Capitolo 5

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«Juliette?» il suo profumo mi circondava e il mio corpo automaticamente reagiva, rilassandosi come se fosse completo.

Si accucciò di fronte a me e mi disse «Stai bene?»

Alzai la testa e mi asciugai le poche lacrime che mi ero permessa di piangere.

I suoi capelli biondi erano meravigliosamente spettinati e le labbra così carnose e rosee imploravano di essere baciate in eterno.

«S-si, ho solo bisogno di un minuto.» spiegai, con voce debole.

Il ricordo mi aveva sopraffatta, e non ero riuscita a fermarlo in tempo.

Quanto vorrei che smettesse di ricordarmi ogni volta la sua presenza.

Sentii una sua mano accarezzarmi i capelli e istintivamente mi ritrassi, la sua mano sospesa a mezz'aria, ancora dove prima vi era la mia testa.

Il suo sguardo non espresse delusione, ma uno sguardo calmo, senza pressioni.

Mi riavvicinai timidamente e spinsi con la testa sulla sua mano, esigendo in suo tocco. La sua mano riprese ad accarezzarmi e improvvisamente mi rilassai completamente, come se il suo tocco bastasse a completarmi.

Mi chiesi se si sentissero così i compagni per la vita.

Rimossi subito quel pensiero, poiché la paura di una delusione era forte, e vicina.

«Hai voglia di dirmi quello che è successo?» la voce dolce di Ethan ruppe il silenzio che ormai da un po' librava nell'aria.

«Non adesso, un giorno.» Mi dispiaceva non potergli dire quello che mi era successo, ma non ce la feci a confidarmi.

Appoggiai la testa sulla sua spalla e mi lascia cullare dal movimento circolare della sua mano.

Passarono secondi, minuti, ore. Ma noi non ci muovemmo. Ci accarezzammo, o meglio, lui mi accarezzò, io mi limito a stare ferma, con la testa appoggiata alla sua spalla, contagiata dal sua calore.

Dopo un tempo eterno in cui i muscoli del mio corpo si erano tutti addormentati, Ethan si alzò e offrendomi la mano, mi portò fuori dall'aula, e percorremmo il corridoio in silenzio.

Quando fummo usciti mi resi conto di tutta l'intimità che c'era stata fra noi e non feci in tempo a parlare che lui disse subito «Vieni con me. Ti mostro una cosa.»

Si giro e andò con poche falcate al cancello della scuola, vicino al parcheggio.

Prese dei caschi appoggiati ad una moto nera, molto maschile.

Mi porse uno dei caschi, quello nero con una scritta argentata. Mise il suo e salì, porgendomi una mano per aiutarmi a salire. Mi chiedi da quanto tempo andasse in moto, poiché era la prima volta che salivò su una di queste, e un po' di paura c'era.

«Juliette, non permetterei mai che ti succedesse qualcosa di male. Fidati di me.» disse scendendo dalla moto. Prendendomi per la vita mi tirò su senza sforzo e, con delicatezza, mi mise seduta, allacciandomi il casco con cura.

Salì e partimmo rombando verso la strada.

* * *

Arrivammo nel cortile di una grande villa, bianca e imponente, con grosse colonne e alte finestre. Era magnifica.

Entrammo in garage e appena la moto si fermò, scesi subito, in modo maldestro e fin troppo frettoloso. Inciampai.

Ethan fu veloce, quasi non lo vidi, ma in poco tempo mi aveva presa per la vita e sbattuta, seppur in modo gentile, sul muro a fianco.

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