Capitolo 8❤️

32 25 19
                                    

Ci sono persone che nella vita sai che ci saranno sempre, pronte a rialzarti dopo ogni passo falso, quando tutto va per il verso sbagliato. Lui era una di quelle persone, una di quelle per cui avresti dato l'anima. Si chiamava Luca, lo conoscevo da quando ero piccola, siamo cresciuti insieme, non abbiamo mai perso il nostro rapporto, anzi con il tempo si è rafforzato sempre di più. Era di un anno più grande di me, mi ha sempre protetto e mi è sempre stato accanto. Due anni fa, durante una visita sportiva abbiamo scoperto che c'era qualcosa che non andava, gli hanno iniziato a fare controlli di ogni tipo, lo hanno tenuto addirittura in ospedale per una settimana. Non riuscivo a non pensarci, a non avere paura. Dopo poco ci hanno confermato quello che tutti temevano, e di cui io avevo una paura assurda. Mi ricordo benissimo quel giorno, perché fu lui a dirmelo, ed anche in quel momento voleva trasmettermi la sua forza, voleva proteggermi.

"Piccola ho parlato con i dottori, mi hanno detto che è quello che temevamo, però non piangere! Lo sai che sono forte, e poi non sono solo, lo possiamo affrontare." mi disse accarezzandomi il volto, mentre una lacrima scendeva sul mio viso.

Da quel momento le cose sono solo peggiorate drasticamente e velocemente.

" Hei bellezza io domani devo andare a milano a fare dei controlli particolari, mi accompagni? " una mattina mi svegliò chiedendomi questo, avevo paura, ma non lo avrei lasciato solo, mai.

Erano passati solo due mesi da quella notizia, e in viaggio per milano capii che qualcosa non andava, che c'era qualcosa che non sapevo.

Arrivati lì abbiamo aspettato non so nemmeno quante ore, non capivo cosa stessero facendo, ero nervosa, ed ho passato tutto il tempo a telefono con Ale.

Uscì dalla sala un dottore, chiese dei suoi genitori ed io mi avvicinai con loro, dovevo sapere.

"Come vi avevano sicuramente anticipato purtroppo si è diffuso, e più di quello che stiamo facendo non possiamo fare, ma deve restare qui, abbiamo bisogno di tenerlo sotto controllo" ci disse il dottore.

Il dottore continuò a parlare con i genitori spiegando loro la situazione tecnicamente come si era evoluta e cosa stava succedendo, ma la mia mente era annebbiata, non riuscivo a sentire nulla, le lacrime avevano oscurato la mia vista, sono scivolata sul pavimento tenendo strette a me le gambe.

Dovevo entrare da lui, ma non volevo farmi vedere debole, anche se lui se ne accorgeva subito anche solo da come lo guardavo. Mi ricordo che quando ero piccola e litigavo con qualche bimba più grande di me, essendo un po' timida, non lo dicevo mai a nessuno, ma quando tornavo a casa e scendevo nel parco dove abitavamo a giocare con lui, mi guardava e mi chiedeva cosa mi avevano detto, anche se sfoggiavo il migliore dei sorrisi.

Quando sono entrata in stanza si era addormentato, era sera ed il dottore diceva sempre che la malattia gli portava stanchezza sia mentale che fisica, ma in quel momento non volevo pensare a nessuna malattia. Mi poggiai sulla sedia accanto al lettino, era una stanza singola, aveva dei fili attaccati al braccio, mi sembrava così fragile. Accarezzai il suo viso, dolce come non mai, poggiai la testa sulla sua spalla e lasciai andare il respiro che trattenevo da quando ero entrata.
La mia testa era svuotata da qualsiasi pensiero, mi sentivo vuota.

Dopo un po' mi fecero uscire dalla stanza, lui non si era ancora svegliato, così gli lasciai un bacio sulla guancia e gli sussurrai "ti voglio bene". Lo diciamo troppe poche volte, dando poco peso a quanto faccia stare bene sentirsi importante per qualcuno.

Quella notte avevamo prenotato una stanza con due camere perché non sapevamo cosa i dottori ci avrebbero detto, mi sentivo così vuota a tornare in stanza da sola, non mi aspettavo che lo tenessero lì, e mi faceva paura.

Quella notte è stata una delle più brutte della mia vita, ero da sola in stanza e purtroppo i pensieri più brutti mi sovrastarono, piansi moltissimo, addormentandomi abbattuta da quel fiume di lacrime.

I giorni successivi sono stati strazianti, Luca peggiorava sempre più velocemente. Andai avanti e indietro da Milano almeno due giorni a settimana, le giornate le passavo a telefono con lui, gli volevo fare compagnia e non volevo si sentisse mai solo, mai.

Un giovedì mattina la mamma mi chiamò, io sarei dovuta salire domenica, appena lessi il nome mi spaventai.

"Noemi ti andrebbe di salire oggi? Luca sta un po' così" mi disse.

Mi si bloccò il cuore in gola.

"Certo, prenoto il primo treno" furono le uniche cose che riuscì a dire.

Chiusi la chiamata e comprai un biglietto per ora di pranzo. Avvisai i miei e poi dopo aver preparato le cose andai in stazione, lo avevo provato a chiamare ma non mi aveva risposto.

In queste settimane ho sempre sperato che la madre mi chiamasse per avvisarmi che Luca sarebbe uscito, ma ogni volta che mi chiamava le brutte notizie non tardavano ad arrivare. Ero stremata, vivevo le giornate come un automa, non facevo altro che studiare, piangere e parlare con lui. Alessia alcune notti è dovuta venire a casa mia, perché avevo delle crisi di panico e non passavano facilmente.

Arrivata a Milano andai subito in ospedale, lì la madre mi diede un bacio sulla fronte e mi disse "grazie".

Entrai e restai un attimo destabilizzata, aveva un volto distrutto, si vedeva che era stanco di tutto. I fili sulle sue braccia erano aumentati, il colore del suo viso era più chiaro, i suoi occhi azzurri erano stanchi.

"Piccola che ci fai qui?" mi chiese sorpreso, leggevo il sorriso nei suoi occhi, nonostante a fatica li riuscisse ad aprire.

"Mi mancavi" risposi andando verso di lui e dandogli un bacio sulla guancia, con delicatezza.

"Che hai fatto oggi?" mi chiese con un filo di voce.

"Ho studiato, ma poi mi mancavi troppo e ho preso il primo biglietto del treno per venire." dissi sorridendo.

"Sono contento, oggi sono un po' più stanco, ho già sonno, forse sono le medicine" disse guardando i fili.

"Sicuramente" risposi cercando di evitare il suo sguardo.

Notai che mentre guardava in varie parti della stanza i suoi occhi si chiudevano dalla stanchezza.

"Riposati, io sono qui fuori, ti voglio bene orsacchiotto" dissi abbracciandolo.

Mi diede un bacio sulla guancia, e lo guardai con un grande sorriso. La sua forza era bella, bella come il sole.

La sera passai a dargli un bacio anche se non si era ancora svegliato.

La notte passai un po' di tempo con la mamma prima di andare a dormire, Angela era distrutta, aveva il volto rovinato dalla stanchezza, eravamo nella piccola casa che i suoi genitori avevano affittato. Mi disse che era fiera di me, che avevo avuto più coraggio e più forza di quanto lei pensasse, e che mi voleva bene come una figlia.

Il marito era rimasto in ospedale, non gli andava di allontarsi quella sera, così io e Angela decidemmo di dormire insieme, a nessuna delle due andava di dormire sola.

La mattina dopo mi svegliai di soprassalto, i nostri telefoni suonavano all'unisono, presa dall'ansia sbloccai il telefono e risposi, era il padre di Luca, piangeva.

Il suono delle sue lacrime mi fece isolare dal mondo, scoppiai a piangere buttandomi sul pavimento, non so cosa farneticai, ma in mente avevo tante immagini, lo vedevo ovunque. Il vuoto che quelle lacrime crearono nel mio stomaco era incolmabile, una parte del mio cuore si era frantumata in pezzi, la gola era secca, la voce mi era morta in gola, volevo urlare ma non mi usciva nulla, iniziai a vedere ombrato, sentivo le voci lontane, le mani tremavano, il respiro mi si blocco quando persi definitivamente i sensi stendendomi completamente sul pavimento.


Ciaoo a tutti! Grazie per le 200 visualizzazioni. Ho scritto la maggior parte del capitolo tutto d'un fiato facendomi guidare dalle mie emozioni, purtroppo sono sensazioni che in parte realmente ho vissuto. Spero vi sia piaciuto, come sempre fatemi sapere! ❤️ (mi scuso se ci sono degli errori domani lo controllo)

Uno sguardo al domaniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora