«No, non può essere» dissi, il panico crescente nella mia voce. Stavo andando sul balcone per vedere l'orizzonte quando, il mio sguardo si era posato sul punto in cui doveva esserci la mia rosa preferita.
Solo che non c'era.
Chi mai può rubare una pianta di rose? Era ormai il pensiero più frequente nella mia mente. Chiusi la finestra della mia camera e scesi le scale, attirata da un profumo al quanto gustoso, che proveniva dalla cucina.
Vi trovai mio padre chino su uno dei fuochi con la fronte aggrottata per la concentrazione.
Lui stava...cucinando?
Di solito era Dalia, la nostra cuoca a cucinare. Aveva settant'anni ma come tutti, aveva finito di svilupparsi a trenta. La cosa che incuriosiva di lei era che, eppur essendo una vampira, sapeva cucinare benissimo.
«Papà cosa fai? Dov'è Dalia?»
Chiesi velocemente, preoccupandomi che potesse esserle successo qualche cosa. Lui si giro con un timido sorriso che svanì subito alla vista del mio viso.
Mi studio attentamente e poi disse «Dalia sta benissimo, ha solo accompagnato tua madre in delle commissioni di prima mattina.»
«Piuttosto, cos'hai fatto al labbro? È gonfio e rosso.» disse corrucciando la fronte.
Istintivamente mi toccai il labbro con le dita. Ripensando a come me l'ero procurato un brivido mi salì per tutto il corpo.
Pensai velocemente ad una scusa e banalmente dissi «Oh niente, l'ho morsicato ieri sera, per sbaglio.»
Mio padre mi guardò come per valutare la mia risposta ma considerando che poteva sembrare un fatto da nulla, non indagò oltre.
Mi porse un piatto contenente dei pancake e ci aggiunse in po' di sciroppo d'acero.
Lentamente li presi e li posai sul ripiano in granito dell'isola.
Tagliandoli con la forchetta li portai alla bocca e feci i complimenti a mio padre: erano davvero buoni.
«Ah, hai presente la rosa rossa che ho sul balcone?» al suo cenno d'assenzio continuai «Non c'è più. Cioè è proprio sparita.»
Mossi le spalle alla sua faccia stupita e perplessa.
«Sei sicura? Perché se è così qualcuno è entrato senza essere visto in casa.»
L'unico che era entrato dalla finestra della mia camera era...oh, era stato lui? Davvero?
Arrossii ripensando al bacio di ieri e mio padre, per fortuna, non se ne accorse.
«Faremo controllare meglio la sicurezza. Ora vai a scuola, non ti preoccupare.» Accompagnò questa frase con un gesto della mano, molto sbrigativo, come se la faccenda non fosse così importante. Era davvero, poi, così importante?
Troppo domande giravano libere nella mia testa e mi scoprii a finire con gusto i pancake, che un po' mi avevano distratta.
Dopo aver salutato mio padre andai in camera per prepararmi alla scuola. Preso lo zaino scesi e, non trovando nessuno,
mi incamminai verso il garage da dove, la macchina di Fabian stava uscendo. Salii e subito ci immettemmo in strada senza complicazioni.
Arrivammo e scesi subito, impaziente di incontrare il soggetto dei miei pensieri. Entrai in classe e la prima cosa che mi colpì fu il colore rosso, a seguire il fatto che quel colore rosso, appartenesse alla mia rosa!
Risalii con lo sguardo dal basso verso l'alto dove due occhi dorati mi fissavano divertiti e maliziosi.
Trattenni il fiato e arrivai velocemente di fronte a lui e, anche se gli arrivavo solo alle spalle, provai comunque ha farmi 'sentire'.
«Sei stato tu?» chiesi senza preamboli.
Facendo una faccia innocente disse «Sono stato io a fare cosa?»
"Ha fare molte cose" pensai tornando indietro con la mente. Mi riscosso da pensieri poco innocenti sul suo piercing, così...figo, ad ornare il suo labbro così carnoso e così...così!
«A baciar-rubare la mia rosa.» Sentivo il calore salirmi sul volto, avevo detto qualcosa che non dovevo dire!
Il suo sguardo divertito mi inchiodava sul posto e dopo poco disse «Si, allora sono stato io, non vedi? Te lo portata, proprio da bravo gentiluomo.»
Chinandosi lentamente vicino al mio orecchio, il suo respiro che mi solleticava il collo disse «Il tuo labbro sta veramente bene, così rosso. Anche se un segno così piccolo non può bastare. Rimedieremo.»
Alzò il viso e prima di girarsi per andarsene sorrise in modo stupendo e disse «A dopo, mia Juliette.»
Rimasi li impalata per quella che mi parve un eternità, prima di portarmi la rosa al viso per annusarle. Subito il profumo di pino riempì le mie narici, già così abituata a quella droga che era la sua scia.
* * *
Passai il resto della giornata scolastica a passarmi la rosa sul collo, come una stupida ragazzina ossessionata dal suo idolo preferito. Era che il suo profumo era così perfetto!
Sospirando misi le cose nello zaino e mi diressi verso l'uscita.
«Hey Julie!»
Mi girai e trovai Sarah, mano nella mano con un ragazzo alquanto attraente.
Il sorriso della ragazza era molto grande, e si allargo ancora di più quando disse «Ti presento Ryan Thorne, è il mio ragazzo.» lo disse in modo orgoglioso continuando a sorridere mentre io invece, sbiancavo visibilmente.
Ryan era abbastanza alto con gli occhi castani e i capelli neri, e assomigliava molto a lui.
Sarah mi guardò in modo strano, e chiese «Tutto bene?»
Schiarendomi la voce dissi «Hai detto Thorne? Come Alexander Thorne?»
Speravo vivamente che lui non facesse parte della sua famiglia.
Ryan prese parola, dicendo «Come conosci mio padre?»
Ero terrorizzata e balbettando qualche scusa corsi verso l'entrata, sentendo l'eco del mio nome, da loro pronunciato.
Arrivai velocemente in una stanza vuota, chiudendomi alle spalle la porta e scivolando per terra mi presi la testa fra le mani.
Respiravo affannosamente, i ricordi che prevalevano nella mia testa, a ricordarmi cos'era successo anni prima. E i ricordi arrivarono, travolgendomi senza possibilità.
L'odore acro del sangue, riempiva la stanza buia e il suono del corpo della guardia che cadeva a terra mi rimbombava nelle orecchie, frastornandomi. «Cara, cara Juliette. Non te l'hanno mai detto i tuoi genitori di non giocare con le spine?»
Guardavo su, verso quella voce bassa e cattiva che mi avvolgeva, ipnotizzandomi.
I suoi occhi brillavano di eccitazione, pregustando il momento che sarebbe venuto dopo.
«Vieni Juliette, andiamo.»
Il suo potere mi circondava e contro la mia volontà il mio corpo si muoveva, avvicinandosi a lui.
La porta venne aperta proprio mentre l'uomo mi prendeva in braccio e si muoveva veloce, portandomi con se.
Sentivo le urla di mio padre e le lacrime di mia madre, che rendevano tutto più realistico e spaventoso.
«C-cosa vuole signore?» la mia voce infantile usciva insicura e timidamente impaurita.
La stretta sulle mie braccia si intensifico e un dolore mi trafisse il braccio dove lui con un coltello incideva la pelle, impedendomi di ragionare.
L'ultima cosa che ricordai prima di sprofondare in quelle braccia sconosciute fu «Tranquilla bambina, questo ti farà diventare più forte.»La mia mente fu libera in fretta, lasciandomi stranita e immobile. Sentivo dei passi che si avvicinavano, e poco prima che lui dicesse «Juliette?» avevo già capito chi fosse.
Il profumo ormai famigliare circondava la mia figura, rassicurandomi.
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Endless Love
VampireSospirai pesantemente alla sensazioni dei suoi baci che si spingevano verso il mio collo. Baci dolci, premesse di un esperienza oscura. Ethan appoggio la bocca sul mio collo e sentii i suoi denti allungarsi, fremendo dissi «P-puoi farlo. Fallo, lo...