Per quanto tu possa cercare di tirarti su, la sofferenza, il dolore, l'agonia, rimangono sempre al tuo fianco come tre amiche un po' stronze che hanno bisogno di oscurarti per sopravvivere. Poi arriva quel momento, il punto di non ritorno. È come quando si assiste ad un matrimonio e il celebrante dice: "Chiunque sia contrario a questa unione parli ora o taccia per sempre!". Allora cosa dovevo fare? Dirglielo e accettare tutte le conseguenze, positive e negative? O tacere e rimanere per sempre con il dubbio? Non potevo più vivere di se e di ma, avevo bisogno di risposte, per me. Solo ed esclusivamente per me. Era arrivata l'ora di combattere contro i miei demoni.
Una volta tornata a casa per le vacanze di Natale glielo avrei detto. Finalmente mi sarei liberata da questo peso. Avevo immaginato la scena almeno un milione di volte e con diversi finali: uno in cui si sarebbe arrabbiato da morire e mi avrebbe insultato dicendo che avevo rovinato la nostra amicizia ecc ecc; un altro in cui mi avrebbe riso in faccia; e anche un altro in cui se ne sarebbe andato e non mi avrebbe parlato mai più. Insomma tutti finali un po' apocalittici. Pensavo di dirglielo davanti ad un caffè, al nostro solito bar, dove ci vedevamo solo io e lui per parlare e confidarci. Purtroppo non è andata così. Siccome eravamo sotto Natale lui aveva da fare con le prove del coro quasi tutti i giorni e io invece dovevo studiare perché avevo una mole di esami da dare dopo le feste. In più quando uscivamo la sera con i nostri amici non riuscivamo mai ad avere un momento da soli, era quasi impossibile. Intanto i giorni passavano, l'anno stava finendo e io non glielo avevo ancora detto. Poiché non avevo altre opzioni ho dovuto adottare una pratica poco ortodossa: gli ho scritto. Non per messaggio, non su whatsapp o messenger, no no. Gli ho mandato una email con allegato una una storia che avevo scritto qualche settimana prima, il racconto che parlava di noi, di come ci siamo conosciuti e di come mi ero innamorata di lui. In questo modo lui lo avrebbe letto e sarebbe stato lui stesso a chiedermi di incontrarci.
Passo qualche giorno e lui non l'aveva ancora letta. Arrivò anche la vigilia di capodanno durante la quale mangiammo e bevemmo fino a scoppiare con divertimento a volontà. Si avvicinava il giorno della mia partenza e di Alex neanche l'ombra fino a che vidi un suo messaggio sul telefono e leggendolo rabbrividii. Diceva: "Ho letto il tuo racconto. Vediamoci, ho bisogno di parlarti". Non potevo credere a quello che avevo appena letto. Mi stavo per sentire male.
Il giorno dopo mi venne a prendere con la sua macchina e andammo al nostro bar a prenderci il solito caffè. Ci sedemmo, eravamo uno di fronte all'altra e ci guardavamo intensamente negli occhi. Era il momento della verità. Avevo fatto milioni di prove davanti allo specchio per spiegargli come erano andate le cose ma arrivata davanti a lui non riuscivo a far uscire una sola parola dalla mia bocca. Allora lui ha prese la parola e mi disse che gli era molto piaciuto il racconto e che l'aveva letto il giorno dopo che glielo inviai. Non me lo disse subito perché aveva bisogno di riflettere e metabolizzare la cosa. Poi ricominciò a parlare e disse: "So bene che i personaggi del racconto siamo noi, l'ho letto bene e so anche che questa è la nostra storia. Mi ricordo i giochi estivi, il ballo insieme, la vendetta per Laura, ricordo ogni cosa. Ma, Alice, non immaginavo che tu potessi provare un sentimento così profondo per me e mi dispiace che tu abbia sofferto. Non riesco a credere di non essermene mai accorto, sono proprio un coglione. Ma adesso posso rimediare ai miei sbagli". "Che cosa vuoi dire?" gli ho chiesto con aria incerta, e lui mi ha risposto così: "Voglio dire che ora ti vedo, ti ho sempre vista per quella che sei ma non volevo ammetterlo a me stesso. Volevo che tu fossi felice anche senza di me ma nonostante questo ti sono sempre rimasto accanto. L'ho fatto perché......ti amo anch'io. Ti amo Alice, ti amo da morire. L'ho soppresso per così tanto tempo che ora che l'ho detto non riesco più a smettere di dirlo. Tu mi fai stare bene, mi capisci e ti sei sempre presa cura di me. Ora tocca a me farlo con te. Ti amo e voglio stare con te".
Davanti a tali parole mi pietrificai. Credevo di avere un problema d'udito e mentre delle lacrime di felicità sgorgavano libere sul mio viso riuscii solo a dire: "Ti prego dillo ancora. Dillo mille volte perché non mi sembra vero". Ebbi subito la mia risposta: "Ti amo, Alice". In quel momento si alzò dal tavolo, si avvicinò a me, mi prese il viso tra le mani e mi baciò con la bocca tutta tremante per l'emozione. Ancora con le lacrime agli occhi, accolsi il suo bacio come si accoglie qualcuno che non vediamo da tempo ma che è tornato per restare. Era proprio come me lo ero immaginato, anzi anche meglio. La passione montava ad ogni bacio e ogni tanto lui si fermava per guardarmi e sorridere, ed io sorridevo a mia volta. La gente che passava ci guardava invidiosa ma a noi non importava, avevamo sofferto entrambi per tanto, troppo tempo. Era il nostro turno di essere felici e non lo avremmo sprecato più con l'incertezza e la paura.
In quel momento pensavo solo a quanto fossi fortunata, lui era mio ed io ero sua. Ci siamo sempre appartenuti solo che non lo sapevamo.
A volte bisogna saper aspettare le cose belle perché sono proprio lì dietro l'angolo e attendono solo che noi siamo pronti per accoglierle. Io l'ho fatto. Perciò tu, si proprio tu che stai leggendo, non arrenderti e abbi speranza.
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Le cose che non ti ho detto
Short StoryÈ un racconto autobiografico di come ho conosciuto il mio migliore amico, del quale mi sono innamorata profondamente.