Cap. 4- Nella terra del Sole

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Luogo: periferie di Fioraside

Luogo: periferie di Fioraside

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Lja

L'atmosfera di Zibaw catapultò tutti noi in un mondo totalmente diverso da quello a cui eravamo abituati.
Noi che dalla povertà delle nostre tane non vedevamo altro che monti e scuri, spogli alberi, ci trovavamo ora a godere della vista delle grandi metropoli.
Sembrava quasi di essere su un'altra luna.
La gente, dagli abiti lunghi, vistosi, sgargianti, passava e spassava a passo veloce per le strade, a piedi o a bordo di sontuose carrozze dalla forma simile a quella di una corolla floreale chiusa a bocciolo, trainate da coppie di colubrian fatti schiavi.

Non li avevo mai visti così da vicino, riuscivo persino ad udire le loro code strisciare fra le ruote delle carrozze. Questi mezzi-serpenti erano tanto grossi da poter talvolta raggiungere anche i cinquanta metri di lunghezza. Al culmine del corpo squamato si diramavano in tre teste: la destra per avvelenare, la sinistra per divorare e la più grande e centrale, la testa pensante, per soggiogare le proprie prede prima delle altre due fasi.
Nonostante l'alto grado di pericolosità, se schiavizzati sin da piccoli i colubrian eseguivano gli ordini mansuetamente.

Il pavimento che percorrevamo era fatto di lucide mattonelle color crema e ricchi mosaici, che ricoprivano intere piazze.
Si sentiva il buon profumo dei dolci e dei biscotti dalle più raffinate pasticcerie, si udivano le campane delle alte cattedrali risuonare.
I palazzi, dipinti dei colori più caldi, mi sembrarono alti e possenti come monumenti, terminavano con un tetto conico, similmente alle torri di un castello.
I loro ornamenti decorativi partivano da terra e ne risollevavano finestre e balconate lungo tutta la facciata principale con dorati motivi floreali e sigilli elfici.
Immensi pilastri di pietra elevavano al cielo le bianche statue delle divinità sonnereichane, cioè protettrici del sole e della luce, che apparivano brillanti come perle.
Erano moltissime: saremmo stati in grado di avvistarne una in qualunque direzione i nostri occhi avessero osato posarsi.
Queste sculture erano poi disposte in ordine preciso e numerate, ogni statua rappresentava infatti una scena scritta nel libro sacro degli Erixtov, che narrava gli stadi attraverso cui era stato creato l'universo.
Due lunghi canali, infine, tagliavano in tre parti la città, scorrendo in versi opposti parallelamente l'uno all'altro, rappresentanti il ciclo vitale dei mortali.
L'acqua del primo veniva prelevata dal mare e scorreva verso l'interno, riunendosi alla fontana del Fondatore, da cui sfociava invece nel secondo canale, che la riportava in mare.
Il Fondatore di Fioraside, come di molti altri regni, fu proprio il primo Erixtov che osò strappare ai Kohah il potere.
La fontana, da sola, poteva benissimo arrivare alla grandezza di un piccolo lago, dalla cui statua in oro massiccio, grande ben un terzo della fontana, fuoriusciva, limpida, una debole cascata.
Rimasi esterrefatta al pensiero che una meraviglia del genere non fosse altro che la zona periferica di Fioraside.
Non osavo neppure immaginare quanto maestosa sarebbe stata l'impronunciabile capitale.

"Bene. Ora dove andiamo, oh grande Intercessore?" Chiesi, chiudendo la bocca di mio fratello, che era rimasta aperta da quando eravamo approdati.

"Amh, si, certo, statemi dietro."
Lui si riprese dallo stupore e fece strada fra le vie della città, seguendo una rudimentale bussola di ottone che teneva nel taschino.

Lo seguimmo a ruota. Ci sentivamo piccoli, nel passare accanto a quegli enormi palazzi, piccoli e diversi.
Fioraside era abitata esclusivamente da elfi bianchi, diverse specie di umani e schiavi colubrian.
Chiunque ci vedesse laggiù, sporchi, stanchi e tipicamente scuri, ci lanciava occhiatacce, si allontanava o cambiava strada.
Le guardie degli Erixtov, dalle pesanti, bianche armature a scaglie di metallo, decorate in oro e i loro spessi elmi impiumati, se ne stavano sparse lungo le vie. Tenevano d'occhio ogni nostro movimento e seguivano i nostri passi con lo sguardo, tenendo l'arma sguainata.
Mi sentivo a disagio, fuori posto, odiata.
Mille tendryan armati, che passano con disinvoltura di fronte ai propri antichi nemici, avrebbero insospettito chiunque.
Anzi, era stato un inaspettato miracolo anche solo il fatto che ci avessero lasciati entrare a Zibaw, forse proprio perché abbastanza sicuri di loro stessi da non considerarci una minaccia.

Eravamo diretti a Nord, verso Erixtvokmamamamalakath.
Durante il percorso calò la notte e decidemmo di accamparci sulla piana di Soliside, così chiamata in quanto partente dal regno di Solitia ed estendentesi verso est fino ai confini di Fioraside.
Si presentava come un semplice campo verde i cui alti fiori mi arrivavano fino al bacino, luogo completamente privo di ogni segno di civiltà.
Ci sedemmo lì, sul morbido prato a mangiare qualcosa, per poi riposare.

"Capisco che siate distrutti dal viaggio, ma qualcuno dovrà fare la guardia anche stanotte." proferì mio padre.

"Me ne occuperò io" propose mio fratello. "Dormite tranquilli e buonanotte a tutti" augurò.

Poggiai la testa sulla fresca corolla di un fiore e, sfiorando con le dita il dolce tappeto erboso sopra cui mi ero sistemata, lanciai un ultimo, sfocato sguardo ai verdi steli di fronte a me. Chiusi stancamente gli occhi, lasciando che la mia mente venisse cullata dal sonno.

La leggerezza del primo sonno mi lasciò udire che poco dopo anche gli altri tendryan si furono sistemati, nella tranquillità della pianura.

Trascorsero le ore.

Mio fratello passeggiava avanti e indietro lungo la piana come il pendolo di un orologio, tentando invano di tenersi sveglio.
Ma non resisteva più, aveva faticato troppo a lungo.
Così, una volta sedutosi, si strinse alle magre ginocchia per il freddo e, riscaldatosi un poco dentro il suo comodo giaccone di pelle, si accasciò sul prato sonnecchiando ad occhi semiaperti, finendo poi per addormentarsi tutto d'un botto.

"In balìa di un ragazzino.."
Udii sussurrare da uno dei tendryan, svegliandomi, ma senza aprire gli occhi, per evitare di darlo a vedere.

"Quanti anni avrà.. 15? 16? Potrà intercedere la volontà di chi vuole, ma non può guidare una ribellione." Continuò la voce.

"Dormono tutti, se ce ne sbarazzassimo ora, potremmo depredare Fioraside e tornare in patria senza rischiare la pelle." Rispose un interlocutore.

"Già, inoltre, se lo uccidiamo, Akhraz potrebbe decidere di trasmettere il suo potere a noi." concluse il primo, ridacchiando silenziosamente.

I due individui si alzarono pian piano, tentando di fare tutto col più assoluto silenzio ed uno dei due uscì un pugnale dalla fodera, avvicinandosi pericolosamente a mio fratello.
Aprii gli occhi, seguendone il movimento.
Non appena vidi la lama del pugnale sfiorare la gola del mio dormiente consanguineo, mi destai in piedi di scatto, e sfoderai la spada.
Potevo quasi sentire il sangue degli elfi in piedi di fronte a me, gelarsi.
Sapevano che se solo ci avessero provato avrei svegliato tutti, e loro sarebbero morti.
Piuttosto, pensarono bene di darsela a gambe.

Ma lasciarli andare impuniti non mi avrebbe dato alcuna soddisfazione, così li seguii.

Le Cronache di Hadm -La dinastia dei Kohah (PARTE PRIMA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora