°•Capitolo 4•°

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"Allontanati" dico fredda. Stendo il mio braccio sinistro e spingo via l'uomo affianco a me.

"Anche se non sarò presente, il villaggio dovrà stare al sicuro da tutto" stendo le braccia davanti e formo un cerchio nell'aria; soffio al suo interno, e lentamente dal terreno si sollevano i gambi dell'edera velenosa fino a formare una gigantesca bolla attorno al villaggio.

"Avere il controllo della terra è una magia che sa il fatto suo" mi affianca il giovane uomo.

"Io non controllo la terra, non la comando" mi giro di spalle e inizio ad allontanarmi passo dopo passo.

"La mia magia è di pura creazione e protezione, mai usata per scopi di gioco" aggiungo e impugno la stringa della sacca con forza.

"Credo che ti troverai bene nel posto dove stiamo andando" ghigna mentre osserva  il cielo.

"Che posto?" Lo guardo confusa.

"Una Gilda" si gira verso di me per mostrarmi i suoi canini affilati sopra la sua lingua rossa.

Mi blocco istantaneamente, non riesco nemmeno a respirare o controbattere.

È sempre stato il mio sogno sin da quando ero una piccola bambina, ma ora non sono più tanto convinta di questo sogno, mi sembra troppo lontano.

Credo di non riuscirlo nemmeno a toccare.

Credo di voler tornare indietro.

"Non posso" dico in un sussurro.

"Perché?" Mi guarda e aggrotta le sopracciglia.

Lo guardo per un breve momento.

"Nemmeno ti conosco" lo guardo negli occhi.

"Che razza di umano sei?" Gli punto il dito contro.

"Ti fidi del primo essere vivente che incontri" quasi gli urlo in faccia la sua scarsa diffidenza.

Mette le mani in tasca, gira il capo da un lato e arriccia le labbra in un broncio. Di scatto mi guarda e si avvicina con il capo a me.

"Se qualcuno tradisse mai la mia fiducia, lo brucio all'istante" avvicina una mano al suo viso e parte una vampa bollente come il sole.

"Ma tu non sei una ragazza che tradisce, vero? Stento hai avuto un rapporto con un essere vivente" ghigna e si avvicina al mio viso.

Sfilo un pugnale a lama circolare dalla sacca della e glielo punto sul suo pomo da Adamo.

"Non ti permetto in nessun modo ne di parlare di me e ne dei defunti del mio villaggio" lo spingo via con le mani.

Cammino verso la boscaglia verde. "Mi fermo alla prima città vicina, tu continua il tuo viaggio" dico fredda.

"Se è questo il tuo volere" mi segue a ruota.

"Il mio volere è starti lontano perché non hai un po' di rispetto verso i defunti di questo villaggio" gli sputo contro il mio astio.

"Sei così antica" lo sento sbuffare.

Non gli rispondo, ma continuo il mio percorso.

"È proprio senza rispetto" sento una voce non familiare.

Sul mio viso sento delle dita morbide che mi obbligano a girarmi completamente verso il giovane uomo.

Al suo fianco, un ragazzo della stessa altezza, ma dal colorito scuro come la pece e capelli gialli come l'oro, occhi color miele e un paio di orecchie che spuntano dalla sua testa.

"Cheka, non ora" ringhia il giovane uomo dai capelli color arancio.

"Cheka, il felino delle terre vulcaniche?" Strabuzzo gli occhi.

"Un felino ermafrodite muta forma" si avvicina a me.

"Posso essere sia uomo" passa due dita sotto il mio mento e poi fugge verso il padrone.

"Che donna" il suo aspetto cambia: lineamenti più morbidi, corpo più formoso e capelli molto più lunghi. Inizia a strusciarsi sulla spalla del padrone.

"Basta così, Cheka!" Dice lui allontanandosi dal muta forma.

"Torna nelle tue sembianze animali" dice serio il padrone.

Il felino dalla pelle scura ghigna mentre guarda verso l'alto. "Voglio divertirmi ancora un po'" si lecca le labbra e fa un balzo per arrivare su un albero.

"Cosa sta facendo?" metto a fuoco la situazione.

"Si sta mangiando un'aquila" spiega il giovane uomo. La situazione non è per niente scomoda per lui.

"Certo" riprendo a camminare.

Questa pazzia finirà a breve, non appena avrò raggiunto la città più vicina.

"Cosa farai una volta arrivata in città?" Domanda. Mi affianca ma non cenna a guardarmi un singolo secondo.

Non so cosa rispondere, perché non so com'è la vita di città, non ricordo più nulla della vita condivisa con gli altri.

"Non sono affari tuoi" dico semplicemente.

"Secondo me, non sai ancora cosa fare" lo vedo ghignare sotto i baffi.

"Non è affar tuo quello che devo fare io della mia vita" dico con una risata amara.

"Allora vieni con me" dice serio mentre mi guarda negli occhi.

"Viviamo in un mondo libero, non vedo perché dovrei seguirti" espiro dal naso già irritata da tanta insistenza.

"Ti sbagli! Non è affatto un mondo libero questo: solo chi ha potere vince su tutto e noi maghi non abbiamo alcun potere" mi guarda torvo. Sembra sapere quello che dice.

"Allora chi sono coloro che hanno potere su tutto?" Domando ironica.

"Gli Dei" sospira e gira lo sguardo verso il cielo. "facciamo in questo modo" inizia "tu vieni nella mia città e sarai tu a decidere se rimanerci o meno" spiega e tende una mano verso di me.

Guardo la sua mano e poi il suo viso con indifferenza.

"Non stringo la mano a gente insistente come te" Lo guardo con freddezza e lo sorpasso. "ma accetto il tuo compromesso" dico con nonchalance.

"Sapevo che avresti ceduto" dice con un sorriso compiaciuto. Raggiunge il mio passo e non cenna togliere il sorriso sulle labbra.

Ho fatto davvero la scelta giusta? Abbandonare così su due piedi il mio villaggio? Sento solo il rimorso consumare il mio cuore.
Desidero tanto poter tornare indietro e ritrovarli tutti vivi e vegeti ad aspettarmi.

Per loro la vita è stata così breve, non hanno avuto il tempo di difendersi che sono stati spazzati via.

Abbiamo superato la grande valle verde e vedere altri colori, dopo tanti anni mi sento un po' disorientata.

Il sole è molto più forte e i suoi raggi bruciano sulla mie pelle bianca.

Alzo il cappuccio per coprire il viso da questo calore e luce immane.

"Non ho mai vista tanta luce in vita mia" dico fra me e me. Cammino a testa china e osservo come la breccia viene calpestata dalle mie scarpe.

"Questo perché gli alberi ti hanno sempre protetta dalla luce calda del sole" dice lui con tono calmo.

"C'è così tanto sole tutto i giorni?" Domando esausta da tutto questo calore.

"Non proprio, a volte piove"

"Allora spero che piova al più presto"

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