Fourth.

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- Bere birra sul divano mentre guardo film romantici non è la stessa cosa senza di te. - borbottai, tenendo stretto il cellulare all'orecchio.

- Anche a me mancano i nostri pomeriggi passati a demolire tutti i più famosi cliché e a discutere su chi sia il miglior supereroe. - sospirò Noah.

Ero tornata dal Canada due settimane prima, dopo aver versato un mare di lacrime nel salutare lui, le mie due amiche e Max... Già, Max.

In quei due mesi mi aveva davvero insegnato a divertirmi senza pensieri e paranoie, regalandomi un'avventura estiva indimenticabile, ma da quando ero tornata non lo avevo sentito molto spesso. Lui aveva iniziato il college e anche io, in più c'era il fuso orario , e il mio nuovo lavoro nel piccolo negozio di animali in centro, e mille altre cose.

Invece, io e Noah ci sentivamo almeno tre giorni alla settimana, cercando di far coincidere alla perfezione gli orari (anche se ogni tanto uno dei due sbagliava e chiamava l'altro nel cuore della notte), e portando avanti le nostre vecchie discussioni.

- Discorso stupido, ad ogni modo, è ovvio che Spiderman sia meglio. - affermai, ridendo leggermente.

- Charlie, non tiriamo fuori questa cosa un'altra volta, lo sai che ti polverizzerei. -

- Certo, come vuoi. - alzai gli occhi al cielo.

- E non alzare gli occhi al cielo! - mi rimproverò lui.

- Ma come...? - domandai incredula, incrociando le gambe sulla panchina su cui ero seduta, spostando il mio sguardo a destra e incontrando un volto familiare che già stava guardando verso di me.

Mi si raggelò il sangue nelle vene. - Ormai ti conosco troppo bene. - ridacchiò lui.

- N-noah ti posso richiamare? - balbettai, ancora sconvolta.

- Si, certo. Va tutto bene? - domandò, con voce preoccupata.

- Si, si, devo solo fare una cosa. - asserii, chiudendo la telefonata e dirigendomi lentamente verso la panchina su cui si trovava lui.

- È bello rivederti, Charlie. -

- Dominic. - dissi semplicemente, specchiandomi negli occhi del ragazzo con cui ero stata per più di due anni della mia vita.

Ci eravamo conosciuti in seconda superiore ed io mi ero immediatamente innamorata; solo che lui era il ragazzo più popolare della scuola, mentre io avevo gli occhiali più spessi mai visti sul pianeta terra e un ridicolo apparecchio ai denti. Poi, l'anno successivo, ci eravamo ritrovati a dover fare insieme un progetto di scienze (cliché, lo so) e tra di noi era scattata la scintilla.

Ci mettemmo insieme una settimana più tardi e restammo una coppia fino a poco prima del diploma, dopodiché decidemmo che ognuno avrebbe dovuto prendere la propria strada senza lasciarsi condizionare dall'altro, quindi, di mutuo accordo, decidemmo di lasciarci con la tipica frase "se è davvero destino, ci rincontreremo".

Ed ora eccoci lì.

- Pensavo fossi in Canada. - mormorò lui, rimanendo fermo nella sua posizione.

- E io non sapevo che tua madre aspettasse un bambino. - indicai il passeggino che teneva davanti a sé, nel quale potei scorgere il viso di un bellissimo neonato.

Lui si grattò il collo e rivolse un piccolo sorriso verso il basso. - È una bambina. E non è mia sorella, ma la figlia di mia cugina Summer. -

- Summer? - domandai incredula. - Ma ha solo sedici anni! -

- Già. - annuì lui, con uno sguardo amareggiato. - Ha lasciato la bambina sul portico di casa nostra due settimane fa e lei è scappata con il suo fidanzato. Mia zia Lucy non vuole saperne nulla, e io non so che fare, ma non posso portarla all'orfanotrofio. -

Latte e menta [5sos]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora