Capitolo 4 - Welcome home.

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Maia si aspettava una giornata di merda, e invece, contro le sue aspettative, fu una giornata più che di merda.

Il papà fermó l'auto davanti a una casa gialla, color canarino di una forma irregolare che da lontano sembrava un cubetto ma a guardarla bene il tetto pendeva di più sulla sinistra. Il giardino c'era solo davanti e non era piccolo, ma nemmeno grande, e c'erano dei fiori profumati che coloravano i muri ai lati e i cornicioni esterni delle finestre che si succedevano su due piani. Non era troppo di cattivo gusto, ma non era paragonabile alla loro casa di Roma.

-Scendete e andate a suonare, io prendo le valigie!- esclamó l'uomo andando ad aprire il cofano.

Maia e Paola si guardarono e scesero, una saltellando, l'altra strisciando i piedi.

-Chi suona?- chiese Paola, con un sorriso falsamente timido.

-Io no.

-Okey, ho capito...

Suonó e da dentro si sentirono giusto tre o quattro urla e un tonfo sordo. Evidentemente nessuno li stava aspettando, se, come si poteva immaginare, qualcuno si era appena scaraventato giù dal letto.

-Papà ma sei sicuro che sia qua?- sibiló Maia guardandosi svogliatamente intorno.

Neanche il tempo di fare la domanda che in risposta una mora con la frangetta e i ricci che le arrivavano fino a metà braccio aprì la porta. Avrà avuto l'età più o meno della zia Rita, quaranta appena fatti forse, ed era ridicolmente coperta con un accappatoio celeste con degli ananas ricamati sopra. Sorrise mezzo sconvolta e fece loro cenno di entrare.

-Sandro! Ragazze! Benvenuti a casa.

Maia la osservava indagandola con lo sguardo, mentre Paola si avviava verso la donna per darle due baci sulle guance in segno che veniva in pace e l'unica a voler farle la guerra era forse solo sua sorella.

Il babbo diede una pacca sulla schiena alla figlia ribelle, spingendola dolcemente a camminare lungo il vialetto d'ingresso.

-Ragazze io sono Alessandra, e voglio che con me vi comportiate come se ci conoscessimo da sempre, come fossi una vostra sorella... 'Un'altra!?' penserete, ma bè insomma, sono troppo giovane per farvi da seconda madre, no?

Alla parola madre persino Paola che con la sua positività e la sua allegria stava cercando di affrontare al meglio la situazione già di per sè complicata, si rabbuiò e si scambió uno sguardo accigliato con la sorella.

Alessandra si morse il labbro e provó a rimediare al danno fatto offrendo loro di accomodarsi in cucina in cui c'erano i biscotti appena sfornati. Era ora di pranzo, ma andavano più che bene, tanto alle ragazze si era chiuso lo stomaco.

Ma appena misero piede sulla soglia, tutti e quattro insieme, come una nuova famigliola riunita, si sentì un rumore di piatti schiantarsi al pavimento e un PORCOZIO che fece salire un brivido alle due ragazze. Non per l'imprecazione ma perché significava che in quella casa non erano sole.

Alessandra alzó gli occhi al cielo e posó una mano sulla spalla dell'uomo che aveva appena poggiato i bagagli sul pavimento. -Scusami, caro..-gli sussurró all'orecchio per poi gridare un 'CARMINE CHE DIAVOLO STATE COMBINANDO!?'

Maia e Paola si lanciarono uno sguardo fulmineo da animali in gabbia che attendevano la liberazione o la morte. Non sapevano cosa dovevano ancora aspettarsi, oltre quello che già stavano subendo. A Paola salì l'ansia, a Maia una rabbia sorda. Nessuno si era preso la briga di avvisarle di quel dettaglio sgradevole.

Dalla porta della cucina spuntarono una bambina con le treccine, con un vestitino giallo -una fissa 'sto colore proprio- e gli occhi uguali a quelli di Alessandra e poi un ragazzino di circa dieci anni sopra un monopattino con un'espressione vispa e da monello. Poi, dietro di loro, una testa di capelli neri corvini e folti, due occhi verdi brillanti e un sorriso un po' storto che implorava pietà dipinto sopra il viso di un ragazzo di circa 18-19 anni.

-Mamma scusami, stavo cercando un bicchiere ma Carletto mi è sfrecciato sopra un piede col suo bolide.

Maia rise e Paola lo guardava cercando di studiarlo meglio con lo sguardo. Era carino, col naso dritto e neanche l'ombra di un po' di barba sulle guance, portava un maglione blu, dei jeans strappati e Nike ai piedi grigie e verdi. Non era male, anzi, aveva le spalle molto larghe e le mani grandi, e dava l'idea di uno che è bello ma non sembra sapere di esserlo.

-Oh, voi siete le gemelle? Piacere, Carmine!- esclamó avvicinandosi per dare la mano a entrambe, poi si ricordó di averle occupate con dei pezzi di vetro che stava raccogliendo e allora sparì di nuovo in cucina per buttarli.

Le gemelle si guardarono allibite, pensando la stessa cosa, poi puntarono gli occhi sui bambini che a loro volta le stavano fissando.

-Voi siete le gemelle? Ma mica siete uguali!- insinuò Carletto.

-Siamo gemelle eterozigot...

-ETTO CHEEEEEE? MAMMA MA PARLANO DEL PROSCIUTTO PER CASO?- strillò con una voce acutissima la bambina con un faccino sconvolto.

Alessandra annuì e le carezzò una guancia.

-Si, Elisabetta, del prosciutto che ti compra ogni lunedi la mamma e con cui ti fa i panini! Ora andate a giocare in camera vostra, su...

Appena i bambini salirono,e Alessandra sparì in cucina da Carmine, Maia tornò seria e la rabbia fece di nuovo capolino sul suo viso. Paola la indovinò e le strinse una mano. 'Maia,non è il momento...' le sussurrò all'orecchio ma niente da fare.

-COME HAI POTUTO FARMI UNA COSA SIMILE!? FARCI UNA COSA DEL GENERE!??- gridò contro il padre, gli occhi che ormai non trattenevano più le lacrime.  L'uomo non obiettò nulla, si limitò a guardarla con la faccia di uno che in vita non ne ha mai vinta una.

-Non solo LEI ma pure LORO! DIRCELO NO EH? FARCI PARTECIPI DELLA TUA VITA E DELLE TUE STRONZAT...- prima di finire la frase scappò via correndo a perdifiato per non farsi acchiappare. La gemella scelse di non seguirla, il padre le avrebbe tirato uno schiaffo se fosse rimasta un minuto di più a parlare.

Le gridò dietro un DOVE VAI!? a cui lei rispose con un -LONTANO DA VOI!

E Alessandrà in quel momento, spaventata dalla porta che aveva sentito sbattere, riapparve in mezzo a loro, con un piatto pieno in mano. -....biscotti?

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