Capitolo 8 Delirio

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Delirio

"Allora?" chiese Justin spronandomi a dire qualcosa
"I-Io non so cosa dire" confessai in completo stato di shock
"Allora di che ti piace" suggerì Justin poggiando una delle sue mani sulla mia spalla sinistra.
"Hai portato tutto questo da casa mia?" Domandai avvicinandomi al divano posto di fronte a noi.
"Certo, è stato semplice" mi confessò.
"È molto bello" bisbigliai sentendo il mio cuore battere all'impazzata per ciò che i miei occhi stavano scrutando.
Due braccia mi strinsero dal dietro e qualcosa di soffice solleticò il mio mento. Abbassando lo sguardo potei vedere le punte dei capelli di Justin che mi accarezzavano provocandomi una sensazione piacevole.
"A nessuno è parso strano che una ditta di traslochi prendesse i mobili del salotto di casa tua. È bastata una scusa inventata sul momento per farli stare tranquilli" disse ridendo fra sé e sé probabilmente ripensando a ciò che aveva fatto.
"Probabilmente domani riusciremo a sistemare la cucina" mi informò facendomi sobbalzare e un barlume di speranza si accese dentro di me rendendomi all'istante sollevata.
"I tuoi colleghi ti aiuteranno con i mobili?" Alla mia domanda Justin spostò la sua fronte dalla mia spalla e annuì. "Un mio caro amico mi aiuterà a portarli in casa" appena le parole caro amico lasciarono la sua bocca il mio volto si rabbuiò nuovamente.
Nessuno mi avrebbe salvata da questo incubo, o almeno non subito.

Mentre il mio sguardo fissava il vuoto, Justin si alzò osservando la stanza arredata e un'idea gli attraverso la mente:
"Potremmo uscire a ridipingere le pareti della casa" propose riportandomi nel mondo reale. Quando Justin non ricevette nessuna risposta da parte mia uscì dalla stanza. Sebbene provassi un senso di paura e pentimento nel non avergli risposta, da una parte ero felice di non averlo intorno. Purtroppo i miei sentimenti non erano facilmente deducibili dal momento che una momentanea fase di paralisi mi teneva immobile.
Non sapevo bene quanto tempo fosse passato da quando Justin mi aveva lasciata sola e appena fece la sua apparizione con due barattoli di vernice in mano sospirai. A lui non importava ciò che volevo o non volevo fare, per questo motivo non si arrabbiò quando feci scena muta, anche se avessi riposto con un no lui sarebbe andato comunque a prendere la vernice.
Poggiando entrambe le mani sul divano mi diedi la spinta necessaria per alzarmi e portando il mio sguardo sul volto di Justin capii che avrei dovuto mostrare un po' di felicità per quello che saremmo andati a fare.
L'ha ci sono altri due barattoli di vernice, io ti aspetto fuori" mi informò mostrandomi un enorme sorriso per poi avviarsi verso l'uscita.
Respirando profondamente camminai a passo lento verso il corridoio e chinandomi afferrai i due pesanti barattoli di vernice.
A passo lento uscii dalla casa e appena gli occhi di Justin si posarono sulla mia figura lo vidi avvicinarsi per prendere i due, pesanti, barattoli di vernice.

Mentre Justin era impegnato a raggruppare tutto il necessario per sistemare i muri danneggiati io iniziai a guardarmi intorno, speravo con tutto il cuore che qualcuno mi riconoscesse.
"Prima di tutto eliminiamo la pittura già esistente con queste spazzole di metallo" mi istruì passandomi l'oggetto interessato.
Prima di iniziare osservai il metodo che utilizzava lui e successivamente lo imitai.
Non ci vollero molti minuti prima che le mie braccia iniziassero a far male, eppure, rispetto a Justin, avevo fatto pochissimo così decisi di usare la spazzola di metallo per qualcosa che mi sarebbe stato più utile.
Lanciando uno sguardo verso il ragazzo alla mia destra notai che non prestava minimamente attenzione a me così, allontanandomi dalla muro cercai di colpirlo con l'oggetto che tenevo per le mani.
Come se il ragazzo avesse avuto gli occhi sulla nuca; schivò il mio attacco a mi immobilizzò premendo il mio corpo contro la parete.
Le gambe iniziarono a tremare per la paura che stavo provando e la vista iniziò ad annebbiarsi in pochi secondi.
"Lasciami andare, non lo dirò a nessuno" dissi per poi scoppiare in un pianto liberatorio.
"Ti prego" bisbigliai tra i singhiozzi.
Il ragazzo alle mie spalle portò due dita sul mio zigomo e delicatamente le Face scendere fino ad arrivare all'inizio del collo, una serie di brividi percorsero tutto il mio corpo e un senso di pericolo iniziò ad insinuarsi nella mia mente.
Mi avrebbe uccisa adesso? Qui fuori? Dove qualcuno poteva vederci? No, non correrebbe questo rischio.
"Continua a fare la brava e non ti sarà fatto alcun male tesoro" mi sussurrò avvicinando le sue labbra al mio orecchio.
Il corpo di Justin si allontanò leggermente dal mio in modo a permettermi di ricompormi. Improvvisamente sentii i suoi pollici accarezzare le mie guance per eliminare ogni lacrima.
"Non sono cattivo quindi non obbligarmi ad esserlo" disse guardandomi dritta negli occhi, con un solo sguardo riuscì a provocare in me una miriade di brividi dovuti alla paura.
Mentre Justin riprendeva il lavoro che aveva interrotto a causa mia io raccolsi tutto il coraggio che mi era rimasto in corpo e mi preparai ad urlare a squarcia gola per catturare l'attenzione di qualcuno.
Tutto ciò che volevo gridare era un aiuto. Ma evidentemente tutto il coraggio e l'audacia l'avevo precedentemente usata per cercare di aggredirlo, in quel momento il mio corpo non rispondeva ai comandi del mio cervello.
Non so dire per quanti minuti rimasi immobile a fissare la parete d'avanti a me, solo di una cosa ero certa; qualcosa di tremendamente freddo era appena entrato in contatto con la mia guancia e parte del mio corpo.
La mia reazione fu quella di emanare un piccolo grido per lo stupore e di balzare in direzione opposta da dove era arrivato il corpo estraneo che, era ancora presente sulla mia pelle.
Solo dopo aver spostato lo sguardo su Justin riuscii a capire cosa era accaduto.

Vernice.
Vernice bianca ovunque.

La risata dolce di Justin ancheggiò nella mia testa. Il mio stupore aumentò quando l'ennesima macchia di tinta colpì i miei vestiti.
Era riuscito realmente a passare da minaccioso a ragazzo divertente?
In quel istante capii che precedentemente, della sua mente non avevo capito assolutamente nulla e, probabilmente neppure adesso ero veramente riuscita a capire cosa lo tormentata.

Camminando indecisa verso uno delle lattine contenenti la vernice decisi di camuffare l'ennesimo tentativo di fuga.
Facendo appello a tutta la forza che avevo in corpo sollevai completamente il baratto stracolmo di vernice e glielo lanciai contro cercando di mirare alla testa. Avrei voluto colpirlo per lasciarlo incosciente, far finta di aiutarlo e poi darmi alla fuga. Se si fosse ripreso avrei finto delle scuse, avrei detto che non avrei mai voluto fargli del male.
Purtroppo la mia mira non era una delle migliori e sotto la risata del ragazzo osservai il barattolo entrare in collisione con il suo petto. In una frazione di secondi la maglia di Justin divenne bianca e io, sfruttando la sua momentanea distrazione, iniziai a correre verso il cancelletto che mi separava dalla libertà. A questo punto mi giocavo il tutto per tutto, al diavolo. Dovevo uscire da quel quartiere malfamato.
Quando voltai la testa per osservare Justin lo vidi pronto alla rincorsa e come il mio corpo entrò in collisione con il cancello, sentii due braccia tirarmi verso il dietro.
Un urlo di disperazione uscii dal mio corpo come se da esso ne dipendesse la mia vita, e in effetti era proprio così.
Justin rise scambiando il mio urlo di paura e disperazione come un urlo di divertimento ed iniziò a ridere senza controllo.
"Piccola svitata potevo farmi molto male" disse il ragazzo portandosi sopra il mio corpo steso inerte sull'erba. Una volta immobilizzata avvicinò le sue labbra sul retro del mio collo e vi piazzò dei baci.
La mia respirazione era più che accelerata e i miei occhi minacciavano di annebbiarsi per le lacrime nuovamente.
"Qualcosa non va nella tua bella testolina" bisbigliò prima di alzarsi e con lui fui trascinata anche io.
Il mio corpo tremava dal troppo stress e mentre i miei occhi osservarono la parete, per metà ridipingere correttamente, fui costretta dalla voce di a girarmi verso di lui trovandolo senza maglia.
"Va a farti una doccia, qui finisco io. Potresti metterla a lavare?" Mi domandò in fine porgendomi la maglietta sporca di vernice. Con un espressione confusa sul mio volto annuii e lentamente mi diressi verso la porta di casa.
Cosa stava accadendo?
Perché un minuto prima mi sentivo pronta a scappare e l'istante dopo seguivo i suoi ordini come un cagnolino?
Cosa stava facendo quel ragazzo al mio cervello.
Ad ogni modo il piano iniziale era fallito, se lo avessi tenuto buono per qualche ora, senza farlo innervosire, avrei ritentato la fuga.

Entrando nella casa la prima cosa che feci fu guardare fuori dalla finestra per osservare i movimenti del mio sequestratore. Non sapevo come avesse fatto a sentire i miei occhi sul suo corpo tatuato ma voltò il suo viso verso di me e sorridendo mi fece un occhiolino.
Tutto ciò mi confuse ancora di più e mentre Justin si avvicinava al muro per iniziare nuovamente i lavori di pittura io mi tolsi la maglia e i pantaloni impregnati di vernice e, appena trovai il bagno, li depositai nella cesta dei panni sporchi.

Scappa, esci da quella maledetta casa! Continuavo a ripetermi.

Senza pensarci due volte non mi curai di essere rimasta solo col mio intimo indosso e mi catapultai verso la prima finestra che dava sul retro.
inutili furono i tentativi di aprirla come quelli di spaccarla e come essa anche tutte le altre.
"Vetri anti proiettili" bisbigliai battendo un pugno sul muro.
Un senso di disperazione mi invase e mi ritrovai accucciata in un angolo della cucina a piangere e a maledire il giorno in cui tutto aveva avuto inizio.

Ma di una cosa era sicura, forse non lo avrebbe fatto quel giorno ma da lì a poco sarebbe scappata e quel giorno Justin l'avrebbe pregata di non denunciare tutto l'accaduto.
Allora si che si sarebbe sentita soddisfatta.

Un giorno Justin l'avrebbe pagata.

Ma probabilmente era solo il delirio del momento.
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Il Ragazzo Nell'Ombra ||Justin Bieber & Selena GomezDove le storie prendono vita. Scoprilo ora