Capitolo 8

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Ethan's Pov

Odiai tutto questo, odiai che lei fosse tornata e che il tempo fosse passato cosi maledettamente in fretta. Non riuscivo a sopportarla dopo quello che ci aveva fatto e che ci avrebbe fatto, perchè ora che era tornata non avrebbe potuto fare a meno di mettere sotto sopra il mio mondo. Un mondo nuovo, dopo che ci aveva abbandonati.

Ed ora ero io che dovevo pagarne le conseguenze, perché inevitabilmente non avrei mai potuto stare con lei, perché il terrore che si facesse male era troppo vicino.

* * *

Lasciai il casco sulla moto, e mi diressi verso la mia classe. Ero un ritardo ma non me ne importava niente, era colpa di Faith e delle sue storie. Era così viziata e cattiva, da risultare insopportabile. Non avrei mai accettato le condizioni di mia madre, non avrei mai sposato Faith. Io volevo Juliette, maledizione!

Sbuffando mi scompigliai i capelli ed entrai in classe, evitando il suo sguardo. Ma li sentivo, sentivo i suoi occhi che mi trapassavano la schiena e percepivo la sua tristezza, se si poteva ritenere tale. Avrei voluto andare da lei ad abbracciarla, toccarla e sentirla. Ma non potevo farlo, ora che era tornata Faith. Appena mio padre avesse trovato una soluzione io sarei stato libero, libero di stare con Juliette per sempre. Perchè lei era la mia compagna, e non vedevo l'ora che tutto fose concluso, per poter stare con lei. Se fossi stato con lei adesso, le avrebbero fatto del male.

Ascoltai a malapena la lezione tanto ero preso dal non guardare Juliette. Alla fine mi misi a parlare con dei miei compagni di classe, per non parlare con lei, risi perfino. Tutto finto, semplicemente. Quando le lezioni finirono fui il primo ad uscire dalla classe e mi recai il più in fretta possibile verso la mia moto. Stavo per raggiungerla quando vidi una cascata di capelli biondi che mi sbarrò la strada. Troppo biondo. Era un colore tra il bianco e l'accecante, ed era un abbagliante per gli occhi. Cercai di schivarla ma lei mi saltò adosso subito, imprigionandomi con le braccia dietro al collo e con la bocca attacata alla mia. Mi divincolai e me la scrollai di dosso appena in tempo per vedere lo sguardo sconvolto e pieno di lacrime di Juliette. Vidi il momento in cui realizzò che cosa aveva visto, e sentii la sua tristezza, se si poteva definire tale. Aprii la bocca per spiegalre, scusarmi, ma Juliette si girò improvvisamente e corse semplicemente via.

«Allora, chi era quella?»

Mi girai verso Faith, sentendo quella voce snervante e acuta che mi entrava in testa. Mi pulii la bocca con la manica della giacca, per togliere via il suo orribile sapore. Mi infuriai ancora di più nel vedere il suo sguardo marrone riempirsi di divertimento.

Feci per prendere il casco e andarmene ma lei mi mise una mano sul petto e graffiandomi con le unghie disse «Non mi piace che vai dietro a quella li, tu sei il mio sposo!»

Tolsi violentemente la sua mano dal mio petto, e la spinsi rudemente contro il muretto, e ringhiando proruppi «Smettila. Smettila maledizione! Non ti sposerò mai.»

Sputai quasi quelle parole tanto era il rammarico che provavo verso di lei. Era uguale a mia madre, la figlia che non aveva mai avuto, con la malvagità negli occhi.

La guardai con cattiveria, sprizzando odio da tutti i pori e, quando abbassò lo sguardo, andai finalmente alla moto, diretto a casa.

Nel tragitto che percorsi rividi gli occhi di Juliette, così innocenti e pieni di tristezza. Non potevamo vederci...ma io avrei potuto vedere lei no?

Cambiai rapidamente direzione con il volante e lasciai la moto ad un isolato di distanza dalla sua casa. Diventai invisibile e un velo opaco di diffuse intorno a me. Perfetto.

Senza fare rumore attraversai tutto il loro giardino, dopo aver scavalcato il cancello, e andai sul balcone che dava alla camera di Juliette. E la vidi, così perfetta nella sua bellezza e circondata dalle sue cose. I capelli corvini le cadevano morbidi sulla schiena, coprendo il volto che tremava leggermente.

Piangeva? Dio, speravo di no.

Tirò su la testa improvvisamente ed feci appena in tempo a spostarmi, prima che mi vedesse. Poi mi ricordai che ero invisibile. Sentii i suoi passi verso la finestra e trattenni il respiro quando uscì sul balcone, con la brezza del vento che le scompigliava i capelli. Tirò giù la testa e vidi una lacrima brillare sulla sua guancia. Poi i singhiozzi, solo quelli sentiva il mio cuore.

Si mise il viso fra le mani e rimase lì per quello che a me sembrò un'eternità. Una pioggia leggera aveva iniziato a scendere, ma Juliette rimase lì incurante di tutto.

Ad un certo punto qualcuno bussò alla porta e Juliette scattò subito su. Si asciugò le lacrime che aveva versato e andò dentro in camera, per vedere chi fosse entrato.

«No, voglio restare da sola.» disse Juliette. Sentii una voce rimbombante risponderle ma non capii cosa dicesse perché la pioggia aveva iniziato a scendere più forte, coprendo tutti gli altri suoni. Tuttavia lei rispose che stava bene e che sarebbe scesa dopo.

Andò verso la scrivania e prese un album da disegno rielgato in pelle. Lo aprì e strappò via rudemente dei fogli disegnati. Non capivo cosa ci fosse sopra finchè lei non li gettò per terra dopo averli accartocciati e allora vidi...oh.

Erano miei disegni fatti a matita nera. Il mio viso era di profilo e mi sorpresi nel vedere che sembra che quei disegni esprimessero calore. Pensai che quelle espressioni le avesse prese quando sorridevo a lei. Non avrebbe potuto essere in nessun altro caso.

Mi si stringeva il cuore nel vedere con quanta fatica poi Juliette li riprese nelle sue piccole mani tremanti e li riaprì stirandoli il più possibile. Con gesti frettolosi li ripose nell'album in pelle e riappoggiò tutto sulla scrrivanai.

Non mi ero accorto di essere entrato in camera fino a quando non urtai quasi il comodino, rischiando di farlo cadere. Juliette sparì in bagno poco dopo e quando sentii il flusso d'acqua provenire dal lavandino mi affaciai nella stanza, per guardarla. Si stava lavando la faccia, non preoccupandosi di far colare il trucco perchè lei non si truccava. Le sue lentiggini erano libere di essere viste ed erano adorabili, cosi....cosi. Quando si girò per asciugarsi la faccia passo sopra al mio viso ed io potei vedere gli occhi blu estremamente gonfi e arrossati. Ed era colpa mia, colpa di Fith e di mia madre. Pensare a lei mi fece salire una furia incontrollabile e dovetti respirare varie volte per riuscire finalmente a calmarmi.

Juliette mi passò di fianco ed io potei sentire il suo profumo così buono, di rosa ovviamente. Uscì dalla camera e chiuse la porta dietro di se, ed io rimasi da solo nella sua stanza.

La seguii per poter risentire il suo profumo, volevo toccarla disperatamente. Aprii la porta e fui fortunato nel vedere che nel corridoio non c'era nessuno, così fui libero di scendere le scale e andare dove sentivo che c'era Juliette. La trovai nella sala, a bere un thè con sua madre. Cioè solo Juliette beveva. Stavano parlando a bassa voce, così mi avvicinai lentamente.

«Lo so mamma, ma non ci riesco. Pensavo, pensavo davvero che fosse lui.»

La voce di Juliette era insicura e con una mano si scosto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, ed io mi stupii a osservarla, rapito.

«Mi dispiace tesoro. Mi dispiace tanto.»

Sua madre le avvolse le braccia dietro al collo e l'abbraccio, per confortarla, da me. La facevo soffrire maledizione, e anche se me l'ero ripetuto già precedentemente solo ora lo realizzavo veramente. Nonostante il mio corpo mi suggerisse il contrario con tutte le sue forze mi costrinsi ad uscire da quella casa e ad allontanarmi da lei, da Juliette. Dovevo stare lontano da lei per un po' di tempo, al meno finchè la situazione di Faith non fosse finita. Poi, se lei mi avrebbe voluto ancora con lei, sarei tonato per stare con lei. Per sempre.

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