Capitolo 3

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-Hey cosa ci fa qua una ragazza così bella?- Isabell lentamente si girò e le parve di vedere davanti a se il viso di un angelo che la fissava sbalordito subito si portò le mani al viso per non far vedere le brutte ferite che le aveva provocato il padre ma prima di ricominiare a parlare il misterioso ragazzo con delicatezza le abbassò le mani e le prese il viso- Non hai ancora risposto alla mia domanda- disse guardandola nei suoi grandi occhi verdi, Isabell allora cominciò- Purtroppo la storia è lunga- - Beh magari ti fa piacere sapere che ho molto tempo libero a disposizione- rispose il ragazzo, allora Isabell incominciò a parlare- Tutto è cominciato quando avevo 5 anni, stavo giocando fuori in giardino con mio padre che era appena tornato da lavoro e si era steso sul prato con me quando...quando ad un certo punto sentimmo uno scoppio provenire dalla cucina della nostra grande villa e non facemmo in tempo a girarci che tutto aveva già cominciato a prendere fuoco, vedevo il legno di betulla delle travi esterne prendere fuoco e le colonne in marmo cadere sbriciolandosi al lieve tocco del terreno, le tende color panna che uscivano fuori dalla finestra svolazzando come per implorare di essere staccate e spente nell'acqua e infine l'urlo straziante di mia madre che bruciò con il resto della casa, mio padre si alzò velocemente e mi raccomandò di stare ferma ma non lo sentii neanche perché avevo ancora in testa l' urlo di mia madre ed ero seduta a terra pietrificata, mi alzai solo quando vidi uscire mio padre con in braccio mia madre e un telefono, ad una cosa sola pensai in quel momento che la ragazza che mio padre teneva in braccio non poteva essere mia madre e continuavo a ripetermi che non era lei che era solo il ladro che aveva creato l' incendo diventandone vittima ma questo ladro aveva la vestaglia di mia madre e la collanina d' oro con la perla egiziana incastonata al suo interno, era lei per forza solo che aveva il viso nero, una gamba ustionata e un braccio liscio e rosso che penzolava attaccato alla spalla ancora con pochi tendini e io ero lì e io ho visto tutto e io ho pensato di essere in un incubo ma io ero consapevole di non star dormendo- in qual momento Isabell si dovette fermare, aveva gli occhi gonfi di lacrime e le labbra che le tremavano come mai prima di quel momento con voce tremante ricominciò- da li vidi solamente più i pompieri che spegnevano le fiamme e mia madre che andava all'ospedale poi il buio e anche io in ospedale con una flebo attaccata al braccio in poche parole un dottore mi fece il riassunto delle ultime ore e finì con un mi dispiace solo allora ho capito di aver perso per sempre mia madre, da quel giorno mio padre cambiò: divenne irrascibile, maleducato e perse il lavoro, ridotti alla miseria trovammo una casa abbandonata e con il poco che ci restò la restrutturammo ma non passava giorno senza che mio padre si arrabbiasse e mi picchiasse e io resistevo...o almeno pensavo di resistere fino a ieri quando sono svenuta sul pavimento della cucina dopo averlo accusato di non essere mio padre- e con quello concluse il discorso-Mi dispiace....- -Isabell, chiamami Isabell- -Beh in questo caso mi dispiace davvero molto Isabell- disse lui in tono grave ma Isabell non lo stava più alscoltando perché stava piangendo e le orecchie le fischiava tanto da non sentire le belle parole del ragazzo e subito venne riscaldata dal caloroso abbraccio dello sconosciuto, lei ricambiò l' abbraccio e lentamente gli chiese -Come è che mi hai detto che ti chiami?- il ragazzo sorrise la guardò e le disse scherzosamente- Ma io non te l' ho detto- - Ok in questo caso... come ti chiami- -Adesso va meglio... mi chiamo Tom, Tom Hamingway-

Il mio miglior incuboDove le storie prendono vita. Scoprilo ora