Capitolo Ventinovesimo

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Scese dal letto e fece qualche passo, cercando di non far scricchiolare le assi in legno del pavimento. La squadra stava cadendo a brandelli e non era in grado di evitarlo, probabilmente perché stava cadendo in una sorta di depressione anche lui. Lupo era stato severo e forse aveva preteso fin troppo da loro, ma credeva in ciò che faceva e se avevano portato a casa delle vittorie era principalmente per merito suo. E ora lui non c'era. Sarebbe ritornato? Lo sperava, ma non ne era certo, dall'incidente non si erano più sentiti.
Mattia mormorò qualcosa, muovendosi nel letto, poi aprì gli occhi, strizzandoli al bagliore chiaro dei raggi solari. Le sorrise e si avvicinò al materasso.
- Ciao mister...come stai?
Lei si scrollò la coperta di dosso e sospirò. - Come se fossi stata investita da un qualcosa di molto pesante, tuttavia poteva andare peggio. - allungò una mano e gli accarezzò il volto. - Sei stato gentile a portarmi qui.
- Non potevo lasciarti da sola. Quell'uomo è stato così...duro con te che mi sono sentito in dovere di starti vicino.
Mattia si alzò dal letto e si avvicinò ad uno specchio rettangolare appeso ad una parete. Lì accanto troneggiava un poster dei Backstreet Boys.
- Sei tanto caro, Max. - affermò, legandosi i capelli con una crocchia.
- Ho fatto solo ciò che mi sembrava più giusto.
- Certo. - abbassò lo sguardo e si appoggiò alla libreria. - Pensavo di essere rimasta da sola.
- Io lo sono sempre stato. Solo intendo. Ogni tanto mi vedevo con qualcuno della squadra, ma non di più.
- E i tuoi genitori? Non avevi un fratello?
Max incontrò il suo sguardo nello specchio e lo distolse immediatamente. - I miei genitori si sono trasferiti all'estero per lavoro circa un anno fa.
- E non sei andato con loro?
- Sono rimasto per la squadra. Quella era la mia vita e non volevo cambiarla, ma ora che Lupo se n'è andato...
- Lupo non se n'è andato! - sbottò quella. - È solo malato.
- Che cos'ha?
Il mister scosse la testa. - Non ne ho idea... Non sono sicura possa tornare a nuotare e ciò mi spaventa. - Max le prese una mano. - Forse dovresti prendere in considerazione l'idea di raggiungere i tuoi genitori.
- Non posso. Qualcos'altro mi tiene qui e non posso abbandonarlo senza fare un tentativo.
- Cos'è?
Max sorrise e guardò in basso, concentrandosi su un orso rosso di peluches. Prese fiato per parlare, ma le parole gli si bloccarono in gola, mentre Mattia alzava le sopracciglia con aria interrogativa.
- Non posso dirtelo. - mormorò il ragazzo infine.

***

- Io...io non ho tempo per pensare a Margot in questo momento, Lupo.
Dall'altra parte la nota di delusione fu percepibile. - Io non ho proprio tempo. I medicinali, le flebo e tutto quello che mi stanno facendo non mi impediranno di morire, semplicemente posticiperanno la mia morte di qualche giorno, se sono fortunato anche di un mese.
- Vuoi finirla di far leva sui miei sensi di colpa? - reagì l'altro. - So benissimo come stai, sono stato io a tirarti fuori dall'acqua quel giorno, sono stato io a soccorrerti quando in ospedale hai avuto una crisi. - sospirò. - E mi dispiace, ma è un periodo orribile per tutti, non solo per te.
- Qual è il problema, Enrico?
- Qual è il problema? - si sedette sgraziatamente sul divano e si premette il telefono all'orecchio, portandosi una mano alla fronte. - Mia sorella è morta, Melissa non ne vuole più sapere di me, il mio migliore amico sta male e mi chiedi qual è il problema?
- Non sapevo di Melissa, mi dispiace. Proverò a parlarle.
- No! - urlò l'amico. - Non ti devi intromettere negli affari nostri, Lupo!
- Enrico io... - la voce gli si spense per la disperazione.
- Devo risolvere tutto questo, non posso più cercare Margot, mi spiace.
Enrico sentì la voce di Lupo spezzarsi ed i singhiozzi attraverso il telefono forti e chiari, come se l'amico fosse lì.
- Non avrei voluto dirtelo, o almeno non così. - disse fra le lacrime. - E non so nemmeno perché sto piangendo, forse ho semplicemente paura della morte. - dall'altra parte della cornetta Enrico rimase in silenzio, si sentiva soltanto il rumore lieve del suo respiro. Lupo continuò: - Sono affetto da una forma molto aggressiva di fibrosi cistica; non tornerò mai più a far parte della squadra, non tornerò mai più a nuotare. Puoi dirlo agli altri se vuoi. Ogni giorno la mia malattia si aggrava e non ho idea di quanto ancora mi rimanga da vivere. - represse un singhiozzo. - Per questo ho bisogno di vedere Margot un'ultima volta, prima di morire.
Dall'altra parte ancora silenzio. Poi Lupo avvertì il suono della comunicazione che veniva interrotta.

- Ti sei comportato da insensibile.
- Non intrometterti, non servirebbe a nulla. - chiuse gli occhi. - Questa realtà fa schifo ed è insopportabile.
- Non è vero. - Giorgia incrociò le braccia e scosse la testa. - Prima che succedesse tutto questo, questa vita ti piaceva... Ora non darle la colpa per i casini che si sono creati.
- Il mio migliore amico sta morendo, io dovrò perdere anche lui e non posso farci niente. Non posso impedire alla malattia di proseguire il suo corso, come non posso obbligare Melissa a fidarsi di me.
- Ma puoi cercare Margot, puoi renderlo felice prima che...
- Non dirmi cosa devo fare! - si alterò il fratello. - Sei morta, te ne sei andata e non ho idea del perché io ti veda ancora... - riprese fiato e la guardò con occhi spenti. - ...ma non hai il diritto di dirmi cosa devo o non devo fare.
La ragazza annuì, abbandonando le braccia lungo i fianchi. - Hai ragione, sono morta, non ci sono più...ma sai meglio di me che se avessi potuto scegliere non l'avrei fatto. Sono qui per Sara, solamente per lei, e penso sia a causa sua se non me ne sono completamente andata. Non riesce a non pensare a me e penso che se io fossi al posto suo...beh, farei lo stesso.
Si voltò senza aggiungere altro ed oltrepassò una parete, lasciandolo solo.
- Giorgia, aspetta!
Sentì un rumore. Esattamente in quel momento Sara uscì dalla porta della camera.
- Parlavi al telefono?
Aveva il trucco sbavato e le guance arrossate. Le mani le tremavano leggermente.
- Parlavo con Lupo.
Scosse il capo. - Parlavi di morte. Di lei.

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