Wake me up,
Won't you wake me up.
I'm caught in a bad dream."Bad dream" , Ruelle
"Ma tu perché sei sempre in giro mezza nuda? O meglio, in casa puoi stare anche del tutto nuda e i miei occhi sarebbero benedetti... Ma suvvia, Len!".
La donna sorrise e fece l'occhiolino al dirimpettaio, alzando la bottiglia in onore dell'uomo che imitandola, sollevò il bicchiere colmo d'acqua.
Leonor osservò il liquido cristallino che riusciva a scorgere nell'oggetto di vetro e storse il naso. Era consapevole che l'acqua non facesse male, ma pensare che quell'uomo potesse bere solo quella e i succhi di frutta, la rammaricava ogni volta.
Sospirò, scrutandolo per qualche secondo in silenzio, per poi prendere parola in modo che quest'ultimo non diventasse troppo pesante per entrambi.
"Non sono nuda. Ho le mutande e la maglia" ammiccò nuovamente, portandosi il collo della bottiglia alle labbra, e bagnandole con una goccia di birra.
Abbassò lo sguardo e i suoi occhi iniziarono a seguire il ritmo frenetico delle macchine, che nonostante fosse sera, sembrarono avere più fretta di quanta ne avessero la mattina.
"Non ti sembra che questo mondo non riesca mai a fermarsi?" chiese emettendo un sospiro.
Sentì la leggera risata del biondo: "Spero non si fermi mai, perché significherebbe che mi sono fermato anche io..." e sorrise.
Len si accorse che quel sorriso fosse velato da una tristezza profonda, la quale aveva sempre contraddistinto l'allegria dell'uomo.
Si perse per l'ennesima volta ad osservarlo. Capelli biondi, simili al grano, leggermente ricci, che incorniciavano due occhi verdi come il prato. Mascella squadrata e sorriso smagliante. Leonor aveva sempre l'impressione di parlare con un angelo, e lui lo era. I lineamenti delicati, quasi eterei, conferivano all'uomo un aspetto serafico. Il torso era stretto in una maglietta bianca, e Len riuscì a scorgere il profilo degli addominali, nonostante fossero leggermente accennati. Era solo da un annetto che il biondo era tornato ad allenarsi e riprendere il ritmo gli era costata una fatica immane.
La maggior parte delle volte, la donna non riusciva a pensare a lui nei panni di un uomo fatto e finito. Aveva dei tratti ancora da ragazzo, a differenza di... Price. Scosse la testa per aver solo pensato al nome di quel diavolo, poi si diede della stupida per aver permesso che quella tristezza invadesse anche il resto del viso di Jeremy, oltre al suo sorriso.
"Un giorno ti farai un tatuaggio... nel mio studio?" e lo guardò in trepidante attesa della risposta, nonostante sapesse già quale sarebbe stata. Lo conosceva da qualche anno, e lui aveva sempre risposto allo stesso modo a quella domanda, sebbene avesse qualche tatuaggio sparso qua e la.
Difatti Len si sentì gli occhi del biondo addosso e ricambiò il suo sguardo. Jeremy si appoggiò alla ringhiera del balcone e fece segno di no con la testa: "Non verrò a farmi un tatuaggio da una dirimpettaia poco raccomandabile che gira in mutande, fuma come una turca e beve come un'irlandese".
Non poté non ridere.
"Sono una ragazza di mondo, lo sai no?" fece spallucce divertita.
"Allora, dato che non verrai mai da me per tatuarti, brindiamo a questo continuo movimento di macchine e persone" si buttò sulla sedia per poi stravaccarsi e sospirare.
Gettò la testa all'indietro, sgolandosi le ultime gocce di birra e infine poggiò la bottiglia sul tavolino che aveva sistemato in un angolino del balcone per l'estate, proprio vicino alla sedia, in modo che potesse lavorare anche all'aria aperta e potesse prendere ispirazione dal mondo circostante. Dallo stesso ripiano acciuffò il pacchetto di sigarette, accendendosi la millesima di quella giornata.
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War of fire #WATTYS2019
RomanceLeonor Carter, proprietaria di uno studio di tatuaggi. Damian Price, il Diavolo di Londra. La città è sua, nelle sue mani e nessuno potrà mai spodestarlo. Un giorno però si ritrova ad avere tra le mani le chiavi del negozio di una tatuatrice, fo...