Sarò qui ad aspettarti.

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Il Dottore stava facendo avanti e indietro dentro quella nave spaziale con in mano aggeggi di ogni genere. Prendeva, li controllava con il suo cacciavite sonico e li buttava senza troppe cerimonie da qualche parte. E poi di nuovo: prendeva, controllava, buttava. La stessa scena da venti minuti. Era agitato, e Rose lo sapeva. Lo capiva dagli occhi spalancati accompagnati dalle mani che gli scompigliavano i capelli facendolo assomigliare a uno scienziato pazzo.

Mickey seguiva ogni mossa del Dottore con un espressione preoccupata. Finché le cose succedevano a Londra andava tutto bene. Sì, insomma, non proprio... alieni che ti vogliono conquistare e uccidere non è una bella cosa, ma con il tempo stava iniziando a fidarsi del Dottore e se proprio ci doveva essere qualche catastrofe irrecuperabile sarebbe comunque stato a Londra. La sua casa. Qui era a chissà quanti anni luce nel futuro. In una nave spaziale dispersa chissà dove nell'universo con degli specchi collegati alla vita di una famosa donna francese del XVIII secolo. Non era abituato come Rose.

Nel frattempo lei lo osservava. Non con un'espressione annoiata, o di chi sa che è perfettamente normale vederlo comportarsi così. Semplicemente lo osservava. Negli occhi aveva però qualcosa. Rose sapeva cosa doveva fare il Dottore. Lui stava cercando di trovare una scappatoia che non portasse a un finale scomodo; dove tutto filava liscio per tutti tranne che per i cattivi. Come un film. Ma se Rose aveva imparato qualcosa stando con il Dottore, è che di rado le cose filano liscio, senza nemmeno una conseguenza.

«Dottore...» lo chiamò quindi con voce flebile.

«Non ora, Rose.» le rispose immediatamente, in modo frettoloso senza neanche guardarla e continuando a fare quello che ormai stava facendo da trenta minuti buoni.

«Dottore, è importante.» insistette.

«Rose, mi dispiace ma non posso, dobbiamo trovare un modo per raggiungere la finestra di Reinette altrimenti succederà un vero disastro. La storia potrebbe, anzi verrà sicuramente riscritta.» Dopo questa sua affermazione il Dottore si agitò ancora di più. Il solo pensiero che potesse succedere una cosa simile lo fece muovere ancora più velocemente di quanto non stesse già facendo.

«Dottore!» Questa volta Rose alzò la voce e il suo tono era fermo e severo. Questo mise sull'attenti Mickey e il Dottore alzò finalmente gli occhi puntandoli su di lei.

«Che c'è?!» Disse esasperato con gli occhi spalancati dal nervoso.

In quel momento Rose esitò. Trattenne il respiro. Aveva paura. Si fidava di lui, ciecamente, più di qualsiasi altra persona. Ma se sarebbe successo qualcosa laggiù? Qualcosa più grande di lui?
Si diede uno schiaffo mentale e lo guardò più motivata che mai.

«Devi andare.»

Gli occhi del Dottore si spalancarono ancora di più e se non fossero stati in una situazione tanto gravosa Rose avrebbe riso perché la divertiva sempre vederlo in quelle condizioni e lo trovava quasi adorabile.

«Beh, Rose, grazie per aver sottolineato l'ovvio, non so se hai notato ma è quello che sto cercando di fare da quasi un'ora!»

«Non hai capito...» il tono di Rose era calmo e misurato, senza dar conto alla sua antipatia. Ci era abituata. «Devi rompere la finestra.»

«Che cosa?!» la voce stridula di Mickey era un eco perché nessuno dei due gli diede conto.

Rose sapeva di aver attirato la sua attenzione perché il Dottore smise di fare quello che stava facendo, posò le mani sul bancone e con la punta della lingua toccò appena, appena il palato. Lo faceva sempre quando era particolarmente concentrato su qualcosa o cercava di capire dove voleva andare a parare la persona con cui stava parlando. Ora le sembrava però che stesse cercando di rimanere calmo.

«Rose, non è possibile.» Il Dottore le stava parlando come se avesse davanti un animale selvatico. Sentiva però, nonostante lui cercasse di avere un tono pacato, che il Dottore era tutt'altro.

«Lo è invece.» continuò battagliera e prima che il Dottore potesse contraddire, lo fermò. «E' l'unico modo, Dottore. L'unico e il più veloce. E lo so, che fare le cose di impulso non sono mai una buona idea, non c'è bisogno che me lo dici. Ma in questo momento il tempo non è esattamente dalla nostra parte. Monta in sella ad Arthur, prendi una bella rincorsa e vai a salvare la Francia del XVIII secolo.»

Il Dottore a quel punto, vedendola così ostinata, si passò una mano fra i capelli e si avvicinò a lei.

«Rose, se rompo la finestra, tutte le altre farebbero la stessa fine. Il collegamento si spezzerebbe e rimarrei bloccato. Non ci sarebbe via d'uscita, nemmeno per voi.»

Ora lo sguardo del Dottore si era addolcito e la guardava con un'espressione da cerbiatto. A Rose parve di vedere paura dentro i suoi occhi.

«Non ti lascerò qui da sola.» sentenziò con voce bassa, senza distogliere lo sguardo da quello di lei, e con quella frase si capiva perfettamente che la paura che il Dottore provava non era per sé stesso, ma per lei, come sempre.

Mickey si sentiva un po' fuori posto in quel momento ma ormai capitava spesso perciò non disse una parola, nemmeno per contestare che Rose non era l'unica in quella stanza e che non sarebbe rimasta da sola, tecnicamente.

Rose regalò un sorriso al Dottore. «Troverai un modo. Mi fido di te.»

Lui indugiò ancora per qualche secondo. Ci fu un attimo di silenzio e a Mickey parve che quei due si stessero parlando con lo sguardo. Sembrava che ogni cosa si fosse fermata.
Dopo poco tutto iniziò a muoversi di nuovo; il Dottore iniziò a parlare velocemente, sputando raccomandazioni a destra e a manca e urlando il nome del cavallo. Mickey era disorientato. Rose lo guardava fare con un sorriso eccitato sulle labbra. Adorava quei suoi momenti di isteria.

Quando era ormai tutto pronto e il Dottore stava per saltare attraverso la finestra, si voltò verso i suoi due compagni.

«Bene. Direi che è arrivato il momento. Mickey bello, mi raccomando.» gli diede il pugno in segno di saluto, al quale Mickey rispose insicuro, poi si rivolse a Rose, «E tu... non ti far venire strane idee, chiaro? Hai il TARDIS qui con te e non nascondo che sono quasi più preoccupato di quello che potresti combinare tu qui che quello che potrebbe succedere se non andassi dall'altra parte dello specchio.»

Il suo tono di voce era guardingo ma allo stesso tempo giocherellone, come i suoi occhi e ad accompagnarli c'era un piccolo sorriso divertito. Aveva raccontato a Rose cosa era successo durante l'ultima battaglia con i Daleks. Le aveva detto che aveva aperto il cuore del TARDIS tornando indietro per salvarlo, tutta la storia di Lupo Cattivo e anche che l'energia che aveva assorbito era troppo potente e che sarebbe potuta morire per questo e che quindi lui le aveva tolto il potere. Tuttavia, mentre le veniva raccontato, a Rose tornarono dei flash, alcuni molto nitidi altri meno, quindi piano, piano aveva cominciato anche lei a ricordare. Perciò ora sapeva e ricordava tutto.

Rose ricambiò il sorriso divertito, «quasi più preoccupato, non del tutto. Ora vai a fare l'eroe trionfante che arriva all'ultimo momento e salva la situazione. Io sarò qui ad aspettarti.»

Il Dottore le sorrise commosso dalla fiducia che aveva in lui, anche perché non sapeva come sarebbe potuto tornare, sarebbero potute passare ore, mesi, addirittura anni per loro prima che lui potesse trovare un modo. Era preoccupato, ma non lo voleva dare a vedere. Rose aveva fede in lui.
La strinse in un veloce, ma non per questo meno intenso, abbraccio, montò in sella ad Arthur e prima di saltare le rivolse un ultimo sguardo.

«Ci vediamo dopo.»
«Sarò qui ad aspettarti.» ripetè Rose sorridendogli incoraggiante.

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