Every new painting is like throwing myself into the water without knowing how to swim.
-Edouard Manet«Domani abbiamo il compito di matematica! Dopo un allenamento del genere mi assento da scuola» si lamentò Gally, sedendosi su una panchina all'esterno dello spogliatoio maschile e prendendo il cellulare in mano.
Newt si appoggiò al muro, dato che dovevano aspettare Alby, il quale era stato uno degli ultimi ad entrare nelle docce.«Non sarà così traumatico, suvvia» disse Newt, con nonchalance, accendendo il proprio cellulare e visualizzando qualche notifica.
«Non sarà traumatico per te che sei un genio» ribatté Gally, con uno sbuffo, «Per me è solo un'altra insufficienza da aggiungere alla collezione.»
Il suo cellulare cominciò a squillare e Newt sentì perfettamente il tono di voce, estremamente elevato, della madre del suo amico.Stava urlando qualcosa a proposito del disordine e del fatto che il ragazzo dovesse tornare a casa immediatamente, a meno che non avesse preferito una punizione che, sostanzialmente, consisteva nel non uscire per un paio di settimane.
Newt ridacchiò, ricevendo un'occhiata per niente amichevole da Gally, che era stato costretto a spostare il cellulare dell'orecchio per evitare di farselo stonare a causa del tono stridulo della donna dall'altro capo del telefono.
«Sì, ho detto che adesso arrivo!» ripeté un'ultima volta il ragazzo dai capelli neri, chiudendo poi la chiamata e roteando gli occhi con espressione infastidita.
Si alzò e si sistemò il borsone su una spalla.
«Be', Newt, ci vediamo domani. Mi aspetta una serataccia. Magari di' ad Alby che dovevo ripetere matematica e che sono corso a casa per questo» sbuffò, per poi avviarsi verso la porta della palestra che dava accesso al campo esterno.«A domani» fu la risposta di Newt, che cominciò a pensare che forse era meglio lasciare un messaggio ad Alby e tornare a casa propria.
La porta dello spogliatoio si aprì ed uscirono alcuni componenti della squadra di basket che avrebbe giocato il sabato mattina successivo.
Uno di loro fece un cenno a Newt, con un mezzo sorriso.
Il biondo si limitò ad un gesto con la mano, abbassando lo sguardo sul cellulare, non ricordava nemmeno il nome di quel ragazzo.Alcuni minuti a seguire, uscì anche Thomas, avvolto in un cappotto nero, da solo.
Newt lo guardò avanzare e, notando che non si era degnato nemmeno di guardarlo, lo richiamò.«Ottima partita, Thomas» disse, riferendosi all'allenamento, e vide l'altro ragazzo fermarsi vicino la porta che dava accesso al corridoio della scuola, per poi voltarsi verso di lui, con espressione indecifrabile.
«Grazie, Gray, nemmeno tu giochi male. Non capisco perché ti ostini a non voler partecipare alle competizioni» Thomas si avvicinò, ma di poco, a Newt, mantenne anzi una breve, fredda, distanza.
Newt fece spallucce, «La competizione non fa per me» disse, spegnendo il display del cellulare e infilandolo in una tasca della giacca.
«Hai paura di perdere, mh?» il tono del moro era un po' ironico, Newt scosse la testa, incrociando il suo sguardo: «Non quanta ne hai tu.»
«Figuriamoci» Thomas sbuffò, «Gioco a basket da anni, abbiamo vinto la maggioranza delle volte, perché dovrei aver paura di perdere?»
«La mia era una metafora» mormorò Newt in risposta, concedendogli un mezzo sorriso che l'altro ragazzo ricambiò voltandosi di spalle.
«Ci vediamo domani pomeriggio, Newton» disse Thomas, avanzando verso la porta e aprendola per entrare nel corridoio della scuola, illuminato dalle fastidiose luci a neon.
«Indubbiamente» aveva replicato Newt, consapevole del fatto che Thomas non lo avesse sentito.
Alby, finalmente, una decina di minuti dopo uscì dallo spogliatoio, così entrambi si avviarono verso l'uscita per il campo, venendo avvolti immediatamente dalla fredda aria serale.
![](https://img.wattpad.com/cover/157193704-288-k265853.jpg)
STAI LEGGENDO
Skinny Love | Newtmas
FanficIN PAUSA. Skinny Love: un amore troppo scarno, fragile, per sopravvivere. [ Love that's too skinny to survive. ] - «Perché non poni fine a questo continuo giocare a nascondino?» ribatté allora Newt, poggiando le mani sul tavolo, «Ogni volta che arr...