Daddy pt. 2

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- Non rispondevi alle mie telefonate! - esclamò lui, con uno sguardo preoccupato.

- Quindi sei venuto fin qui? - ero sempre più sconcertata.

- Si, sono saltato sul primo aereo per Sydney appena ho capito che qualcosa non andava. - mi spiegò. - Quindi il minimo che puoi fare è lasciarmi entrare e raccontarmi cosa sta succedendo. -

Io mi feci da parte e lo accolsi nel mio salotto, preparandomi psicologicamente ad affrontare il discorso che tanto arduamente mi ero ripromessa di evitare.

- Tu siediti, io ho portato una cosa che sicuramente ti farà sentire meglio. - mi intimò lui, dirigendosi nella mia piccola cucina con passo deciso, togliendosi a malapena lo zaino dalla schiena.

- Non avrai intenzione di farmi ubriacare, vero? - domandai.

- No, anche se immagino che la versione ubriaca di te sarebbe piuttosto buffa. - replicò, sedendosi accanto a me e porgendomi un bicchiere pieno all'orlo di un liquido verde chiaro.

- Che diavolo è? -

- Latte e menta, mia cara Charlie. - mi spiegò, con un sorriso. - La miglior medicina per ogni occasione. -

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- È lui! - esclamò Grace estasiata. - Lui è papà! -

Le sorrisi caldamente. Sapevo che lo avrebbe capito, a quel punto.

- ANCHE PAPÀ DICE SEMPRE CHE IL LATTE E MENTA È LA MEDICINA MIGLIORE PER OGNI OCCASIONE! - si mise a saltellare sul letto, sempre più impaziente di scoprire quale dei quattro fosse il fantomatico prescelto. - QUINDI NON SONO STATA ADOTTATA! -

Non riuscii più a trattenermi e scoppiai in una breve risata. - Esatto, ma ti rimangono ancora tre possibili candidati. -

- Giusto! - esclamò Grace, tornando a sedersi di fronte a me ed attendendo con occhi spalancati che io proseguissi.

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Terminato il delizioso bicchiere di latte e menta (che mi aveva davvero fatta sentire meglio), mi sistemai a gambe incrociate davanti al folle ragazzo che si era fatto un interminabile viaggio in aereo solo perché aveva capito che qualcosa non andava, e, con un sospiro, mi preparai a raccontargli ciò che mi dava il tormento.

Rimase tutto il tempo in silenzio ad ascoltarmi, senza mai interrompermi o darmi un parere.

- Quindi io non so che fare. È vero che io e lui siamo stati bene insieme, ma... ma non credo di amarlo ancora e soprattutto non me la sento di dover crescere una bambina a diciannove anni! Ho appena iniziato il college, e ho un nuovo lavoro, e voglio essere una ragazza normale che si innamora di un ragazzo normale. - conclusi io, incrociando le braccia al petto e stringendo le labbra in una linea sottile.

Scese un ambiguo silenzio tra di noi per qualche istante, poi, improvvisamente, lui si alzò e mi tese una mano per aiutarmi ad alzarmi.

- Dove stiamo andando? - domandai confusa.

Lui non mi rispose e mi trascinò delicatamente verso la porta d'ingresso, aprendola ed uscendo fuori, sotto una pioggia battente che non mi ero nemmeno accorta stesse cadendo.

- Ma sei impazzito? - urlai, dalla soglia. - Torna dentro, sta diluviando! -

- Non sono impazzito, sto solo aspettando. - rispose lui, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

- Aspettando cosa? - domandai, incredula.

- Che tu ti renda conto che ho fatto un interminabile volo compresso in un sedile scomodo, accanto ad un bambino che ha vomitato tre volte, soltanto perché non mi rispondevi al telefono e avevo capito che qualcosa non andava. -

Latte e menta [5sos]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora