Cap. 5- L'agguato

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Lja

Si diressero verso una selva, non troppo distante dalla pianura, per nascondersi.
Gli corsi dietro.
Mi feci strada fra gli irti rami degli alberi dai bassi fusti, ma poi iniziai a vedere solo buio e ciò mi fece sentire disorientata.
Un vago rumore di foglie fra i cespugli mi spinse a fermarmi dall'inseguimento.
Mi guardai attorno, avevo ancora il fiatone.
Riuscii a distinguere vagamente le forme dei cespugli alla mia destra, grazie alla lieve luce emanata dalla grande Irem che brillava nel cielo scorciata dal sole.

Mi avvicinai cautamente a quegli sterpi dai quali avevo avvertito il fruscio, mentre sentivo il mio cuore palpitare a ritmo rapido.
Avanzai ancora un passo, rimanendo comunque a qualche metro di distanza da lì e infine lo vidi, un elfo bianco.
Quando i suoi azzurrissimi occhi incontrarono i miei, egli si sentì scoperto e si levò in piedi, uscendo dal suo nascondiglio con il solo intento di porre fine alla mia vita.

Scappai, senza pensarci due volte.
Avrei dovuto prevedere che qualcosa del genere sarebbe accaduta, eppure avevo mostrato ingenuità.
Gli elfi bianchi, da maledetti vigliacchi quali sono, ci avevano risparmiati per tutto il tempo in cui eravamo rimasti nel centro abitato, unicamente perchè potessero tenderci un agguato di notte e ucciderci senza creare troppo scalpore tra i cittadini, nel meglio dei nostri sogni.
Attendevano soltanto che ciascuno di noi dormisse.

Corsi più veloce che potevo, chiamando mio padre a squarciagola per avvertir loro del pericolo, ma era ormai tardi.
I soldati degli Erixtov avevano spento nel sonno le vite di molti dei nostri uomini.
Coloro i quali avevano avuto la fortuna di svegliarsi prima di venir assassinati senza la possibilità di reagire, si trovavano ora svantaggiati, in quanto in numero esponenzialmente minore.
Questi non poterono far altro che gettarsi in una lotta disperata, mio padre e mio fratello compresi.

"Dovevi fare la guardia!" Urlò così mio padre, rimproverando aspramente il figlio, che si mostrava visibilmente mortificato.

Mio fratello appariva molto più rigido del suo solito. Combatteva come avrebbe fatto un pezzo di legno o spesso si limitava semplicemente a schivare o parare i colpi con i pugnali.
Sconvolto, spaventato, in attesa.
Egli aspettava ancora l'intervento di Akhraz, che però non sarebbe mai arrivato.
Ad un tratto si fermò dal combattere, ignorando il pericolo di venir ucciso a tradimento.
Gettò l'arma, alzò il viso al cielo. Le lacrime resero lucidi i suoi occhi, finendo per bagnare tiepidamente le sue lisce guance.

"Ferma tutto questo!" Implorò, a voce più alta che poteva, come se dovessero sentirlo dall'alto delle nuvole.

"Parlami ancora, dammi il tuo potere!" Le sue parole erano intrise di disperazione e, forse, soltanto per un attimo, scalfirono il cuore di pietra dei soldati nemici.

Fu un momento di silenzio, tutti lo guardarono, il tempo sembrava essersi fermato.
Ma il nostro spietato dio non rispose alle sue richieste di aiuto.

Il mondo si rimise in moto tutto in una volta.
Il suono di una spada sguainata fece ricominciare la lotta.
Li avevo quasi raggiunti, ma fu proprio in quell'istante che un Erixtov trafisse da parte a parte il cuore del mio buon padre.

"NO!"

Gridai con tutto il fiato che avevo in petto, ora, piangendo anche io.
Vidi l'immagine del suo corpo che cadeva pesantemente a terra, privo di sensi e mi abbattei contro il suo assassino serrando in mano la spada.
Lo uccisi prendendolo di colpo alla testa, gliela frantumai. Ne feci fuori poi molti altri dopo di lui, con il dolore negli occhi e un'ira repressa che aveva sostituito il mio buon senso.
In quelle condizioni, sarei stata in grado di uccidere persino alleati se si fossero trovati nel mio raggio d'azione.

Mio fratello fu colpito quanto me dalla morte di nostro padre, forse anche di più.
Finalmente aveva compreso quanto folle fosse stata questa impresa e la paura fu più forte di qualunque altro sentimento, compreso il rimorso.
Fuggì codardamente, abbandonando me e gli altri tendryan al nostro destino, mentre veniva inseguito da alcuni elfi bianchi.
Mi voltai verso di lui e, con le lacrime ormai asciutte che rigavano il mio viso, riuscii solo a tendere una mano nella sua direzione e chiamare il suo nome.

Il tradimento della sua fuga aveva moltiplicato la mia rabbia, quando giunsero gli arcieri nemici come rinforzi.
Ma una rapida freccia mi colpì alla spalla sinistra, prima che potessi evitarla. Abbandonai il manico della mia spada e caddi in terra, finendo proprio di fronte al corpo ormai morto di mio padre.
I tendryan restanti, per salvarsi dal massacro, decisero di arrendersi spontaneamente e consegnarsi agli Erixtov.
Io non mi mossi più e questo mi fece dare per morta, ugualmente al resto dei cadaveri intorno a me.
I soldati dalla bianca armatura sparirono vittoriosi portando via i loro prigionieri.
La mia mente annebbiata non riusciva a focalizzare nulla, vedevo immagini sdoppiate e confuse, non sentivo ancora dolore fisico.
Avevo pianto al punto da non avere più lacrime e aspettai di morire, sentendo il sangue scorrermi dalla spalla lungo tutto il braccio.
Mossi la mano con estrema debolezza e afferrai quella di mio padre, come se sperassi di sentirmela stringere da lui.
Svenni.

Rimasi inerme, come morta, al buio.
Fin quando un delicato, dolce tepore, mi avvolse.

"Padre.." pronunciai, a voce fioca, sperando si trattasse di un suo abbraccio, sognando a mente lucida che fosse sopravvissuto.

I miei occhi si aprirono con una certa difficoltà, sbattei le palpebre per focalizzare e mi accorsi che a risvegliarmi era stato solo un raggio di sole e che mio padre non era lì.
Mi trovavo ancora sul prato fiorito, ma il sangue era stato ripulito e dei cadaveri non c'era l'ombra.
Proprio vicino a me, vidi il viso di un bambino umano, al quale non avrei dato più di 6 anni, che se ne stava chinato sul mio corpo.
Era castano e ricciolino e mi guardava, contento che mi fossi svegliata, con i suoi occhioni anch'essi castani. Il nasino, leggermente schiacciato, insieme con le guanciotte, era riempito di buffe lentiggini.
Per un istante pensai di essere morta, domandandomi se mi trovassi in presenza di un qualche piccolo angelo. Ma il dolore alla spalla si fece sentire e realizzai di essere ancora dentro quell'inferno chiamato realtà.
La freccia era tuttavia stata rimossa, la ferita prontamente medicata con erbe medicinali e fasciata con cura.

"Sei.. sei stato tu?" Chiesi.
Divenne timido, come se lo avessi rimproverato e non rispose.

"Aspetta, non sono arrabbiata, anzi.. ti ringrazio." Dissi, mentre tentavo a fatica di mettermi seduta, tenendomi la spalla.

"Chi sei?" Domandai ancora.

In quel momento sentimmo in lontananza una voce femminile, forse quella di sua madre, che lo stava chiamando.
Lo strano bambino si voltò in direzione della voce, poi tornò a guardare me e mi sorrise.
A questo sorriso, i suoi occhi divennero rettiliformi e una lingua biforcuta serpeggiò fuori dalla fessura dei suoi denti.
Poi tornò rapidamente tenero come prima e si apprestò a correre dalla donna che lo aveva chiamato.
Capii che ero stata curata da un piccolo di colubrian.
Mi rialzai, piuttosto sorpresa, in quanto fino a quel momento non ero a conoscenza del fatto che questi esseri fossero in grado di assumere tanto abilmente forma umana.
Intuii che probabilmente il resto dei cadaveri era finito nello stomaco di un qualche suo parente, anche se avrei senza dubbio preferito una sepoltura ben più dignitosa per mio padre.
Così, incisi il suo nome su di una grossa roccia con un coltello e mi fermai qualche minuto a pregare per lui e per tutti coloro che avevano perso la vita, promettendomi che non avrei più permesso nulla del genere.
Proprio di fronte a quella roccia, trafissi il terreno con la lama della mia spada, abbandonandola lì, insieme ad una parte del mio cuore, che si era ormai irrimediabilmente spezzata.

Dopo ciò iniziai a riincamminarmi verso il porto, stavolta, passando nascosta attraverso la selva e coprendomi il volto col cappuccio del mio mantello.
Ignoravo dove mio fratello fosse, non conoscevo la sua posizione e non mi importava conoscerla.
Volevo solo tornare a casa.

Le Cronache di Hadm -La dinastia dei Kohah (PARTE PRIMA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora