Capitolo 2

782 32 0
                                    

Quella notte in cui mi addentrai nel bosco non trovai nulla se non tracce di profumo.

Erano passate due settimane ed era giunta l'ora dell'inizio della scuola. Ero molto agitata perché nel mio stare reclusa in casa, a studiare e a formarmi non ero molto brava a cercare degli amici.

Solo Savahanna, la mia migliore amica, mi conosceva bene e inoltre lei andava alla Night Accademy ma, purtroppo in un'altra classe. Savahanna era la figlia della nostra governante, ma ormai non facevamo più caso a queste divergenze. Non l'avrei vista comunque a scuola perché lei era andata per un anno nella casa della zia, in Irlanda.

Sospirando scesi dal letto, per andare in bagno. Finita la doccia mi diressi nella cabina armadio per indossare la divisa scolastica, un'altra cosa a cui mi sarei dovuta abituare.

La divisa era composta da una gonna nera, a vita alta, e una camicetta rosso cremisi infilata dentro. Il tutto era accompagnato da un fiocco nero all'altezza del petto.

Mi piaceva anche perché stava bene con il mio bracciale, a cui non avrei mai rinunciato.

Mia madre entrò proprio mentre mi stavo pettinando e, come quando ero bambina, prese la spazzola e continuo lei, dalla radice per tutte le lunghezze dei capelli.

«Siamo orgogliosi di te, per aver accettato tutto così in fretta Julie.» La sua voce era ipnotica tanto era dolce e senza accorgermene dissi «Credi che mi innamorerò mai? Troverò il mio compagno di vita, come tu hai trovato papà?»

Tra vampiri ogni unione era sacra ed era per sempre, non esistevano storie occasionali o parole come "separazione" o "divorzio", se il compagno moriva l'altro aveva il forte desiderio di seguirlo e molti si suicidavano. Mi preoccupavo soprattutto perché il mio essere l'eccezione non portava proprio all'esistenza comune dei vampiri, e quindi non per forza potevo avere un compagno. Speravo fermamente di si, volevo un'esistenza come quella dei miei genitori: equilibrata e perfetta.

I compagni si riconoscevano dalla consapevolezza della loro presenza e dalla capacità di leggersi nel pensiero, tutte cose che sarebbero succede dopo il primo morso. Rabbrividii.

«Tesoro, sono certa che tu troverai l'amore. Voglio dire, guardati: sei bellissima, piena di talento e conquisterai tutti.»

La porta si aprì ed entrò mio padre sorridendo ad entrambe.

«Posso darti un bacio prima del grande giorno? Sono molto emozionato per te Juliette.»

Detto questo si avvicino e mi prese tra le braccia sussurrandomi quanto mi voleva bene e che era fiero di me.

Si staccò da me e frugando nella tasca dei pantaloni estrasse un astuccio nero che mi posò sul palmo. Con lo sguardo mi incoraggiò ad aprirlo.

Presi dall'astuccio una collana d'argento da cui pendeva una rosa bianca, un unico stemma della famiglia fatto solo per me, perché ero unica.

Ringraziai mio padre e dopo che furono usciti la allacciai dietro il collo in modo che si appoggiasse sul mio petto, che si alzava e abbassava in modo costante.

Presi la mia borsa a tracolla e uscii diretta alla porta principale dove mi aspettavano i miei con Fabian, l'autista e guardia del corpo di mio padre. Era un uomo sulla trentina sempre molto gentile ed efficace nel lavoro che faceva.

Salutai i miei e il tragitto in macchina mi sembrò durare un'eternità dove alberi e persone sfrecciavano a gran velocità via da me. Ero agitata e avevo lo stomaco in subbuglio, segno della mia poca esperienza alle attività sociali.

In pochi minuti entrammo dal cancello della scuola e mi stupii il numero di alunni presenti nel cortile. Tutti visi pallidi e bellissimi, chi più di altri, chi meno. Fabian mi aprii la portiera e con delicatezza scesi dall'auto sentendomi gli occhi di tutti addosso. Tutti si erano fatti silenziosi e mi guardavano incuriositi e timorosi. Salutai Fabian e ci accordammo per l'uscita.

Entrai nell'accademia e subito mi sentii esclusa, estrania. Tutto era così nuovo, ogni passo che facevo mi allontanava dalla possibilità di tirarmi indietro e non aiutava di certo che sentissi tutti i bisbiglii che le ragazze si confidavano in segreto su di me.

Presi un respiro profondo e aprii la porta dell'aula sorridendo all'insegnante di filosofia, il signor Knam, un vampiro che era vissuto nei tempi dei migliori filosofi del mondo. La classe era piena di studenti e con voce incerta dissi «Mi chiamo Juliette Blacktorne e ho sempre studiato da privatista, è il mio primo giorno di scuola e spero di piacervi.»

Mi sentivo osservata intensamente ed appena alzai lo sguardo vidi due occhi dorati guardarmi incuriositi.

Quei occhi dorati. Il mio sogno.

«Bene signorina Blacktorne se vuole sedersi in quel posto libero in fondo, vicino ad Ethan Aylion, inizio la lezione.»

Mi indicò il ragazzo dagli occhi dorati con la mano ed io mi accomodai il più lontano possibile da lui.

Notai con la coda dell'occhio che le sue labbra rivelavano una leggere increspatura, come se si sforzasse di non sorridere. Era lui, ne ero sicura.

Seguii la lezione il più possibile consapevole del ragazzo di fianco a me e di ogni movimento che faceva.

Spostarsi i capelli biondi come l'oro in modo che non gli cadessero sugli occhi, appoggiandosi la matita sulle labbra. Labbra che volevo baciare, assaporare.

Quando la campanella suonò buttai fuori tutta l'aria che avevo nei polmoni e ,se non fosse stato per il professore che mi chiedeva com'era stata la lezione, mi sarei fiondata subito fuori dall'aula.

«Mi è piaciuta molto la vostra passione quando parlavate di Nietzsche , i miei studi a casa mi avevano portata al punto giusto.»

Mi fece qualche altra domanda e poco dopo mi lasciò andare.

Avevo lezione di matematica, dove conobbi Sarah una simpatica ragazza che proveniva da una modesta famiglia della Florida, che si era trasferita l'anno prima. Andammo a pranzo insieme, fuori in giardino. Sarah tirò fuori dalla borsa un termos argento come tutti e bevve la sua razione si sangue, appena finito mi guardò con occhi sbarrati mentre tiravo fuori una pesca e l'addentavo gustandomela.

«M-ma tu mangi! Mangi cibo vero!» esclamò stupefatta.

«Pensavo tu sapessi chi sono, ma evidentemente mi sbagliavo. Sono l'eccezione e perciò mangio cibo vero e dormo tutta la notte a differenza vostra.»

Sarah era stupefatta e lentamente comprese quello che le avevo detto.

Tutto ciò che disse però, era «Fico.»

Ora toccava a me essere stupefatta, non le importava che cos'ero!

Ero così felice che non mi accorsi del proseguimento della giornata fino a quando Fabian non mi venne a prendere.

Non avevo più visto quel ragazzo e provavo uno strano senso di angoscia.

Arrivata a casa fui sommersa dalle domande che mi fecero i miei genitori riguardo alla scuola, dove tutte finivano con un sorriso radioso da parte di entrambi. Dopo quattro abbracci e una tazza di te potei salire in camera per riposare.

C'erano aspetti positivi nell'essere un ibrido ed anche aspetti negativi, come l'essere sempre stanchi e sentire le emozioni amplificate il doppio: se ero felice diventano euforica e se sentivo dolore, fisico o mentale, potevo stare malissimo per giorni.

Mi aggirai irrequieta nel letto fino a quando, esausta mi appisolai brevemente.

Mi risvegliai alle sette di sera e andai sul balcone per risvegliarmi grazie alla brezza di settembre.

Vidi un bagliore nell'oscurità e un soffio di vento mi portò una voce melodiosa che diceva «Sai chi sono, non avere paura di incontrarmi, non ti farei mai del male.»

Troppo stupefatta per rispondere restai sul balcone per un po' di tempo, e quando la fame mi chiamò non avevo ancora ben chiarito cosa volessi fare, parlargli o astenermi al silenzio.

La prima, anche se impulsiva, mi sembrò la risposta più sensata.

Endless LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora