George Harrison-dangerous escapes

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Il pallido sole del tardo Settembre stava appeso mollemente nel cielo, splendendo per inerzia, coprendo a malapena la luce flebile delle stelle, immobili nella volta celeste da miliardi di anni. Le strade di Liverpool erano tristemente vuote, isolate, deserte. La frescura acida dell'autunno imminente ricopriva l'asfalto grigio scuro, rinchiudendo le persone nelle caldo famigliare delle loro case. Il mondo era silenzioso, avvolto labile da un velo sottile di nebbia torbida, quasi solida. Tenere gli occhi aperti faceva quasi male, sembrava di essere intrappolati in una nuvola di fumo.

George Harrison osservava il paesaggio grigio e desolato dalla finestra di casa sua, in Upton Green. I Quarrymen, quel giorno del '61, non si sarebbero incontrati, perchè John aveva 'Cose da fare, stronzetti. Poco piacevoli, certo, piuttosto smetterei di segarmi su Brigitte. Capito quanto non mi va? Che palle. Non provate senza di me o vi pesto a sangue. Tutti quanti.' aveva chiarito lui, fermo e deciso come al solito. George non aveva detto nulla. Sedeva solo, quindi, in quel momento, con un paio di birre vicino e una scatola di biscotti che gli aveva preparato sua madre prima di andarsene a lavoro, davanti alla finestra grande che dava sul cortile, a gambe incrociate. Giocherellava distrattamente con un filo del maglione pesante e troppo largo per lui sfuggito alla maglia inglese. Fissava il vuoto, la mente soppressa da pensieri invasivi. Desiderava che piovesse. Lo rilassava, il suono prepotente delle gocce di poggia che si infrangevano contro i petali delle margherite gialle che crescevano per puro caso tra l'erba curata del prato di casa sua. Il cielo che urlava, si lamentava sfogandosi in alte grida di dolore, le nuvole che deturpavano la sua tranquillità. Gente che fuggiva dall'acqua piovana come fosse acido, persone che guardavano le gocce di pioggia dietro i vetri delle finestre scomparire tra le guaine scure, dissolversi in silenzio, morire senza gridare.

Il ragazzo si portò la Cornish alle labbra. Il collo della bottiglia era gelido e duro nelle sue mani pallide e dalle dita affusolate. La birra scese con veemenza nella sua bocca asciutta, annullando la sensazione della sete. Col capo reclinato, gli occhi chiusi presi dalla beatitudine, il mondo gli era nascosto. Sentiva solo il silenzio assordante che gli tappava le orecchie, come dopo un volo in aereo che non aveva mai fatto. Scostò l'alcolico dalle labbra fini e sempre all'ingiù, deglutendo sonoramente, sospirando, schiudendo la bocca. Era a casa da solo, e nonostante stesse agognando da mesi la solitudine totale, in quel momento aveva bisogno di compagnia. Si sentiva estremamente solo. Non pioveva nemmeno. Finì la prima bottiglia.

Si chiese cosa stesse facendo John. Dove fosse, con chi. Il terrore che stessero facendo le prove senza di lui gli si attaccò allo stomaco con malsana violenza, quasi come se lo volesse uccidere. Ogni tanto gli succedeva, non poteva farci nulla. Gli prendeva quel colpo lancinante al petto, al ventre, e per farlo passare fumava, oppure si beveva un alcolico forte. Non sopportava il dolore. Prese un bel respiro, tremando. Poi un bel sorso di birra. Strinse di nuovo le palpebre, colpito a un giramento di testa. L'alcool aveva già cominciato a circolare nel suo corpo. Strinse il maglione nella mano, abbassando il capo, mentre i capelli spettinati e senza gel ricadevano sulla fronte scoperta.

Poi.

Un urlo gli fece alzare di scatto la testa, gesto che lo disorientò leggermente. Le pupille saettarono in scatti rapidi e attenti fuori dalla finestra, in giro per la strada di fronte a casa sua., che non era più deserta. Una figura correva velocemente, rapida come una folata di vento freddo. I capelli lunghi e scuri, notevolmente in contrasto con l'aria grigia, si intrecciavano in piccoli nodi invisibili nell'aria, mentre la ghiaia sporadica si sollevava sotto i suoi piedi con le scarpe consumate e sporche di fango fresco. George la osservava, incuriosito. Addentò un biscotto, senza distogliere lo sguardo. La ragazza si fermò bruscamente, guardandosi intorno con gesti fulminei. Quando si voltò verso la finestra della casa, George sperò, inconsciamente, che lo vedesse, e che si ricordasse di lui. C'era qualcosa, in lei, qualcosa che non si sapeva spiegare e che lo attirava, come fosse stregato. Tentò di attribuire questa attrazione all'alcool, ma sapeva anche lui che non era così.

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