Prologo

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Quella ragazza era in preda alla malinconia, senza via d'uscita.
Era in preda al panico per l'affanno che la vita le aveva dato.
Era senza vita, senza gioia né dolore. Cosa doveva fare? Buttarsi dal balcone di un primo piano? Aspettare che tutto si sciogliesse candidamente fra le sue mani?

Cercava rimedio per anteporsi al delirio dell'umanità, cercava di confondersi tra la gente più bizzarra e scatenata, cercava di essere libera da ogni sofferenza o caducità.

Poteva solo arrendersi al suo destino.

Un destino che non poteva affrontare, un destino dalla quale avrebbe guadagnato il suo valore di fronte a centinaia di migliaia di persone. Lei non era di questo mondo, e lo pensava sempre, non era uguale a quella massa di gente orribile che vedeva ogni giorno.

Il suo modo di vedere le cose cambiavano ogni giorno, ma non la sua vita, se stessa e ciò che aveva dentro non andavano bene, non era perfetta, non era adeguata a quello stile di vita.

Non era adeguata a vivere.

In mezzo a tutta quella felicità lei vedeva la tristezza, sentiva l'odore della salvia che scorreva nei suoi polmoni malfunzionanti e ciò la rendeva perfetta, la natura la rendeva perfetta... ma lei non si guardava. Non vedeva, era cieca di ciò che le stava per capitare.

La quinta essenza del vivere era sopravvivere e lei doveva farlo, non solo per se stessa ma anche per l'universo intero o meglio ancora, per gli universi paralleli.

E per il destino dell'umanità intera.

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