III

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New York, Mercoledì.

Helen non mi cerca più. Ha il telefono spento, le finestre serrate e probabilmente non esce mai da sola.
Giuro che volevo solamente stare con lei un giorno intero, non ho fatto nulla di male vero?
Ho paura, oggi mi sono svegliato e ho preso il primo oggetto tagliente per incidermi sulla pelle quanto odio adesso ella prova per me. Mi ha abbandonato, non mi vuole più, l'ho delusa. Piango continuamente attaccato al muro, ogni movimento mi distrugge: come mille spine nelle ossa. Sto aspettando che l'effetto delle medicine inutili faccia il suo lavoro, non posso suicidarmi. Nutro ancora speranza in lei, magari entro fine settimana saremo di nuovo abbracciati sul letto.
Sì, non posso andarmene senza vederla, senza sapere se mi ha perdonato o no.
Sento il rumore delle auto in strada che sembrano volermi sfidare a scendere e farmi investire una buona volta. Devo lottare per Helen, la mia piccola principessa.
Batto furiosamente i pugni contro al muro fino a creparlo e crepare la mia pelle, fino a percepire quella stilettata di dolore che mi rompe le nocche. Picchio sempre la stessa parete, gli stessi punti, le stesse maledette parti che mi spaccano le ossa ogni volta. «Helen...Helen...» mormoro alzando lo sguardo sul soffitto, cerco di vederla mentre studia o guarda un film di supereroi. A volte lo guardo anch'io con lei, nascosto dallo stipite della porta di camera sua.
A volte dormo con lei ma sotto il suo letto, e conto i suoi respiri che scandiscono la mia felicità.
Dice che se vinco la mia battaglia sono il suo eroe, ma io non so nemmeno chi sia il nemico se non me stesso.
Vuole che mi uccida? Nelle battaglie si fa questo d'altronde.
Forse non mi ha mai voluto bene, voleva soltanto liberarsi di me e vivere una vita tranquilla.
Non lo so, non lo so! Non mi deve abbandonare o...o la punirò come il cielo che si arrabbia sopra a New York. Però le voglio tanto bene, la amo, dice che l'amore è una delle cose più belle del mondo e lei è bellissima.
«Paura, Herriot?» una voce giovane e squillante mi fa voltare di scatto, ed ecco un'altra strana rondine. Ormai non mi stupisco più. Deglutisco sentendo un'aura strana attorno a quel ragazzino, come se quella faccia innocente e giovane fosse soltanto una maschera. Non si presenta, non ne avrà mai bisogno con me. «L'hai delusa Herriot, lo sai cosa dice di te?» scuoto la testa impaurito, terrorizzato dalla sicurezza con cui parla.
«Dice che sei soltanto un pazzo furioso, che non vedeva l'ora di lasciarti a marcire! Finalmente si è liberata di te!» si avvicina lentamente fino a farmi inginocchiare senza sfiorarmi, soltanto con la forza delle sue parole. Lui non fa domande, lui afferma i dubbi. «Come puoi abusare mentalmente di una ragazzina, eh?! Ti sembra normale spiarla quando crede tu sia chiuso in casa, pedinarla mentre va a scuola, far finta di incontrarla per caso per strada?!»
Io le voglio solo bene, non voglio farle del male.
«I-io...» balbetto col cuore in gola accucciandomi ai suoi piedi, pregandolo di avere pietà. È il re del mondo, lui controlla tutti.
Mi alza per il colletto con gli occhi in fiamme, guardandomi serio e compassionevole mentre mi sputa addosso.
«TU SEI PAZZO!» urla a squarciagola ferendomi il volto con un gancio, come se non fossi già ferito abbastanza; «E NON TI LIBERERAI MAI DI ME!!» continua accanendosi violentemente contro di me, sento ogni colpo scombussolare il mio corpo e gli occhi si rimpiccioliscono diventando viola e gonfi. Questa volta credo che il dolore sia vero e non svanirà subito.
Ad un certo punto si ferma con le mani sporche di sangue, inginocchiandosi di fianco a me. So di essere una poltiglia di pelle e lividi, non posso nulla contro questo sovrano.
Tuttavia non mi sarei mai aspettato di vedere quegli occhi infidi lasciar cadere lacrime trasparenti, quasi vere. Si guarda le mani, probabilmente ha le nocche spaccate come le mie.
«S-scusami non v-volevo», mormora, cercando il perdono dentro di me sapendo bene che non lo troverà mai.
Sono pazzo ma non stupido. Se avessi le forze adesso gli darei il ben servito, ma mi accontento di un calcio debole in faccia che lo stende per terra.
«Uccidimi, perseguitami, magari morirò per causa tua, ma non sarai mai mio amico.»
È un odio che va ben oltre quello provato per il vecchio stronzo, è un oltraggio aprire le gambe per un mostro così subdolo. Non posso sconfiggerlo, ma almeno sbattergli in faccia la verità come un calcio in bocca.
Si rialza dolorante e risponde con l'ennesimo pugno seguito da una scusa, e continua così finché sputo di nuovo sangue.
«Ti prego perdonami, non sono in me...» biascica pentito. Intanto il sangue sulle sue mani è aumentato.
È un mare impetuoso che può cambiare la mia rotta, distruggere la mia nave fino ad uccidere ogni marinaio, ma non vedrà mai il capitano inghiottito tra le onde. Se devo, vivrò negli abissi in costante euforia.
Cerca di farsi perdonare per ore intere imponendo la sua mostruosità mascherata con parole dolci, ma non prova nemmeno a curarmi.
Col corpo a pezzi ed un dolore che ormai non sento nemmeno più, lo scanso una volta per tutte. È ora di presentarlo per ciò che è.
«Tu... tu potrai essere giovane e forte, sembrare dolce e protettivo, ma sei un pazzo furioso quanto me», inizio, «Sei qua dapprima che la Terra nascesse, eri già in tutti noi, non sei nulla di nuovo. Continua pure con la tua missione, continua a perseguitarmi fino a portarmi negli Inferi... ma non avrai mai un singolo amico».
Ringhio cercando di sedermi invano, con il rischio e l'adrenalina che si mischiano a sangue e paura.
«Tu sei pazzo», continuo, «E non ti libererai mai di me».
Cerco di saltargli addosso per dargli un pugno, almeno un segno di forza, ma appena il tramonto scotta egli diventa una rondine e vola via attraversando i muri. Cado a terra riverso, impaurito e senza forze.
Però so di aver fatto una cosa giusta, una cosa che le persone normali fanno.
Mai inchinarsi alla Paura, me l'ha insegnato Helen.

Robert Morgan Herriot

Portami il cielo in una stanza Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora