XIII. Apparizione

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Grau si strinse la felpa addosso, un brivido si era insidiato sotto la pelle e non voleva andarsene. Sentì la finestra sbattere. Era solo in camera. Si alzò. il vento entrava prepotente nella stanza, facendo vorticare all'interno fiocchi di neve. Quando un pianto riempì la camera si riscosse, doveva chiudere subito la finestra! Corse ed afferrò le ante, combatté un attimo con il vento della bufera, ma riuscì a chiudere la finestra. Si pulì la felpa dai fiocchi di neve rimasti attaccati e poi si avvicinò al letto. Lì, in mezzo ai cuscini dormiva suo figlio. I capelli neri corti sulla piccola testa, i piedini e le manine che si muovevano agitati, il pianto che non voleva fermarsi. Lo prese in braccio e se lo strinse contro cominciando a cullarlo. <<Shh, buono, non era niente piccolo mio, va tutto bene, torna a dormire.>> Prese a camminare per la stanza con il bambino in braccio. Il sorriso che, spontaneo, gli alzava i lati delle labbra. Il piccolo si addormentò ma lui non lo mise giù, era troppo bello tenerlo tra le braccia. <<Cosa hai fatto?>> La voce del compagno lo raggiunse, però la tristezza e la disperazione che questa esprimeva lo colpirono. Perché era triste? Alzò la testa confuso, si voltò a guardare Scourge. Perché stava piangendo? Inclinò la testa, avvertì qualcosa scivolargli sulla mano, era caldo, sembrava una lacrima. Un brivido di tremenda consapevolezza gli percorse ogni centimetro della pelle. Terrorizzato da ciò che avrebbe visto mosse la testa lenta, gli occhi sgranati. Lacrime di dolore gli bagnarono le guance. <<Cosa hai fatto Grau?>> Ripeté l'Alpha. Grau tremò, tra le mani il cadavere di suo figlio lo guardava. Aveva gli occhi azzurri spalancati, la testa del bambino era completamente ricoperta di sangue, come se qualcuno gliel'avesse sbattuta contro qualcosa. Cadde in ginocchio e si strinse al petto il corpicino del figlio. Cosa aveva fatto?

Si svegliò di soprassalto. Il respiro bloccato in gola. Portò una mano sul ventre ancora piatto come alla ricerca di una conferma. Voleva sapere se stesse bene, se fosse sano o stesse morendo. Voleva una risposta a quegli incubi. Forse suo figlio gli stava dicendo che stava male? Guardò l'orologio della sveglia, erano le due. Il buio riempiva la camera da letto. Si mise a sedere sul bordo del materasso. Il sonno era svanito, sapeva che non sarebbe riuscito a riaddormentarsi. Accese l'abat-jour sul comodino.
Da qualche tempo a quella parte passava la notte così, con la luce sul comodino, steso su un fianco e la mano che passava lenta sul ventre. Non può dormire, non con tutta quell'agitazione addosso. Avrebbe voluto tanto che Scourge fosse stato lì, ma era da una settimana in missione e quindi era da solo in quell'enorme camera che ancora non sentiva sua. Prese coraggio e si alzò. Se non riusciva a dormire, fare due passi l'avrebbe solo aiutato a calmarsi.

Si vestì velocemente e chiusa la felpa uscì dalla stanza. Il corridoio era lungo e buio, ma Grau aveva affrontato di peggio. Mise le mani in tasca e raggiunse l'enorme sala da pranzo con i tavoli rotondi disposti a una certa distanza l'uno dall'altro, zizzagò tra di essi e raggiunse la portafinestra, l'aprì con calma e i muscoli si contrassero in uno sforzo. Anche se sarebbe di giá dovuto essere a capo di un Team, la gravidanza gli aveva privato la possibilità di averne uno, quindi erano quasi due settimana che non si allenava. Una settimana prima Scourge era partito per quella missione. Chissà dov'era...
Si mise a sedere su uno scalino e strinse le ginocchia tra le braccia, la luna brillava, bianca, nel nero del cielo.
L'aria della notte era fresca e asciugò il sudore sulla sua pelle cancellandogli dalla testa quell'orribile incubo. Da quando era iniziata la gestazione faceva incubi orribili che all'apparenza sembravano sparire dai suoi ricordi, ma lui sapeva che c'erano ancora, perché sentiva i brividi gelidi attraversarlo, perché aveva sempre il timore di voltarsi e scoprire che stava ancora dormendo, che il sogno che stava facendo era più orribile del precedente. Guardò le sue dita muoversi lente, le chiuse e le riaprì, tutto ciò che stavano facendo le sue dita era possibile grazie ai suoi genitori. Il suo bambino ne sarebbe stato capace? Anche lui un giorno si sarebbe ritrovato lontano da loro, arrabbiato con loro per le scelte che avevano preso, deciso a non vederli più? A quel pensiero gli si strinse il cuore, non avrebbe mai retto un dolore del genere, il suo piccolo lontano da lui...

Incassò la testa tra le spalle. Sua madre sentiva tutto quel dolore?

Una mano gentile gli spostò i capelli e lenta si infilò tra di essi per massaggiargli la cute. Il benessere che lo pervase lo riempì di calma. Tutto si sarebbe aggiustato, in un modo o in un altro. Alzò lentamente la testa e gli occhi gli si sgranarono di paura.
Davanti a lui c'era una donna che non aveva mai visto, sorrideva gentile e i suoi occhi gli pareva di riconoscerli. Aveva una camicetta estiva che le svolazzava lenta e i piedi nudi toccavano lo scalino, sul collo un enorme livido violaceo le stringeva in una morsa la pelle e il collo sembrava stringersi sotto di esso, quasi la stesse srrozzando. Ma ciò che lo aveva spaventato era che la donna fosse incorporea.
Riusciva a distinguere i lunghi capelli muoversi, ma poteva anche vedere attraverso la sua testa l'altra parte del giardino.

"Non avere paura, non ti farò male." Sussurrò gentile e la sua mano raggiunse la guancia di Grau, un dolce calore lo pervase ed anche se non riusciva a fidarsi di lei, non si allontanò quando le si sedette accanto.
"Chi... sei?" Chiese, la voce che si era bloccata un attimo nella gola.
"Mi chiamo Princess, da ora non dovrai più preoccuparti di quegli incubi, ci pensero io a loro, ok?"
La donna sorrise e Grau si rincuorò. Se quei sogni fossero spariti, gran parte delle sue preoccupazioni se ne sarebbero andate con loro.

I'm A Demon, Do You Know It Angel? [Warrior Cats]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora