Capitolo 1.

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Mi sveglio di colpo, preso da incubi che mi tormentano da qualche giorno.

Ma oramai ci sono abituato. È da quattro anni che in questo periodo mi assalgono sempre gli stessi incubi.
Devo resistere ancora qualche anno, penso.

Scendo nella sala da prazo e faccio una misera colazione.

Anche se sbaglio a lamentarmi.

Ricordo costantemente a me stesso che sono stato fortunato ad essere il figlio di un fornaio. C'è gente, qui nel 12 che muore di fame.

Anche se poteva pur sempre andarmi meglio.

Voglio dire, sono nel distretto più remoto, il più trasandato, sporco, insignificante. Ma ho qualcosa da mettere sotto i denti, almeno.

E poi, in qualsiasi altro Distretto non sarei comunque potuto sfuggire agli Hunger Games.

Gli Hunger Games, ovvero i Giochi della Fame, sono il modo in cui il Governo ci ricorda che non abbiamo alcun potere, su nulla, nemmeno sulle nostre vite.

Gli Hunger Games sono stati ideati dopo i Giorni Bui, quando ci fu una guerra che sconvolse tutto il Paese. Allora eravamo tredici Distretti, ma durante i Giorni Bui il Distretto 13 fu distrutto. Da allora sono passati 74 anni. Oggi è il giorno della mietitura, giorno in cui due tributi per ogni Distretto, maschio e femmina, verranno estratti per partecipare ai giochi. Ventiquattro in tutto. Questi ventiquattro ragazzi devono sfidarsi in una guerra mortale, c'è un solo vincitore, colui che sopravvive. Egli riempirà di onore e gloria il proprio Distretto e, cosa più importante,  potrà tornare a casa.

È un reality davvero avvincente, per quelli di Capitol City. Ovvio. Loro non devono mandare i propri figli al macello ed assistere per forza. Loro assistono e basta magari incitando il proprio tributo 'preferito' e contribuendo a fargli inviare piccoli paracadute d'argento con oggetti che potrebbero fare la differenza tra la vita e la morte, per un tributo. Ovviamente gli Hunger Games devono essere violenti e sanguinari, altrimenti gli abitanti di Capitol City potrebbero annoiarsi.

Mi vesto di tutto punto e mi liscio per bene i capelli all'indietro, non che mi piacciono, ma sono ordini di mia madre. Non è una donna buona, dolce, non la si può descrivere con nessun aggettivo positivo.

Fatto ciò, mi avvio verso il Palazzo di Giustizia del 12, è li che si terrá la mietitura.

Sono uno degli ultimi ad arrivare, nonostante siano appena scattate le 14:00, ora prevista per l'inizio della mietitura.

Effie Trinket, sempre sfavillante, ci mostra il solito filmato sui Giorni Bui e sul perché celebriamo gli Hunger Games, che ci presenta come se fosse una novità. Poi pronuncia le sue solite parole: -Prima le signore!-

Quanto odio quell'accento degli abitanti di Capitol City.

Estrae la strisciolina di carta dalla boccia di vetro e pronuncia il nome della ragazza con un sorriso sulle labbra -Primrose Everdeen.- ricordo quel nome, ha un qualcosa di familiare, poi la vedo, è una ragazzina che avrà dodici anni. Esile, capelli biondi, occhi azzurri, impassibile attraversa la piazza con un'espressione ferma, ma terrorizzata.

Ad un tratto si levano delle urla dietro di lei -Prim! Prim!- urla la ragazza facendosi avanti, finché due Pacificatori non la bloccano -Prim!- continua la ragazza, finché non si ferma e osserva la piccola mentre sta per raggiungere il palco. -Mi offro volontaria! Mi offro volontaria come tributo!- urla la ragazza dimenandosi e liberandosi dalla stretta dei Pacificatori. Poi corre dalla bambina, la stringe a sé e le dice qualcosa finché un ragazzo non arriva e prende la bambina in braccio. La ragazza sale sul palco, quasi stesse ancora cercando di capire cosa ha appena fatto. Hai appena firmato la tua condanna a morte,penso.

-Come ti chiami, cara?- domanda Effie, e in quell'istante riesco a capire perché quel nome mi era familiare, Primrose Everdeen è la sorella di questa ragazza, e lei è Katniss Everdeen, una ragazza per cui ho una cotta da quando avevo cinque anni.

-Katniss Everdeen.- risponde lei, facendo eco ai miei pensieri.

-Ci scommetto il cappello che era tua sorella!- squittisce Effie.

E poi passa al tributo maschile.

Ed ecco che sento il mio cuore battere all'infinito. Non devo essere io. Non quest'anno. Non con lei.

Estrae il foglietto e lo legge con la stessa espressione di quando ha letto il nome femminile -Peeta Mellark.-

Non riesco a formulare alcun pensiero. Tranne uno. Sono io.

E se fosse andata diversamente?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora