La Caduta

187 3 4
                                    

Karnak la meravigliosa, Karnak la splendente, la perla dell'Impero. Il sogno vivente. Nel corso delle epoche, Karnak ha avuto molti nomi. Molte specie hanno cercato di definirla, molti hanno deciso di abbeverarsi alla fonte della sua incredibile bellezza fino a morirne.
Ne sarebbe valsa la pena, sempre: venti triliardi di abitanti, strutture immense che si perdono per interi anni luce, soli piegati a fornire energia in modi impossibili per la loro geometria spaziotempo. E Karnak la domina, quella geometria.
Per tutti i sistemi in cui esiste: interi sciami di lune costrette su orbite assurdamente artificiali, a fare da affresco cosmico generazione dopo generazione; edifici che collegano diversi sistemi stellari, distorcendo nel loro percorso la stessa metrica spaziotempo; strutture artificiali larghe frazioni di parsec, la cui funzione si perde nella nebbia di ere passate. Karnak era tutto questo. Ora la sua fonte di energia è stata attaccata, distrutta. Ma la fine è lenta per Karnak: sede dell'Impero da un milione di anni, così potente da far inchinare l'universo stesso al suo cospetto, anche la sua morte ha una maestosità perdurante.
La doppia sfera Dyson al punto Lagrange 3 del sistema complesso di mondi dominato da Karnak, un colosso talmente massivo che piega la ricezione della sua stessa immagine, ruota semisventrata su un asse instabile. Fonte di energia esotica per la sede dell'Impero, la Doppia Dyson adesso è un affresco dell'orrore che domina i cieli.
Un fiotto di radiazioni emerge dal suo corpo distrutto, e prosegue in due direzioni per centinaia di migliaia di anni luce. Una ferita mostrata in giro per il cosmo da fotoni ebbri del sangue dell'Impero, riverberata da ondate gravitoniche potenti come il respiro di una pulsar.
La potenza dell'impero karnakiano era tenuta assieme dalla darknova rinchiusa dentro le due Dyson, un mostro energetico dalle capacità illimitate, un evento costante di blackioni del diametro di cento parsec, bidimensionale, creato nei tempi in cui l'Impero dominò le prime sfere Dyson coassiali necessarie per attingere alle dimensioni esotiche da cui le darknova provengono.
Ma la darknova è esplosa: con i suoi tempi. Ossia, sfibrandosi e pulsando in una lenta agonia.
Karnak non è ancora distrutta: la capitale del primo e unico Impero Galattico non muore in un giorno.
Alle propaggini meno evolute delle galassie sotto l'egida karnakiana, la notizia del declino della città-interplanetaria arriverà dopo altri cicli cosmici: la capacità di dominare l'informazione attraverso i megrav, laboratori che occupano intere stelle unitroniche il cui unico scopo è il calcolo entangled dell'unispazio, cede per prima. Karnak è esclusa dalla fusione mest, mente energia spazio tempo. Lo slacciamento progressivo dalle funzioni ed energie dell'unispazio renderà via via meno veloci e meno precise le comunicazioni. I megrav, da ripetitori cosmici al costante servizio dell'impero, si trasformeranno in involucri vuoti difesi da sistemi e flotte inutili perché colte alla sprovvista, vittime di una inspiegabile e inconcepibile arma che ha colpito da una direzione e in un modo nemmeno ipotizzabili.
Nabuconosor può però ancora sentire all'istante quello che accade nel raggio della sua immediata iper percezione: l'urlo sospeso di dieci alla dodici cittadini imperiali, che da entità allacciate con il loro imperatore supremo e con tutte le macchine e i pianeti di Karnak diventano in un istante misere creature slanted, scorporate dalla matrice unispazio, nella mente di Nabuconosor risuona come un boato cosmico.
Eppure, in un certo senso essi sono privilegiati perché sanno cosa sta accadendo: le galassie inferiori, guidate dai Proconsoli, dovranno attendere nel loro continuum lento che sia la velocità della luce a trasmettere il disastro. Il tessuto comunicazione-energia istantaneo garantito dalla darknova è infranto. E non potranno difendersi se l'ira che ha abbattuto Karnak si rivolgerà anche contro di essi: il loro ruolo di cuscinetto è fallito, il colpo di decapitazione diretto al centro dell'Impero si è rivelato possibile.
Karnak adesso è sola; la sua immagine, folgorante ferita anti-isotropa che sarà visibile da tutte le sue galassie tra molto tempo, si trasmette verso il futuro del cosmo seguendo un disegno voluto da esseri il cui sguardo ha una forza divina. I Titani. Sono loro che hanno dichiarato guerra a Karnak?
È questo che l'ultimo Imperatore Nabucodonosor teme: l'attacco di una coalizione di divinità, molti Dei che scientemente abbiano deciso di unire le forze contro la sede del suo Impero. Una simile follia potrebbe aver generato l'energia necessaria per la calamità che si è abbattuta sulla sua Karnak. Una follia talmente inconcepibile che l'Impero non ha mai speso risorse per programmare una qualche difesa, una reazione, o uno schema di eventi per un disastro di quella portata.
Adesso, Nabucodonosor fissa l'abisso della disfatta come un tempo fecero i suoi lontani predecessori: cyberyumani, supremi, perfino alieni bioenergetici si sono alternati nella lunga storia di Karnak e tutti hanno ceduto molto prima di trovare anche soltanto il barlume di quella luce che lui è stato in grado di accendere e che adesso è in via di disfacimento.
Nabucodonosor, il Re dell'unispazio, il Conquistatore, lo Scudo Sacro delle molte Galassie, adesso è anch'egli un relitto. Possente, imponente, pur sempre capace di generare con il minimo sforzo di volontà calcoli, informazioni, dati la cui potenza proiettiva ancora è senza eguali, ciononostante egli sente il peso di una sconfitta totale e inevitabile. Senza la fusione mest, senza il contatto megrav con l'unispazio, egli è più solo che mai.
Non ode più in maniera istantanea come era abituato nessuna delle innumerevoli menti dei sui cittadini, delle sue armate, dei suoi pretoriani; niente dai Supremi potenziati che diligentemente guidano le innumerevoli flotte  imperiali, nulla più dai pianeti Gaia senzienti, buio nero dove un tempo udiva l'orribile e magnifico ritmo delle stelle unitroniche, mistiche entità in parte durissimi soli neutronici, in parte eccezionali strutture artificiali autocostruentesi, esistenti in dimensioni frattali tra la realtà del continuum e l'unispazio.
Dalla superficie del platenoide centrale Tel Ber Karnak, poliedro largo quattro uA orbitante sulla stella bruna Solaston, Nabucodonosor osserva gli enormi edifici capitali sedi del suo potere muoversi con maestosità nella troposfera di Tel Ber Karnak.
Uno di essi, luminoso arco scintillante, gli sembra di poterlo toccare con mano. È l'Enchiridion, il palazzo imperiale, dove si trova il più potente computer unispaziale dell'Impero: l'Occhio.
L'Imperatore non può più raggiungerlo come un tempo, con il solo volerlo. Con il solo pensiero.
Su tutta la superficie di Tel Bel Karnak ode e registra esplosioni, massacri, scontri. Può solo immaginare che la stessa cosa si stia propagando ovunque nel suo Impero.
Il luogo dove si trova adesso è la Agorà Mentale, il pianoro energizzato di Tel Bel Karnak accessibile solo a lui; l'attacco è avvenuto mentre stava rigenerando il suo tessuto multimentale, periodico bagno di potere per l'essere (un tempo?) più completo e potente del creato. Ma non superiore ai Titani.
La tregua con quelle entità era durata ere cosmiche; cosa l'aveva rotta? Questo disastro è opera della loro volontà? Esseri talmente alieni da non considerare degne di attenzione creature con aspettativa di vita inferiore al milione di anni, si erano evidentemente rivoltate all'unisono contro il più grande consesso di specie-dna mai realizzato nell'universo.
Nabucodonosor può immaginare (non osa porre in essere le computazioni per passare dall'immaginazione alla schematizzazione scientifica: le risorse di calcolo gli serviranno a breve per scopi di più immediata sopravvivenza) solo un altro evento capace di scatenare una simile furia, un impegno distruttivo così totale contro un Impero che domina materia ed energia. Quello che gli stessi Titani additarono come minaccia estrema. Il Kraken.
La creatura schiava dell'unica cosa di cui i Titani abbiano mai avuto paura: l'inflatone. Nabucodonosor si ricorda ancora, loggandosi alla struttura a spugna dello spazio dati integrale cui solo lui può accedere dentro l'Agorà Mentale, il disturbante dialogo instaurato per convincere i Titani che l'universo era abbastanza grande da consentire una pacifica convivenza tra entità che pensano e vivono su archi temporali totalmente incompatibili tra loro.
Cioè tra i Titani stessi e le creature che sprezzantemente essi definiscono "specie-DNA", come Nabucodonosor e i suoi sudditi.
Essi gli avevano risposto parlando di universi, al plurale, dicendo che i Varianti influiscono come parassiti sui Primari, mostrandogli schemi che avevano rischiato di fondere la sua pur potente mente, discettando di come l'inflatone, mitologico campo quantistico mediato da una unica particella, considerata anatema anche da potenze che si erano arrogate il titolo di nuovi Dei, stava banchettando cibandosi di ogni fonte di intelligenza.
Parlavano di quel campo quantistico come fosse una entità viva e senziente: gli imputavano crimini su scala cosmologica, esperimenti di portata inimmaginabile, e guerre passate e future che l'Imperatore faticava a inquadrare tra le (molte) nozioni a lui note.
E poi accusarono lui, Nabucodonosor, di intelligenza con il Nemico per tramite dell'araldo di quest'ultimo: l'abominio Kraken che spinge gli Universi uno contro l'altro, il mostro che vive negli enormi e incomprensibili spazi che l'Inflatone ha creato tra le esistenze dei diversi cosmi. Tra i Primari, quegli Universi che rispondono a leggi fisiche proprie, e i Varianti, incubi a molte dimensioni che invece non hanno regole, non hanno struttura, sono caos puro che si avvinghia e vive succhiando linfa vitale ai Primari, come un parassita.
Il Kraken è il corrotto e demente direttore d'orchestra dei Varianti. E risponde alle oscure potenze che hanno creato l'Inflatone.
Nabucodonosor non aveva compreso questa serie di profezie, più simili alle balbettanti teorie pre-scientifiche degli sciamani che a profferimenti usciti dalle labbra di potenze demiurgiche.
È forse questa minaccia totale, il Kraken, che adesso ha distrutto tutto il suo mondo? O è davvero l'ira dei Titani per la sua presunta alleanza con un essere di cui nemmeno capisce la natura, né percepisce l'esistenza? Non si domanda nemmeno "perché" adesso; la prima velata minaccia dei Titani risale a decine di migliaia di anni fa, tempo per lui lungo ma per quegli esseri cosmici, praticamente nullo. Probabilmente nella mente dei Titani la loro decisione di attaccare l'Impero è stata immediata.
La forza equivalente, si dice mentre ancora è in grado di svolgere pensieri in simili proiezioni di calcolo, necessaria per svellere in quel modo le Dyson sarebbe stata una onda gravitometrica centrata su di esse equivalente al collasso di un esorbitante numero di buchi neri supermassivi. Un evento oltre i limiti del possibile contro cui non esisteva alcun concepibile sistema di sicurezza: le Dyson non potevano far altro che morire. Per questo, le uniche entità da mettere all'indice come potenziali colpevoli erano davvero strutture senzienti cosmiche del rango dei Titani, o del Kraken.
Nabucodonor è convinto che deve raggiungere l'Enchiridion, accedere all'Occhio, e interrogare sulle opzioni ancora praticabili (se ve ne sono) l'unico di cui adesso è costretto a fidarsi: il Neviim.
Chiuso nelle segrete del palazzo imperiale, forzosamente collegato all'Occhio, ultimo rappresentante di una razza sconfitta, simbolo di cosa accadeva ai tempi in cui ancora esistevano sciocchi che volevano resistere alla creazione dell'Impero anche nelle sue incomplete forme primigenie, costretto a una vita parimenti vicina all'immortalità come quella di Nabucodonosor, ma per sempre schiavo, sottomesso e obbligato a rivivere giorno dopo giorno gli orrori e le sofferenze inferete al suo dissolto popolo mentre l'Occhio sfrutta il suo cervello per proiettare senza che lui possa opporsi i risultati dei suoi percorsi mentali, e tradurli in predizioni eccezionali.
Nessuna macchina, nessuna scienza, nessun artefatto alieno recuperato dalle molte specie con cui l'Impero è venuto in contatto nei secoli ha mai potuto comprendere, sostituire, superare quell'essere supremamente antico e le profezie contenute nel suo cervello, capaci di pronostici incredibilmente accurati, al punto da garantire un eccezionale vantaggio al nascente Impero: sapere dove, quando e chi avrebbe fatto la prossima scoperta scientifica, predire la presenza di specie ostili, condurre alla vittoria complesse invasioni multi-stellari senza dover accedere ad alcun sistema computazionali. Ma anche armonizzare l'integrazione di nuove civiltà dentro l'Impero, consigliare su come riorganizzare tutte le strutture sociali, logistiche, di approvvigionamenti, di scambi commerciali, culturali tra le enormi distanze spaziotempo di un Moloch che sarebbe arrivato a comprendere galassie, tenuto assieme dalla qualità al limite della magia dell'unispazio.
Tutto questo e molto altro era Matusalemme, come era chiamato da quello che un tempo era il suo popolo, popolo prontamente eliminato dalla polizia imperiale degli albori. Neviim, come si faceva chiamare lui stesso, in una lingua oramai scomparsa. Un potete, utile servo violentemente privato del libero arbitrio in modo radicale: può pensare quello che vuole, sperare quello che vuole, anche urlare; l'Occhio sarà sempre in grado di retro ingegnerizzare gli schemi dei suoi pesi sinaptici e ricavarne le sue eccezionali predizioni. 
Ora, sull'orlo dell'apocalisse, Nabucodonosor non aveva realisticamente altro cui aggrapparsi; poteva percepire le menti di silicio e quelle biomorfe staccarsi e sgretolarsi sotto il peso del disfacimento dell'Impero. Il Neviim, imprigionato ma anche protetto dall'Occhio, era sempre stato immune a qualsiasi fusione, innesto psicorete, aggancio a reti dati, allacciamento mest: era unico, e uniche le sue capacità. L'Occhio era capace di gestire quell'eccezione, attraverso la comune connessione calcolo diretta con l'unispazio. E l'unispazio era immune al cambiamento, alla vita, alla morte. Alla distruzione. Quello tra l'occhio e il Neviim era un matrimonio perenne tra una macchina prodigiosa e un aruspice immortale.
Se non avesse agito, l'imperatore rischiava di perdere quel potente binomio di conoscenza e di rimanere solo in mezzo a una guerra civile di inimmaginabile portata, senza poter fare altro che osservare l'orrore finale e immaginare un futuro di barbarie che si sarebbe esteso a tutte le lontane propaggini del suo impero.
Dall'Occhio, una volta raggiunto, avrebbe forse potuto azzardare anche un altro corso di azione: espandere nuovamente quello che resta della sua psicorete neurale, riallacciare i cordoni tecnochimici tra Lui e i suoi sudditi. E condannarli di fatto alla distruzione, solo di un tipo diverso: l'impatto improvviso della sovrapposizione forzata della psicorete avrebbe trasformato in un battito di ciglia miliardi di anime perse in miliardi di insetti adoranti. Lo avrebbero acclamato come un Dio: una oscena distesa di ticchettii, uno stuolo di utili idioti, una danza demente sulla soglia del nulla. Probabilmente, se ne sarebbe potuto servire per una ultima guerra. Ma il nemico, oltre a non essere facilmente individuabile e definibile, aveva già sferrato il suo colpo migliore, un maglio di potenza inaudita. Guerra? no, gli serviva un'altra soluzione.
Il Neviim era quella soluzione; o almeno così sperava. Rinchiuso dentro l'Occhio, il Neviim persisteva da tempo immemorabile anche per i criteri estremi dell'Impero. Nabucodonosor riusciva a interpretare le premonizioni del Neviim per tramite della potenza di calcolo dell'Occhio: oggetto eccezionale, iperesteso nelle dimensioni dell'unispazio e potenziato dalle infinite energie in esso contenute, l'Occhio poteva integrarsi e interfacciarsi con tutto.
Inclusa la struttura mentale unica del Neviim, per estrarne le informazioni simili a vaticini che nessun altro computer o essere vivente potenziato era in grado di formulare. Senza il supporto delle sfere Dyson, tutti i sistemi dell'Impero stavano morendo, qualcuno più lentamente di altri ma il declino e il disfacimento erano inevitabili. Anche l'Occhio presto sarebbe andato incontro alla fine.
L'Enchiridion stava reggendo, ma lo avrebbe fatto ancora per poco. Nabucodonosor poteva vedere nello spazio delle fasi del suo cervello sfilacciarsi i sistemi secondari dell'Enchiridion, vedeva interi registri e meccanismi sfaldarsi e diventare inutili. Percepiva i primi malfunzionamenti nei complessi sistemi di alimentazione dell'Occhio. Senza quella connessione, quel carcere ipertecnologico, il Neviim sarebbe tornato ad esprimersi nell'inefficiente linguaggio umano, per lo più per enigmi e allegorie, e la sua mente sarebbe tornata insondabile. E autonoma.

Il Richiamo Di OceanusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora