preciso?

Un bisogno. Un desiderio. Un istinto.

Una voglia. E lui la voleva, anche in quel momento la voleva, fortemente e intensamente, era una brama che gli nasceva dal basso ventre, un desiderio che era soltanto carnalità e sesso.

Era soltanto quello?

Non lo sapeva e più cercava risposte nella sua mente e più diventava furioso perché temeva il momento in cui avrebbe scoperto quale fosse la verità, quell'enigma che gli stava distruggendo la testa.

In quel momento, il suo unico desiderio, era averla di nuovo, brutalmente, senza lasciare spazio a nient'altro che alla lussuria.

Entrò con rabbia, buttando giù la porta con un incantesimo, incurante di chiunque avesse potuto sentire quei rumori e accorrere a vedere cosa fosse stato.

«Dovresti avere la chiave, o comunque potevi anche bussare, non c'era bisogno di farmi saltare l'appartamento» gli rispose senza la benché minima nota di turbamento, come se fosse semplicemente entrato chiedendo permesso, senza neanche guardarlo.

Senza neanche accorgersi che in un attimo gli si era avvicinato, entrando silenziosamente nella cucina dove non aveva idea di cosa stesse facendo e francamente nemmeno gli interessava, il suo sguardo era fisso al suo corpo coperto appena da una maglietta troppo grande per essere sua.

Spinse il corpo al suo, lo spinse finché gli spigoli del lavandino non le penetrarono la carne fino a farla gemere, di dolore, e quello era un meraviglioso suono per le sue orecchie, avrebbe dovuto fin dall'inizio sentire quella melodia, quella Sanguesporco avrebbe sempre dovuto sospirare per la sofferenza che era capace di procurarle, non per il piacere.

Da tempo desiderava afferrarle quei dannati capelli e tirarli con tutte le sue forze, fino a vederle quella smorfia di patimento sul volto, e la vide, vide quell'espressione e li afferrò e li tese con sempre maggiore violenza.

Ultimo tango a ParigiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora