Parte 2;

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S.O.S. tata Hawthorne

Cronache di due baby sitters (mica tanto) provetti.

Gale si guardò rapidamente attorno e sbuffò irritato, nell’accorgersi che i gemelli non erano più nella stanza. Raggiunse in fretta la cucina e si meravigliò a stento del colorato mescolarsi di pezzi di torta, smarties e cocci di porcellana che decoravano il pavimento: il dolce che aveva preparato Hazelle per la merenda dei bambini era ridotto a una poltiglia di cioccolato spiaccicata di fronte ai piedi dei gemelli, che si erano nascosti dietro le gambe del tavolo, spaventati dal trambusto che la loro vivacità aveva generato. Realizzando che i due ragazzini non avevano le scarpe, ma solo i calzini addosso, Gale si affrettò a sollevarli da terra.

“Fuori di qui!” sbottò irritato, trasportandoli verso il soggiorno.

“È stato lui!” esclamò Noel non appena lo zio li adagiò a terra, indicando il fratello. Adam s’indignò e incominciò a sbattere i piedi per terra.

“Non è vero, è stato lui!” obiettò, imitando il gesto del gemello.

“Stupido!”

“No, tu sei stupido!”

“Va bene, basta così tutti e due!” intervenne Gale, trattenendo Noel per evitare che si buttasse addosso ad Adam. Tornò poi in cucina per cercare una scopa e rimediare al disastro del piatto rotto, mentre Johanna teneva fermi i gemelli trattenendoli per le magliette. Quando mise nuovamente piede in soggiorno il litigio fra i due fratellini sembrava già essersi concluso: Adam e Noel stavano giocando con le costruzioni assieme a Evan, in maniera relativamente tranquilla. Dall’altra parte della stanza Rowan e Prim avevano trasformato la loro attività dedita alla vendita delle limonate in un negozio di animali. Pupazzi e figurine di plastica era stata allineati con cura sul divano e i due stavano decantando i pregi e i talenti speciali di un’anatra di peluche a Johanna che, pur non facendo alcuno sforzo per nascondere quanto i loro discorsi la stessero annoiando, non si era allontanata, né stava dando in escandescenze. A Gale venne quasi da ridere nel vederla seduta fra i due bambini e tutti quei pupazzi, con le labbra strette in una smorfia infastidita e le braccia conserte sul petto.

In quel momento June e Haley s’intrufolarono correndo in salotto. Johanna roteò gli occhi, non appena le vide avvicinarsi.

“Ci serve un velo da sposa!” esclamò Haley, picchiettando con insistenza la mano sulla maglietta di Gale, per attirare la sua attenzione. 

“Che cosa?” domandò il suo interlocutore, aggrottando perplesso le sopracciglia.

“Stiamo giocando al matrimonio!” spiegò la ragazzina, intercettando lo sguardo dell’amica e sorridendo furbetta. “Io faccio la sposa! È un gioco che ha inventato June Hawthorne!” aggiunse, sventolando il mazzolino di fiori che doveva aver raccolto in cortile.

“Come mai non ne sono sorpreso?” commentò l’uomo, mentre le due ragazzine lo trascinavano verso il divano, tirandolo per il braccio.

“Devi giocare anche tu, zio” ordinò June, mentre Haley annuiva con vigore.

“Ma perché invece non fate una partita a nascondino tutta assieme?” propose Gale, nella speranza di sfuggire a quella situazione. “O qualcosa di simile.”

“Nooo, a quello ci abbiamo già giocato troppe volte!” replicò June, raccogliendo uno dei cucchiaini di plastica che Prim e Rowan avevano utilizzato per il banchetto della limonata. “Ecco, facciamo finta che questo è un pettine, perché ti devo pettinare!”  aggiunse con serietà, facendo sedere lo zio e passandogli il cucchiaino fra i capelli.

“Ma come pettinare?” esclamò Gale, allontanando il capo all’indietro per ritrarsi. “Siete spose o parrucchiere?”

June alzò gli occhi al cielo e si sistemò sul bracciolo del divano.

[Hunger Games] S.O.S. HawthorneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora