Ricordo benissimo quell’estate del 2015. Era fine giugno e facevo servizio ai giochi estivi della mia parrocchia. Era una giornata afosa, tanto che riesco ancora a sentire le gocce di sudore scorrere lentamente sulla mia fronte. Lo spiazzale dietro la sagrestia era pieno di bambini che correvano, giocavano e urlavano, mentre alla radio trasmettevano l’ennesimo tormentone estivo. Oltre a me c’erano altri ragazzi che facevano servizio. Non ne conoscevo nessuno; in realtà non avevo la minima idea di cosa io ci facessi lì in mezzo a tutta quella gente di chiesa, dato che io e Dio non ci parlavamo da un po’. Ma fra tutte quelle persone, ce n’era una che mi aveva colpito particolarmente: era un ragazzone alto e abbronzato, con la pelle che ricordava il colore del cioccolato. I capelli erano nerissimi, come il carbone, però avevano delle striature naturali color miele, quasi come se il sole volesse illuminare il lato oscuro dentro di lui. Ad un certo punto si girò a guardarmi e i suoi occhi color nocciola mi fecero sussultare, tanto che erano magnetici e scrutatori, come se con uno sguardo potesse vedere dentro di me. Venne diretto verso di me e con fare deciso si presentò dicendo: “Ciao! Piacere Alex!”. Ero sorpresa ma cercai di rispondere nel modo più naturale possibile: “Piacere Alice”. Notai subito che era affascinante ma mi sorprese ancora di più il timbro caldo della sua voce, come se nell’aria viaggiassero intorno a noi le note di una bellissima canzone blues. Si mostrò subito interessato a conoscermi, anche se mi rivolse le solite domande standard (“Quanti anni hai?, Dove studi?, Che cosa studi?, ecc), e successivamente mi presentò gli altri ragazzi e ragazze del suo gruppo. Fu grazie a lui che io strinsi amicizia con così tante persone, essendo io più chiusa e solitaria. E, anche se non direttamente, contribuì a farmi conoscere il mio primo ragazzo: si chiamava Renzo, e probabilmente fu la più grande sbandata che io abbia mai preso. Lui era forse l’alter ego di Alex: capelli lunghissimi e biondi, occhi verdi come lo smeraldo, alto quanto basta, carino ma non aveva il fascino di Alex. Non so dire neanch'io come mi conquistò, non avevamo neanche così tante cose in comune; forse fui ammaliata dalla sua folta chioma, fatto sta che alla fine, dopo qualche settimana, ci mettemmo insieme. Nel frattempo, scorrevano i mesi e la mia amicizia con Alex cresceva. Scoprii molte cose di lui, tipo che era molto intelligente e colto, appassionato di letteratura e filosofia e, come me, amante della musica. Infatti, faceva parte anche lui del coro della parrocchia come tenore, ruolo che gli si addiceva molto; la sua voce spiccava su tutte le altre con una sonorità e un’intonazione impeccabili. Non c’era un argomento sul quale non fosse preparato, che tu gli parlassi di chimica o di antropologia, e non c’era modo di farlo sbagliare. Iniziò a raccontarmi cose che non avrebbe mai e poi mai detto ad anima viva, compreso il suo rapporto burrascoso con il padre; questa confidenza reciproca si fece sentire sempre di più con l’inizio del 2016 e soprattutto con l’avvicinarsi del mio diciottesimo compleanno. Era un ottimo compagno di bevute e un buon amico, sempre lì a consolarmi quando rompevo con Renzo e pronto a raccogliere i miei pezzi e a rimetterli insieme. Ma ogni volta, non so con quale lume di suprema intelligenza e con quale rispetto per me stessa, ci tornavo insieme, finché un giorno non mi lasciò definitivamente con un messaggio su Whatsapp. Stavo sbagliando tutto. Ritornavo sempre da chi voleva sopperire alla solitudine, non rispettandomi come persona e come donna così come non rispettava le mie scelte, le mie passioni e le mie amicizie (compreso Alex); capii che era solo una persona lunatica, gelosa, eccentrica, egocentrica e mentalmente vuota, senza una prospettiva di vita futura.
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Le cose che non ti ho detto
Short StoryÈ un racconto autobiografico di come ho conosciuto il mio migliore amico, del quale mi sono innamorata profondamente.