Capitolo quattro ; Venerdí

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Era già arrivato il venerdì e io stavo facendo la mia ora di pausa, avevo appena finito di pranzare e ora stavo chiacchierando al telefono con mia madre nel maestoso giardino dell’edificio, ero seduto ai bordi della fontanella e con una mano toccavo distrattamente l’acqua fresca.

Era stata una mattinata devastante, ero stanchissimo e mancavano ancora quattro ore alla fine del turno, una signora aveva ‘la luna storta’ come avrebbe detto Boyd e aveva passato gran parte delle attività a blaterare dell’invasione aliena e ad urlare ogni qual volta qualcuno le si avvicinava o faceva rumori molesti, alla fine l’avevano mandata in isolamento, ossia: legarla al letto finché non si fosse calmata.
Quel giorno ci sarebbero state anche le visite dei parenti durante l’ora di merenda, chissà se qualcuno andava a trovare Gerard, probabilmente sì, dato che a pranzo aveva mangiato più del solito, si capiva che era contento.

Per un istante mi chiesi cosa passasse per la testa di quel ragazzo, cosa pensasse a stare rinchiuso in un posto del genere e soprattutto come ci era finito in un posto del genere, non si può a ventidue anni avere la vita completamente rovinata, magari si drogava e il suo sistema nervoso era impazzito. Ma quel che non capivo era perché gli altri pazienti usavano quell’orribile appellativo per riferirsi a Gerard. Durante tutta la settimana mi avevano consigliato di stargli lontano, perché era violento, perché era un assassino. Ma un assassino non dovrebbe stare in una clinica psichiatrica ma in una prigione, quindi non ci riuscivo a credere, mi stavo facendo coinvolgere troppo ed erano passati solo cinque giorni.

I parenti erano arrivati da parecchio tempo, quasi tutte le sedie erano occupate e un lieve chiacchiericcio riempiva la stanza.
Feci scorrere lo sguardo su tutte le persone presenti: una donna stava parlando ad un uomo, probabilmente suo fratello, ma lui non dava segni di sentirla né di vederla, guardava fuori dalla finestra, ascoltando attentamente il cinguettio degli uccelli, teneva le mani appoggiate in grembo e aveva un cipiglio infastidito sul volto.
Mi chiesi come dovesse sentirsi quella donna, chissà se si era arresa o se sperava ancora in una sua reazione.

Distolsi lo sguardo, rivolgendolo agli infermieri e mi accorsi che stavano osservando attentamente qualcuno: Gerard.
Era seduto e teneva i gomiti appoggiati sul tavolino rotondo, sopra di esso un paio di bottiglie d’acqua, due bicchieri e dei panini con la marmellata. Teneva lo sguardo fisso sulla sedia posta all’altra estremità del tavolo: era vuota.
Nessuno era venuto a trovarlo e Gerard fissava la sedia senza sbattere le palpebre, come se si aspettasse di veder comparire qualcuno da un momento all’altro.
Provai pena per lui, era ovvio che si aspettava qualcuno che gli facesse visita, ma non c’era nessuno.
Tolse i gomiti dal tavolo e incominciò a passarsi le mani sulle braccia, coperte dalla maglietta a maniche lunghe, con gesti scattosi e rabbiosi. Probabilmente era una cosa che faceva quando era nervoso.

Guardai di nuovo gli infermieri, si vedeva che erano molto preoccupati e, dopo che Gerard aveva preso a strofinarsi le braccia, sembravano diventati irrequieti.
Gerard si alzò in piedi, facendo capovolgere la sedia, alcuni si spaventarono sentendo quel rumore molesto, e si diresse verso di me, puntando sicuramente la porta alle mie spalle. Molte persone lo guardavano scuotendo la testa.
“Fermalo!” urlò un collega. Mi osservai attorno per una frazione di secondo, sperando che l’ordine fosse diretto a qualcun altro. Ma c’ero solo io davanti a Gerard.

Mi parai davanti al suo corpo, che stava avanzando velocemente, con il cuore che batteva all’impazzata, agitato dalla nuova situazione.
Gerard cercò di scansarmi, ma i miei ordini erano chiari: gli circondai la vita con le braccia, come un giocatore di rugby che cerca di placcare il suo avversario, lui incominciò ad urlare. “Lasciami, stronzo! Togli quelle luride mani di dosso!”.
A quelle parole, urlate con così tanta rabbia, mista terrore, mi venne in mente la frase che avevo letto nel suo fascicolo: manifesta disagio durante il contatto fisico.

Mad World ; Frerard Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora