Capitolo 6

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Quando entrai in casa, si percepiva una discreta carica di tensione.

Mi preoccupai ancora di più quando vidi mia madre ad aspettarmi: di solito, lei stava più in disparte quando c'era bisogno di rimproverarmi qualche cosa. Lei era, la parte più 'dolce' dei miei genitori.

Si alzò dal divanetto blu su cui era seduta, e mi rivolse uno sguardo, rammaricato, più che arrabbiata.

Prima che iniziasse a parlare dissi «Vado su, ho capito.»

Non disse niente e perciò, senza dire parlare, feci velocemente i gradini della scala e andai verso lo studio di mio padre.

Aprii la porta e vidi prima la schiena della sua sedia poi, quando si girò, il suo volto, chiaramente preoccupato.

«Siediti, Julie.»

Il fatto che mi avesse chiamata con un diminutivo, voleva forse dire che non era poi così arrabbiato come credevo?

Mi sedetti su una sedia di fronte a lui, e lo guardai, aspettando un rimprovero.

«Perché eri nella casa di Gabriel Aylion?»

La domanda mi colse alla sprovvista, credevo mi rimproverasse poiché non avevo avvisato, invece mi chiedeva perché ero lì? Mi scostai una ciocca di capelli dal volto e respirai profondamente. Odiavo quelle situazioni. Tutta l'apprensione, e l'ansia di aver fatto qualcosa di sbagliato.

«Mi hanno invitata.»

Preferii non specificare chi mi avesse invitato, mio padre pensava ancora come un uomo dei tempi addietro ed io non volevo essere trattata con una fanciulla innocente.

«Non vuoi dirmelo?»

Mio padre era una persona decisamente perspicace.

Cercai di fare una faccia combattuta, ma quello che ne uscì fu così strano che lui si mise a ridere.

E in un attimo accadde: tutta la tensione che c'era in casa, sparì velocemente e senza spiegazioni.

Mi sembrava che mi nascondesse qualche cosa, ma non indagai.

«Tranquilla, Jules, va bene. Eravamo solo un po' preoccupati.»

Fece segno con le due dita vicine e io scoppiai a ridere, divertita dalla scena.

Tornò serio per un minuto e mi disse di avvisare la prossima volta che avevo intenzione di rimanere fuori il pomeriggio. E io promisi, perché per passare un altro pomeriggio come quello, potevo promettere ogni cosa.

* * *

Entrai nella mia stanza con trepidazione e speranza. Speravo di vederlo li? Ci eravamo salutati solo poco tempo prima! Ero diventata già così dipendente da lui?

Accesi la luce, illuminando la stanza, alla ricerca di quegli occhi. Non li trovai ma vidi, al loro posto, un biglietto, sistemato sopra il mio letto.

Con mani tremanti lo aprii:
'Ci sono. Trovami.'

Voleva giocare? Va bene allora, giochiamo.

Annusai attentamente il biglietto e lo riposi sulla scrivania, poi andai di sotto, per uscire.

L'aria era fresca e a quell'ora vi era ancora un po' di sole, perciò andai direttamente nel bosco, seguendo la sua scia di profumo. Ringraziavo mio padre, per avermi dato quella caratteristica.

Spostai rami e felci della parte più selvaggia del nostro bosco e cercai di fare il più in fretta possibile.

Alla fine, mi ritrovai esattamente nel posto che guardavo ogni mattina, dalla mia finestra.

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