2 I GENERALI SOVIETICI

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«Smolensk, Smolensk... evoca le Guerre Napoleoniche, e invece... a un mese dall'inizio dell'operazione, i nostri alleati sono arrivati fin lì».

«Anch'io me ne compiaccio, camerata. Ma stiamo attenti lo stesso» disse, mentre gli stivali sollevavano polvere e sassolini.

«Ma certo, aiutante. Dobbiamo fare la guardia. Ma sai, non sono convinto di una cosa».

«E sarebbe?». L'aiutante lo guardò con attenzione. «Dubiti dell'invio del Corpo Rapido in Russia?».

«No, semmai... disertori, diserzioni... perché i nostri camerati dovrebbero disertare? Stiamo vincendo la guerra!».

«Ti ricordo che siamo gendarmi e facciamo servizio dietro le retrovie... dobbiamo solo stare attenti a che le linee di comunicazione restino integre e coadiuvare le Einsatzgruppen nella loro caccia all'ebreo. Tutto qui».

«Ma anche stare attenti ai disertori, seppur non ce ne siano» sostenne con un dito alzato come un maestro di scuola. Irritante.

«Potrebbero essercene. E questo apre un argomento vasto».

«E sarebbe?».

«È troppo lungo».

«Ma dimmelo, avanti. Non mi sembra di avere impegni e la mia fidanzata è rimasta in Ungheria».

«La guerra sembra che la stiamo vincendo. Ma non è detta l'ultima parola».

«Che cosa intendi?». Smise di avere quel sorriso di scherno.

«La Russia ha tanti generali. Žukov, Konev, Vatutin, Timošenko...».

«Sì, sì, Bagramyan, Rokossokovskij... li conosco, li ho sentiti nominare. Ebbene?».

«Ma questi, loro, sono nulla» cercò di essere solenne e sepolcrale.

«Hanno Stalin...».

«Stalin è nulla. Era meglio Trotskij. Ma credo sia morto». Fece un cenno di sufficienza.

«A Città Del Messico».

«Forse Trotskij ci avrebbe dato delle sonore sconfitte. E subito, anche. Quelli che ho in mente agiranno con lentezza, ma efficacia».

«Ma chi sono?».

«Il generale Distanza, il generale Fango, il generale Inverno. Ecco chi sono».

Il gendarme restò perplesso. «Loro?».

«Sì. Hai menzionato le Guerre Napoleoniche, no? La Campagna di Russia. Altro che Kutuzov e lo zar Alessandro... il generale Inverno, ecco il vero vincitore».

«E ce l'abbiamo davanti, noi ungheresi». Rabbrividì, seppur fosse estate.

«Se piegheremo l'Unione Sovietica prima della stagione invernale, non avremo nulla da temere. Ma altrimenti, il Corpo Rapido - vittoria a Uman o no - sarà decimato dalle diserzioni».

«Speriamo di no» rabbrividì ancora.

«Me lo auguro anch'io». Proseguirono nella marcia di guardia.

La Seconda Guerra Mondiale in racconti Capitolo 8 Altri paesi dell'AsseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora