GIORNO 99: Una lieve pioggerellina

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Un colpo. Un colpo secco e terribile. Un'altra vita finita. Un'altra persona aveva emesso il suo ultimo respiro.
Jacob tremava. Non voleva morire, no. Aveva un sogno da realizzare, lui. “Come anche tutte le altre vittime”, pensò.
Ma il pensiero della morte lo spaventava ancora, dopo anni di combattimento.
Perché la guerra? Che senso aveva uccidersi l'un l'altro per mettere a posto qualche stupido capriccio dei governatori? Maledetto studente serbo-croato che aveva sparato a quel duca, Ferdinando!
Jacob sapeva che non era quella la vera motivazione di tutto quel disastro: c'erano ben altri pensieri che circolavano nelle teste egoiste dei Governi, ma quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
E, inoltre, le trincee facevano schifo: delle buche lunghe e strette in cui tutti i soldati erano costretti a vivere, in mezzo ad insetti e ai “bisognini” degli altri.
«Ehi!» lo richiamò Benjamin Toodler, l'unica persona in quella guerra che si avvicinasse a un amico per Jacob «Secondo te sono attenti?».
Era stato un uomo alto e muscoloso, prima di entrare in guerra. Ora era molto più magro, i suoi capelli castani tendevano al grigio, anche se erano spesso nascosti sotto il casco, mentre i suoi occhi color ambra erano l'unica cosa apparentemente ancora viva in lui.
Jacob non alzò nemmeno la testa: quelli erano sempre attenti.
«Sì, amico. Perché lo chiedi?».
Ben sbuffò:
«Non è brutto stare qui aspettando che l'altro miri un colpo? Qualcuno dovrà pur agire!» spiegò.
«Non sei un bambino. Qui si tratta di vivere o morire, Benjamin» lo rimproverò Jacob.
«Ma se devo morire» lo interruppe lui «Almeno lo faccio per aver agito!».
Jacob strinse le labbra: era vero, la vita era già stata portata via a molti a causa delle scarse condizioni igieniche. Ma era comunque pericolosissimo.
Jacob si levò il casco e lo mise sulla canna del fucile. Con mano tremante, lo alzò appena oltre il bordo della trincea.
Non passò nemmeno un secondo: lo sparo arrivò e bucò il casco.
Lo aveva detto, lui, che erano sull'attenti!
«Vai!» esclamò Benjamin, alzandosi di colpo.
«NO!» gridò Jacob.
Troppo tardi: Ben aveva sparato per due, ridendo in faccia ai nemici.
«E QUESTI ERANO PER MIA SORELLA E PER MIA MADRE!» urlò, furente e allo stesso tempo pieno di adrenalina.
Jacob gli prese il braccio per abbassarlo, ma sentì un nuovo colpo.
Avrebbe potuto giurare di avvertire il giramento della Terra.
Il mondo sembrò crollare, così come il corpo a peso morto di Benjamin Toodler, che cadde a terra, mentre Jacob provava a sostenerlo.
«BEN, ASCOLTAMI!» lo chiamò a gran voce quest'ultimo, scuotendolo per le spalle «NON CHIUDERE ASSOLUTAMENTE GLI OCCHI!».
Benjamin rise debolmente, guardandolo.
«È stato fantastico!» mormorò, con un filo di voce «Gli ho riso in faccia!».
«Sì, Ben» disse Jacob, facendo cenno a un soldato-medico, che, però, si avvicinò a loro scuotendo la testa.
La ferita era aperta e sanguinante, proprio sotto il collo.
«Sono stato grande, vero?» chiese.
«Sì, Ben. Sei stato grande» rispose lui.
Il soldato rise di nuovo, respirando affannosamente, e tirò fuori un foglio dalla tasca della sua divisa verde.
«Portalo a Rosaline» lo implorò, consegnando la lettera a Jacob.
«Ben, tua sorella è…»
«La rivedrò presto!» esclamò lui, una lacrima che gli rigava il volto mentre sorrideva.
«Benjamin…»
«Non fa male!» lo rassicurò, mettendosi una mano sulla ferita «Cosa vuoi che faccia una pioggerellina come questa?».
Jacob scosse la testa: non stava piovendo.
«Portala a Rosaline» gli intimò di nuovo Ben «Dille che sto arrivando da lei. E resta vivo».
«Io…» mormorò Jacob «Lo farò».
«Bravo, Jack» sussurrò il soldato moribondo «Anche se piove, sta' sull'attenti. Farà soltanto crescere i fiori».
E, dopo queste parole, ancora con il sorriso in volto, gli occhi del soldato si spensero. Qualcuno lo portò via, mentre Jacob si sedeva a terra, con la lettera tra le dita, in lacrime.
«SIAMO LIBERI!» urlò qualcuno.
Jacob non avrebbe potuto dire quanto tempo fosse rimasto seduto con le ginocchia al petto.
«Come?» mormorò, con la bocca impastata.
«È FINITA! È L'UNDICI DI NOVEMBRE 1918, E LA GUERRA È FINITA!» esclamò un soldato, abbracciandolo stretto.
Non realizzò appieno ciò che stava succedendo, ma si alzò esultando come tutti gli altri, anche se il pensiero della morte di Benjamin Toodler gli era rimasto impresso nella mente.
Strinse di più la lettera che l'uomo gli aveva lasciato e la infilò in tasca.
Uscì dalla trincea con passo indeciso, mentre la pioggia iniziava a bagnarlo.
Una pioggia che avrebbe fatto crescere i fiori.

11.11.1918: fine della Grande Guerra, che passò poi alla Storia come Prima Guerra Mondiale.
(Era ieri ma va bene)

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