Capitolo sette ; La Storia Di Gerard (prima parte)

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Note Introduttive: questo capitolo è dal punto di vista di Gerard ed è anche diviso in due poiché è abbastanza lungo.
Avvertimenti: scene di violenza fisica e linguaggio volgare, se non vi piace il genere siete avvisati.

“Okay, rimango se mi racconti tutto” concordò, passandomi prima le mani sulle guance per asciugarmi le lacrime. Arricciai il naso a quel contatto indesiderato e strinsi le dita sui suoi fianchi, cercando di scaricare la tensione.
Frank, passò i suoi palmi – ormai rossi – sulle mie braccia, una seconda volta.
Feci una smorfia e guardai le sue mani. Quanto mi sarebbe piaciuto provare qualche sensazione sotto quel tocco delicato, ma non sentivo niente, ero una macchina fredda e senza emozioni: un robot.
Ma i robot non piangono e non corrono ad abbracciare qualcuno per paura di perderlo.

Mi allontanai bruscamente da Frank, infastidito dal fatto che non avrei mai potuto assaporare il calore della sua pelle contro la mia. Era una maledizione quella malattia che avevo.
Mi avvicinai al comodino e diedi le spalle al ragazzo, per andare a prendere le bende con cui avrei fasciato braccia e gambe.

“E queste?” domandò Frank guardandomi la schiena. “Non puoi essertele fatte da solo” intuì.
“Infatti” ammisi, sedendomi poi sul letto e incominciando a fasciare una gamba, sporcando le lenzuola bianche di rosso.
“Sembrano segni di…” lo sentii deglutire e poi finalmente lo disse: “…frustate”.
Sorrisi amareggiato. “Già, questo è il mio primo segreto” confidai ironico.
“Racconta” mi esortò, sedendosi poi al mio fianco.
“Oh, non c’è molto da dire” incominciai, finendo di bendarmi l’arto insanguinato.
“Forza, appoggia qua il piede, faccio io” disse indicando l’altra gamba.

Obbedii, appoggiando il piede sul letto, e porsi la garza a Frank. Lo guardai lavorare in silenzio per qualche secondo, pensando che stavo per rivelare dei segreti che solo poche persone lì dentro conoscevano. D'altronde se volevo che rimanesse avrei dovuto dargli qualcosa in cambio: la verità, in cambio della sua presenza.
“Sono nato a Summit, ma non ricordo nulla di quella città perché ci rimasi pochissimo. A causa mia abbiamo dovuto trasferirci qui a Belleville.
I medici avevano capito subito che c’era qualcosa che non andava in me. Quando sono nato non ho pianto e mi hanno sottoposto a degli esami diagnosticandomi una malattia rarissima” sospirai passandomi le mani sulla faccia, mentre Frank mi osservava. Aveva interrotto il suo lavoro da medico provetto e teneva le mani appoggiate al mio ginocchio. Poi annuì, esortandomi a continuare.

“Ci siamo trasferiti in qui perché molti anni fa c’era stato un altro caso come il mio e i miei genitori credevano che i dottori avrebbero potuto aiutarmi a guarire.
Le cure mediche costavano tantissimo e i soldi che prendeva mio padre erano pochissimi, così mia madre per arrotondare e pagare i dottori andò a vendere il suo corpo. Ma non bastava”.
Guardai Frank, aveva finito di bendarmi la gamba e ora si stava occupando di un braccio, disinfettò i tagli minuziosamente ed evitava di incrociare i miei occhi per non farmi sentire a disagio. Sorrisi, ringraziandolo mentalmente.
“Ad un certo punto ci rinunciarono. Avevo dodici anni e decisero di smetterla con le cure, perché non stavo avendo nessun miglioramento e anche perché non riuscivamo ad arrivare a fine mese.
Nonostante non avessimo più le spese mediche i miei non riuscirono a ristabilizzarsi dal punto di vista economico, e lo stress accumulato negli anni, il dolore causato dalla mia malattia fece impazzire mio padre, che divenne un ubriacone violento, e mia madre continuò a prostituirsi”.

“Gerard, cosa sono questi lividi?” chiese mia madre sfiorandomi uno zigomo e il labbro.
“I miei compagni di scuola mi hanno picchiatodissi, scuotendo le spalle con noncuranza.
Senti dolore?” domandò speranzosa.
Le sorrisi dolcementesai che non posso provarlosussurrai. Lei posò un bacio tra i miei capelli e mi ordinò di fare i compiti.
Sotto la sua supervisione e il suo sguardo carico di tenerezza e amore mi diedi da fare e studiai. Finché mio padre tornò a casa.

Mad World ; Frerard Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora