Masquerade - Vikturi (Italian traduction)

Open Water

Era passato tanto tempo da quando Yuuri aveva avuto un attacco di panico, eppure eccolo lì.

In ginocchio davanti alle sole due persone senza le quali non poteva vivere, intrappolato dal terrore che si faceva strada artigliando la sua gola, strozzandolo, accecato dall'angoscia che gli mandava il sangue al cervello e lo rendevano inutile. Non aveva mai conosciuto una paura del genere, debilitante, quello stato mentale catatonico che gli faceva strappare i capelli mentre il suo stesso corpo lo tradiva.

E non importava quanto provasse a respirare, i suoi patetici respiri superficiali, il suo petto ansante e le sue grida silenziose. Tutto ciò che fece fu soffocare nel suo stesso tossico panico.

Per tutta la sua vita ha combattuto per essere forte, combattuto per ogni istinto finemente affilato e la sua abilità di pensare con i piedi per terra, aveva combattuto per il controllo su sé stesso, su momenti come quelli, dove pensava che il cielo stesse cadendo, quando pensava di non essere bravo abbastanza da essere chiamato 'figlio', non abbastanza forte da essere riconosciuto. Dopo ventiquattro anni pensava di aver finalmente vinto, pensava di essere finalmente in grado di sopportare l'infinita pressione del cielo che lo schiacciava.

Yuuri adesso sapeva di non essersi mai sbagliato così.

Perché tutto si stava restringendo in quel momento, opprimendolo con il peso durissimo del suo incubo che aveva solo sognato solo fino a quel giorno. Non poteva nemmeno sopportare, figuriamoci combattere.

Quindi era come guardare sbirciando dall'esterno, la sua coscienza rimossa dal suo corpo per vedere da vicino ma allo stesso tempo così lontano da qualsiasi capacità di fare qualcosa a parte gracchiare pateticamente mentre il suo cuore provava a farsi strada a calci fuori dal suo petto.

Victor sembrava addolorato, sembrava furioso e straziato contemporaneamente. Furioso per il suo desiderio di vendetta, e straziato per tutto ciò che Yuuri avrebbe perso se premesse il grilletto della sua arma giusto un centimetro in più.

C'era molto più di una semplice vita in gioco: potevano perdere la fiducia, potevano perdere la fede, potevano prendere le distanze dal legame che avevano adesso, e Yuuri non sapeva quale tra queste cose gli stava facendo più male.

Le piastrelle bianche e i muri della cucina adesso erano accecanti, un insulto ai suoi occhi, dipingendo la visione di sangue chiazzato sul pavimento, i cocci di vetro che brillavano al sole che risplendeva attraverso la finestra della cucina in un blando tentativo di scaldare il gelo nell'aria.

Poi, c'era Minako, che era passata dalla porta sul retro, ben lontana dal corsoio del ranch, dalla parte opposta dell'enorme spianata. Senza dubbio aveva forzato la serratura e preso Victor alla sprovvista, i bicchieri distrutti e i documenti sparpagliati dicevano tutto. Victor si doveva essere girato su sé stesso, colto impreparato in un posto dove sarebbero dovuti essere al sicuro, venendo faccia a faccia con quel fantasma che perseguitava tutta la sua vita.

E persino Yuuri poteva ammettere che ciò doveva essere come un calcio secco nei denti, quindi non poteva biasimare Victor per qualsiasi cosa sarebbe successa dopo.

Victor stava fissando Minako, immobile mentre il silenzio si espandeva fino agli angoli della casa, e anche nel suo stupore Yuuri poteva vedere che Minako era così guardinga: la postura perfetta nei suoi pantaloni eleganti a vita alta e il suo blazer su misura, un colletto increspato bianco al di sotto con i capelli liberi come la sua personalità, impeccabile come sempre se non fosse per l'inconfondibile patina di sfinimento nei suoi occhi. Quel tipo di sfinimento che solo notti insonni di viaggio possono dare, il tipo di stanchezza dove l'unico momento in cui ci si può riposare è quando si ha ciò che serve sott'occhio, la stessa spossatezza di quando si cerca qualcuno che non si credeva di poter trovare finché non è troppo tardi.