Capitolo VII - I Mannare -

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"Non c'è presa di coscienza senza dolore"

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"Non c'è presa di coscienza senza dolore"

Carl Gustav Jung 1875-1961

L'allevatore maranese Sergio Molinari un uomo di mezza età dal corpo tozzo e robusto, stava facendo rientrare con algida fermezza il bestiame nei capienti recinti, del suo allevamento di famiglia sulle Aie.

Le Aie sono una zona del monte maranese ricca di verdi pascoli, ed il suo era uno dei pochi allevamenti a conduzione familiare, rimasti ancora in produttiva attività commerciale a Marano. 

Un tempo il colle maranese era pieno di armenti e di greggi al pascolo, la maggior parte dei maranesi dell'epoca conduceva una rurale vita contadina dura e sacrificata.

Oggigiorno sono rimasti in pochi che con le comodità e le attrezzature moderne, continuano a condurre in paese un'esistenza agricola e di pastorizia.

Sergio era orgoglioso del suo bestiame, il suo era un allevamento modesto ma di ottima qualità. Aveva dieci stupende mucche di razza Frisona e otto vigorosi cavalli Maremmani, a cui era molto legato emotivamente e sentimentalmente.

Amava molto i sui animali e se ne prendeva cura quotidianamente, con grande attenzione a tutte le loro necessità biologiche ed esigenze fisiche.

Sentiva che con essi riusciva ad avere un rapporto migliore, di quello che poteva avere con molte persone che conosceva. Era rimasto a vivere e a lavorare a Marano con la sua numerosa famiglia, perché preferiva di gran lunga la natura incontrastata del suo colle natio, rispetto al caos frenetico e snervante delle grandi città metropolitane.

Ormai stava facendo decisamente buio, e i suoi animali quasi rientravano da soli nei recinti senza essere spronati poi più di tanto.

Era un buon allevatore esperto e meticoloso, ed il comportamento collaborativo ed ubbidiente del suo bestiame ne era la dimostrazione pratica più palese.

Mentre guardava i suoi animali rientrare docilmente nei recinti, Sergio aveva un tacito pensiero fisso in mente che lo inquietava apprensivamente.

Le notti precedenti dei branchi locali di lupi, si erano avvicinati stranamente molto alle zone abitate di Marano. 

Un comportamento insolito per loro visto che era estate, e neanche nel gelido inverno in cerca spasmodica di cibo osavano sconfinare così tanto dalle riserve. 

La maggior parte degli animali selvatici teme l'odore dell'uomo, rimanendo di solito a debita distanza dai centri abitati e i lupi in questo non sono da meno. Chissà chi o cosa li aveva spinti a scendere giù nella vallata.

Era meglio chiudere con cauta accortezza i recinti della stalla, e mettere in sicurezza il bestiame per la notte. Se i lupi avessero provato ad attaccare i suoi animali con il favore delle tenebre, allora avrebbero assaggiato i colpi calibro dodici, del suo temibile fucile FAIR SLX800.

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