Capitolo diciannove

220 12 0
                                    

Il pomeriggio dopo, quando il sole era già calato ed era appena diventato buio, Lydia, ormai uscita dal MIT, si incontrò per strada con Scott e Malia, dove avevano fissato l'appuntamento. Loro non si accorsero subito di lei, stavano passeggiando mano nella mano e chiacchieravano, si sorridevano contenti. Il cuore di Lydia si strinse in una morsa di tenerezza e al contempo malinconia. Sentì la mancanza di Stiles, di fare quelle cose così semplici con lui. Tenerlo per mano, parlare di tutto e di niente, guardarlo negli occhi. Si riscosse, stava per attirare la loro attenzione quando un gruppetto di persone uscirono da un negozio lì vicino, facendo tintinnare lo scacciasogni. Quel suono che si ripeteva, accompagnato dal rumore della porta che si richiudeva lentamente, con la serratura che scattava, le fecero inclinare la testa di lato. Lydia ascoltò meglio, qualcuno cercava di sussurrarle qualcosa attraverso quelle vibrazioni e quelle frequenze.

Sobbalzò quando improvvisamente Vanessa apparve lì davanti a lei.

«Rose è in pericolo» le disse seria.

«Tu... tu come stai? Dove ti trovi?»

«Non lo so. È una specie di antico tempio, non ho idea di dove sia. Non posso fuggire. Esco da lì, corro nella foresta, ma poi questa finisce. Non chiedermi come, so solo che finisce, che non posso andare oltre. Sono riuscita a mettermi in contatto con te, ma i miei poteri sono deboli, lì. Ti prego, salva Roselyn».

Le due banshee si guardarono preoccupate.

«Dove la trovo?» chiese Lydia.

«Alla Galleria Rouge. Lavora lì. Dovete correre, non c'è tempo».

«Vanessa... non andare oltre. Non andare oltre, dove tutto finisce. Lì c'è solo la morte» disse assorta.

Vanessa svanì.

Lydia rimase imbambolata a fissare per qualche istante il marciapiedi, poi tornò in sé. Corse verso gli altri per avvertirli di quanto aveva visto.

*

Roselyn uscì dal lavoro. Lavorava come curatrice in una galleria d'arte gestita da un magnate quasi sempre fuori città. Nonostante i problemi riguardanti le condizioni di Vanessa – aveva dovuto personalmente telefonare all'erboristeria dove lavorava per comunicare un periodo d'assenza per gravi condizioni di salute – non poteva permettere che la sua vita sociale andasse a rotoli. Il lavoro che aveva per le mani era importante, era quello che aveva sempre desiderato e l'anno prima aveva ripreso e finito gli studi al college proprio per rimettere insieme la sua vita. Non era soltanto un lupo mannaro, era anche la Roselyn Tallish umana, laureata in storia dell'arte. Dunque, aveva trovato lavoro come assistente a questo ricco uomo d'affari, che organizzava spesso mostre alla sua galleria d'arte privata, le "Galleria Rouge". Adesso era fuori città e aveva lasciato le gestione dell'ultima mostra in mano a lei.

Ecco perché stava tornando all'hotel ben vestita, con un vestito a girocollo, smanicato – li aveva quasi tutti così, li trovava sobri e raffinati – con la parte superiore color vino e coperta di un velo di pizzo nero, e la parte inferiore della gonna, nera. Ai piedi indossava delle décolleté con il cinturino nero e il tacco alto. Si strinse la borsa contro e camminò più velocemente. Era stata una giornata stremante, non vedeva l'ora di tornare all'hotel e farsi una doccia, sfilarsi le scarpe e indossare qualcosa di più comodo.

Diede un passo incerto e si voltò di scatto, poiché le era sembrato di vedere qualcosa di sconcertante in un vicolo. Un lupo mannaro aveva appena morso qualcuno. Roselyn accese lo sguardo e affilò le zanne, ringhiando. Il lupo, che sembrava un uomo sulla quarantina, alzò il capo mostrando due occhi rossi. Era un Alpha e aveva appena morso qualcuno, attivando la trasformazione o portandolo alla morte. Lui fuggì via e Roselyn corse nel vicolo. Avevano attirato l'attenzione, quindi non poté restare accanto al ragazzino riverso per terra, decise così di fuggire anche lei. Appena sbucò fuori dal vicolo le arrivò una gomitata nella nuca, che le fece perdere i sensi.

Quando si risvegliò capì di essere stata rapita. L'Alpha l'aveva portata sotto un ponte. Si rimise lentamente in piedi, tastandosi la nuca, e sfilò subito le scarpe, sia per muoversi con più facilità, sia per usare i tacchi come arma.

Ringhiò appena contro l'uomo che se ne stava poggiato contro uno dei grossi pilastri del ponte.

«Sei coraggiosa a fronteggiare un Alpha».

«Perché mi hai portata qui?»

«Il ragazzino che ho morso era solo un diversivo, ho fatto in modo che le mie zanne fossero letali. Sei caduta in trappola, Roselyn».

Lei cercò di tenersi alla larga, restando con tutti i sensi all'erta.

«Mi conosci?»

«No, non personalmente, ma un vecchio amico mi ha chiesto di attirarti qui. Vuole salutarti».

Roselyn non riusciva a capire. Non aveva più nemici, da quando era arrivata a Boston la sua vita era stata tranquilla e tutto era filato liscio. Perché doveva sempre avere problemi ovunque andasse?

Una figura avanzò nell'ombra, superò uno degli archi e arrivò sotto quello in cui si trovavano i due lupi mannari.

«Ben ritrovata, Roselyn. Ti ricordi di me?»

Roselyn sgranò gli occhi e in un istante si sentì invasa dalla paura. Gerard Argent era lì di fronte a lei, e le stava puntando una pistola contro.

|𝐈𝐦𝐩𝐫𝐢𝐧𝐭𝐢𝐧𝐠| 𝘛𝘦𝘦𝘯 𝘞𝘰𝘭𝘧Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora