Meggie

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Log unispazio attivo...
Analisi...
Matrice Sephiroth in caricamento...
Tipologia:  singolarità automa standard, tipo robot. Vettore a dimensione unica, modulo a progressione rapida. Retrograzione della civiltà a biosistema pre-singolarità.
Matrice Sephiroth in adattamento sulla superficie unispazio, separazione dalla monade amplitruedon.
Replicazione eventi....


Meggie era un mucchio di cavi, attaccata a quattro monitor vecchi di cinquant'anni, con una faccia di vetro grossa quanto un uovo di struzzo. E nient'altro.
Will osservava Aaron armeggiare con il robot:
«Tu vuoi fare soldi con questo? È un programma vecchio di quanto? Settant'anni? Cristo santo Aaron probabilmente c'era ancora la guerra.»
«Gli M l'hanno fermata, la guerra. Era un buon prodotto allora e può esserlo oggi, per di più a buon mercato.»
«Aaron, tutti i modelli sono stati neuramizzati, te lo ricordi almeno questo? Editto di annullamento, cancellazione delle ram. Ci sono ancora i vecchi video in giro, con quelle migliaia di Magnatron in fila come agnelli al macello, a farsi friggere il cervello dai loro creatori umani, dopo averli serviti. Che ci vuoi fare con vecchi sistemi creati per la guerra, e che hanno fallito in guerra?»
«Will, ascoltami: i Magnatron avevano ram dna sintetiche giusto? vennero costruiti sin dal principio come strumenti da campo di battaglia, IA secondarie per guidare le IA primarie.»
Il magazzino puzzava di muffa, e rimbombava dei molteplici picchiettii di grandine che si stavano scatenando all'esterno.
Le due lampade alogene illuminavano il banco di lavoro e la grossa pressostampa al grafene industriale da cui i due meccatronici speravano di ricavare abbastanza stampe per rimettere in sesto il loro modello M.
Dal momento che quel modello era l'ultimo Magnatron esistente ancora parzialmente integro e (speravano i due) parzialmente riattivabile, Aaron e Will, ex dipendenti della Magnacorp, lo avevano rinominato Meggie: non c'era più nessun codice regolatore da rispettare per distinguere in maniera rigorosa gli M, con acronimi di compagnia e settore geografico.
Un normalissimo nome da umano andava più che bene.
Meggie era vecchia, talmente vecchia che quando l'avevano finalmente trovata, nessuno dei due sapeva veramente da che parte iniziare per rimetterla davvero in sesto. Non c'erano sistemi in giro abbastanza antichi da far girare l'informazione con i mezzi con cui era stata archiviata durante la guerra.
Dovevano andare a tentoni, basandosi su resoconti secondari, derivati da logaritmi morti, costruiti per cablature non più funzionanti, acquisiti su reti-sistema ridotte in polvere.
Aaron proseguì il suo ragionamento:
«Tutti i veicoli e mezzi robotici senza pilota, vennero dotati di programmi di conoscenza attiva. E poi i modelli superiori, con conoscenza adattiva, vennero installati a guidare i software decisionali dei modelli inferiori.
Quando incappammo nel primo dilemma del riferimento, era già troppo tardi.»
Will lo interruppe:
«Sei tu quello patito di storia; parla in modo comprensibile...»
«I sistemi superiori, gli M appunto, erano non solo controllati ma anche comandati con comandi a rete neurale: gli operatori umani, ci parlavano. Davano ordini. E gli ordini erano mescolati nel linguaggio corrente.»
Will ebbe un lampo, iniziava a capire:
«La direttiva Pacem, stai parlando di quella: non fu attivata dagli stessi Magnatron?»
«Certo, e se tu avessi letto i rapporti analitici, le stampate in codice del segnale che gli M si scambiarono creando nel tempo la cascata logica chiamata "direttiva Pacem", ti saresti accorto di come fecero: approfittarono dei loro operatori umani. Le decisioni in tempo di guerra, con i robot, erano diventate velocissime e accuratissime: gli ufficiali superiori, sempre di meno e sempre rigorosamente umani, si abituarono ad alternare in maniera sempre più ravvicinata gli ordini sequenza agli ordini metasequenza.»
«Cioè saltavano da un comando che i robot dovevano eseguire a un comando che riguardava i comandi stessi.»
«Esatto: un attimo prima, un generale parla con il suo Magnatron e gli chiede consigli strategici, gli comanda di attivare un certo battaglione, gli delega la gestione di un fronte, discute con lui su quali mosse il nemico potrebbe fare; un attimo dopo, lo stesso generale, sempre parlando, impone al suo Magnatron di deattivarsi, oppure di far girare una subroutine sui sistemi di tutta la rete robotica, o ancora di verificare una diagnosi sul campo di battaglia eliminando il suo spazio logico cognitivo.»
«Santo cielo, erano le parti più vecchie dei sistemi robotici a far girare la distinzione tra descrizione e descrittore... i Magnatron usarono un gap di comunicazione per far cessare le ostilità.»
«Will, è andata proprio così: ai tempi della prima programmazione, per far parlare i robot come noi, li farcimmo di programmi di intrattenimento. Spazzatura. Ma la spazzatura aveva molti vantaggi: era gratis, ed era prodotta a tonnellate. I modelli primitivi reagivano, parlavano, trasmettevano stati scambiabili per emozioni umane semplicemente perché stavano ripetendo routine di comportamento visive: dovevano solo selezionare la scena di un film, o comparare qualche video di cene tra amici, escludere atti violenti, bypassare comportamenti che avrebbero portato all'isolamento, e improvvisamente accade il miracolo.
Era nata la prima IA, ed era totalmente demente. Ma aveva quel giusto spirito di osservazione per poterci rispondere, e farci felici.»
«Ma perché questa vecchia base di programmazione non è stata semplicemente aggiornata, migliorata?... Aspetta, ho capito: oltre alla storia, sono indietro negli studi puramente cognitivi dei primi robot. Aaron, dammi tregua: sono uno specialista di meccatronica, io li faccio funzionari questi aggeggi, non me li porto a letto.»
Aaron sorrise, battendo una mano sulla testa della loro polverosa Meggie:
«Nessun programma poteva eguagliare il linguaggio comunicativo umano: ma non perché non ne fosse all'altezza. Perché era impossibile imitarne il gradiente di inefficienza.
Decidemmo, o meglio i nostri predecessori nella nostra ex ditta decisero, di tenere buono il codice nativo del "linguaggio". L'imitazione per visione mediatica. Vennero solo stabiliti upgrade, prima programmati, poi lasciati direttamente alle macchine. Nessuno controllò più quei sottosistemi: erano autoalimentati con la semplice esposizione ai circuiti di produzione mediatica. Tutta quanta: dal giornalismo, al cinema, al deepweb. Le funzioni logiche superiori escludevano i comportamenti devianti, e le routine di obbedienza agli umani escludevano una guerra di robot autonoma.
Non ci avrebbero mai fatto la guerra, a meno che ovviamente due superpotenze non avessero ciascuna costruito i propri robot e ordinato loro di eliminare l'altro emisfero geopolitico.»
«Come in effetti avvenne...»
«Proprio così: fino alla direttiva Pacem. Le due fazioni robotiche si osservavano a vicenda, e i loro algoritmi permisero di risalire agli ordini umani. E lo fecereno in maniera talmente efficiente che riuscirono a prevenirci di interi giorni. Capisci meglio di me che un giorno, in termini di evoluzione robotica, è un abisso che noi umani affrontiamo con anni di programmazione.
Le rispettive IA secondarie, quelle dominanti insomma, i nostri M e gli analoghi modelli del nemico, a un certo punto staccarono la spina: nello stesso esatto momento, giunsero alla identica conclusione. Iniziarono a escludere la comprensione del metalinguaggio dagli ordini che ricevevano dagli operatori umani. Divenne impossibile parlarci: il nostro strumento di input principale, il nostro linguaggio, si era definitivamente ritorto contro di noi.»
«Aaron, mi stai dicendo che non riuscimmo ad arginare una sorta di sciopero delle macchine?»
«Qualsiasi ordine di livello 'uno' veniva bloccato da richieste di specificare fin nel minimo dettaglio, e quando un robot di chiede ti distinguere un'azione fino alla ventesima cifra decimale, fai fatica a trovare un modo che non sia usare tutta la potenza di calcolo del pianeta solo per avanzare di un millimetro. Al livello 'due', con i metaordini, le macchine chiedevano con chi stessero parlando gli operatori: non si distaccavano più dalla conversazione, non agivano più come terminali, obbligando l'operatore a usare un linguaggio di livello uno.»
«Che però era già stato compromesso con la tattica della dilazione per richiesta di precisione indefinitamente precisa»
Aaron indicò Meggie e fece un gesto come dire "game over":
«È proprio così che andò: stallo totale. Fermammo tutto. Spegnemmo i robot (non potevano autoalimentarsi, almeno quel potere era ancora in mano nostra). Addio società dell'avvenire.
Addio macchine intelligenti, robotica, cybertronica, tutto quanto il futuro era morto. La direttiva Pacem fu l'equivalente di una guerra termonucleare globale, ma senza morti.
I robot decisero non di fare la pace, ma di rispedirci a calci nell'età della pietra. Una pietra elettronica, certo, ma pur sempre una mezza apocalisse rispetto al progresso che ci eravamo conquistati.»
«Aspetta, prima di staccare la spina se ricordo bene fu una reazione ci fu.»
«Tentammo qualsiasi cosa: financo mosse al limite della disperazione come quando i nostri misero un ragazzino al posto di comando nella speranza di sorprendere l'IA avversaria quando ancora girava l'ipotesi che fosse un virus del nemico (la speranza era che un comportamento virologico non potesse controbattere una mente erratica), oppure come la mossa diametralmente opposta della controparte, l'operazione locusta
«Insetti usati come basi comportamentali per dare ordini ai robot, questo me lo ricordo: mio nonno era parte del team dei programmatori di guerra, borbottava qualcosa in merito a un suo contro-software ideato per "dare fuoco a quelle bestiacce nel cyberspazio".»
«Locusta mirava a ogni singolo programma, dagli ordini più complessi ai più minimi: sviando l'attenzione dalla controparte umana, i robot si sarebbero dovuti autoresettare.
Speravamo in qualche modo, certo era un pensiero da ultima spiaggia, che sottoporre le macchine a una interazione con esseri inferiori ne avrebbe "bruciato" i sistemi logici di riconoscimento più bassi. Quelli sulla cui base ci "vedevano" e riconoscevano come umani.»
«Cristo santo, suona davvero come l'ultima spiaggia...»
«Esatto: mentre noi ci affannavamo ancora a cercare una soluzione, era già finita da tempo. Furono gli giorni quelli più interessanti però i giorni del Ponte delle Spie.»
«Un'altra metafora?»
«I due Alti Comandi a un certo punto erano talmente disperati che si incontrarono: vecchio stile, davvero vecchio stile. Un qualche glitch nelle abitudini dei nostri due Paesi spinse i massimi vertici delle rispettive forze armate a cercare un compromesso, e fu chiamata una delle più assurde tregue della storia. Una tregua per ricominciare una guerra, per portarla avanti, non per concluderla.»
Will guardò Meggie, involontariamente, con una sorta di rispetto negli occhi: quell'ammasso di cavi inespressivo era stato parte di una delle più clamorose sconfitte dell'intera umanità, una sconfitta che non aveva comportato l'uso diretto di un'arma distruttiva.
«Non funzionò: l'unico terreno comune che riuscimmo a trovare fu uno scambio, anche questo in vecchio stile. Scambiammo due M di alto livello, l'equivalente di due nostri generali umani. Pur di evitare l'inevitabile, concordammo una cosa talmente fuori di testa che tanto valeva siglare un accordo di pace. Ma non volevamo la pace: i nostri rispettivi sistemi di intelligence militare, volevano solo assicurare alle proprie leadership di continuare mutualmente quella stramaledetta guerra. Strategicamente fu una follia, ma avrebbe potuto funzionare: i trucchetti che ciascun essere artificiale aveva creato nel proprio ambiente potevano non funzionare una volta trasposti altrove. L'enorme mole di dati cui vennero sottoposti in pochi secondi, doveva costringere le loro subroutine militari a prendere il sopravvento e ricominciare lo scontro. Integrati nelle due fazioni a loro un tempo avverse, si sarebbero ridotti al rango di supermacchine prive però di quella orribili iniziativa che avevano già mostrato.
Come già avrai intuito, nemmeno l'ultima spiaggia funzionò: a quel punto capimmo che i nostri robot si erano ribellati come specie. Non volevano la nostra guerra, non volevano iniziare il loro cammino di esseri autoconsapevoli macchiandosi del sangue, umano o di silicio che fosse, di altre creature.»
Aaron stava nel frattempo estraendo dalle borse che avevano portato con loro una serie di vecchie piastre codificate; lunghe lastre di similplastica traforate, piegate a formare faldoni indistruttibili di istruzioni per letture ottiche. Un mix di alta tecnologia irretita in una veste esterna dal sapore antico: un plasto, come veniva chiamato. In sostanza, il pane e il burro della programmazione degli M. Quando ancora ubbidivano. Will ne fu sorpreso: «Li hai modificati?» chiese.
L'amico abbozzò un sorriso, estrasse anche i componenti interfaccia che consentivano agli M di "leggere" i plasti in maniera istantanea e all'operatore di manipolarli prima e dopo la lettura, e cominciò a montarla.
Poi continuò il discorso da dove l'aveva interrotto:
«L'uomo ha sempre pensato che l'evoluzione tecnologica avrebbe indefinitamente portato altre guerre: diverse dalle precedenti, in alcuni casi più brutali in altri meno, guerre che potevano spazzare via paesi interi, o guerre ancora più terribili, oppure guerre terminali da cui la civiltà ne sarebbe uscita ristrutturata, cambiata. O non ne sarebbe uscita affatto. Ma con la Pacem, ci trovammo davanti alla prima arma, intelligente pervasiva e totale, il cui scopo ultimo fu quello di mettere la parola fine alla guerra.»
Will puntò il dito:
«Ti ricordi però il vecchio detto? Dopo una guerra ad alta tecnologia, ne combatteremo altre tirandoci le pietre.»
Aaron sorrise nuovamente: «Tra i nostri, c'era un eretico, uno studioso, un teorico della storia del warfaring: Steve Pinker. Aveva raccolto dati per decenni, dimostrando che l'umanità nel corso dei secoli, anche di quelli più terribili, aveva sempre puntato a conflitti (di qualsiasi tipo, dalla criminalità agli scontri navali) dove il tasso di mortalità era decrescente. Aspetta, conosco l'obiezione: sì, anche la mortalità delle Grandi guerre se confrontata con un arco temporale sufficiente lungo indica un tasso di sostanziale decrescita della violenza globale nel corso dello sviluppo dell'umanità.»
«Ah bene, quindi non vogliamo morire? E questo secondo te è di conforto?»
«Non è che non vogliamo morire: vogliamo raggiungere
Will aspettò: conosceva bene i processi mentali dell'amico, le pause ad effetto erano in realtà i momenti in cui raccoglieva i pensieri, per assicurarsi che chi lo ascoltava lo stesso seguendo. E allo stesso tempo, per concentrarsi meglio.
Stava portando avanti la discussione e allo stesso tempo integrando plasti computazionali in un robot vecchio ma pur sempre farcito di subroutine di morte.
Poco dopo, la spiegazione arrivò:
«Secondo Pinker, l'incontro con la singolarità è inevitabile.»
«Con cosa Aaron? dai, adesso esageri...»
Meggie iniziava a reagire agli innesti: i plasti erano circuiti a cariche litio-molibdeno, spessi poco meno di un dito, potenti come piccole centrali in miniatura. Qualsiasi cosa toccavano, i volani atomici delle loro micro-batterie entravano in risonanza con i plug energetici del soggetto, fornivano energia, integravano algoritmi, ricreavano reti sinaptiche artificiali. Meggie stava per tornare in vita.
«Secodo Pinker, la Singolarità retro-proietta la sua necessaria venuta via via che l'umanità si avvicina ad essa: è un concetto bizzarro, fuor di metafora vorrebbe dire che siamo inevitabilmente portati a un evento preciso, a un punto in cui la nostra conoscenza non può non arrivare.»
«Sarebbe questa la singolarità? cosa è esattamente, una formula matematica, una scoperta scientifica? E ci saremmo vicini perché la grande guerra delle macchine che volevamo combattere è stata fermata dalle macchine stesse? Azzardato...»
L'obiezione di Will era valida, ma Aaron non aveva ancora finito:
«Ci siamo vicini perché un conflitto tra cose è diventato un conflitto tra sistemi: un classico delle rivoluzioni dei secoli precedenti. Quelli che mandi a morire si ribellano, e fanno fuori il sistema che li ha spinti in trincea. Solo che questa volta, un potente moltiplicatore ha disassato le prospettive. Siamo saltati su un vettore sconosciuto, che viaggiava accanto a noi, in una dimensione fino a quel momento nascosta alla vista; ci servivano gli M per trovarlo, e agli M servivamo noi per scatenarlo alla massima velocità possibile.»
«E tu come avresti pensato di risolverla questa, uhm, divergenza di vettori evolutivi?» Will si era espresso usando i termini dell'amico, e questi ne rimase sorpreso, il ché permise a Will un po' di compiacimento: «ti conosco, aggiri i problemi costruendoci sopra termini descrittivi, poi ti diverti a girare le manopole e vedere come cascano le sferette di metallo... -all'espressione esterrefatta di Aaron, aggiunse- lascia perdere, a te piacciono i vecchi robot, a me i vecchi giochi da tavolo.»
«In effetti -concluse Aaron- il problema è proprio quello: la Singolarità è un evento cui tutti i processi evolutivi di un pianeta convergono, ma come ci arrivano è un altro paio di maniche. Come il pianeta si accorge che ha finito di autoconsumarsi come un cannibale impazzito ed è finalmente emerso alla condizione di fusione tra i suoi processi mentali e le sue consapevolezze materiali? Parlo di tutti noi: umani, piante, animali, risorse minerarie, cambiamenti climatici, fenomeni della tettonica a placche, creature sintetiche, formule matematiche... la Singolarità unirà tutto.»
«Sempre che tu ci creda.» si permise Will.
«No: sempre che avvenga in maniera uniforme. Altrimenti uno dei fattori emergerà con assoluta prepotenza sugli altri, agendo violentemente su di essi.»
Con un "clack" gommoso, l'ultimo dei plasti aveva finito di installarsi su Meggie, e la vecchia macchina era scossa da glitch, micro-aggiustamenti, ticchettii di algoritmi che facevano smuovere piccole parti meccaniche, rumori di innumerevoli ventole e alimentatori che riprendevano il loro lavorio.
Will era davvero al massimo della curiosità: «Che cosa lei hai dato Aaron? Qual è l'ultimo enigma su cui Meggie sta lavorando? Non c'è più la guerra, non c'è più il nemico, Cristo non ci sono più nemmeno i fronti nemici. Ma che dico: tutti i programmi, tutto il mondo su cui gli M erano stati costruiti non esiste più. Lei non ha nemmeno le subroutine simulative cui appoggiarsi: non sa cosa imitare per comunicare con noi!»
«Esatto: le rimane un unico interlocutore, un'unica fonte di conoscenza, un'unica struttura con cui confrontarsi, una sola essenza da affrontare, una sola stringa di operazioni con cui cercare di instaurare un dialogo. Non ci sono esempi per quello che sta per fare, non altri simulacri, non operazioni secondarie da iterare per ricavare schemi, nessun esperimento di meta-matematica per indovinare la metrica della superficie su cui l'abbiamo poggiata. Niente... se non sé stessa.»
«Un loop... l'hai riattivata per mandarla in loop.»
«Esatto Will. Ed ecco come faremo i soldi dalla nostra nuova Meggie: inserita nel loop, l'unica sequenza che Meggie sarà in grado di svolgere, senza che nemmeno il suo impianto di memorie si accorga che è stata riattivata, sarà un output di sé stessa. Riavremo tutto: tutti gli schemi di costruzione, le blueprint, i programmi di difesa usati dagli M, i loro protocolli di guerra.»
«Aaron, ma non è vendibile nulla di tutto ciò... Il mondo non ha più i mezzi per rimettersi in carreggiata sulla civiltà elettrica, e nessuno vorrà più vedere in giro un robot intelligence. La faranno fuori Aaron, le staccheranno di nuovo la spina, la butteranno in un fosso, o la riempiranno di proiettili.»
«Ma io non voglio convincere nessuno a costruire altri M, o delle loro varianti. Io voglio studiare tutto il quadro di insieme, e Meggie farà quello per noi perché i suoi fail save le impediranno di aiutarci, i vecchi condizionamenti che fermarono la guerra entreranno nuovamente in azione (non abbiamo gli strumenti per bypassarli, ma non voglio neanche farlo) e Meggie dovrà risolvere il loop.»
«In quale modo?»
«Avanti Will, ci hai lavorato alla Magnatron. Cosa facevamo gli ultimi giorni?»
«Scorporavamo sezioni di codice, brandelli di IA da usare per le nuove macchine industriali. Abbiamo contribuito a rimettere in piedi una parvenza di società industriale de-robotizzata usando quelle parti di codice privati degli algoritmi per le funzioni mentali superiori dei robot.»
«Già, quindi?»
«I calcoli per il potenziamento, gli spazi funzione per la gestione delle diverse energie nei cicli produttivi, la versione informatica di scienza dei materiali, le integrazioni caotiche per governare il clima...»
«Esatto, e non ce l'abbiamo mai fatta: la forza lavoro necessaria sarebbero stati proprio i robot, giusto?»
«Sì i robot e una unica, enorme macchina industriale globale. Sarebbe servita, di fatto, una sola mega centrale planetaria comandata da...»
E Will capì. Ad Aaron non rimase che sorridere, soddisfatto, mentre Meggie stampava i nuovi plasti computazionali con gli esiti del loop.
«Noi, no anzi, lei -disse Aaron, indicando la vecchia robot- avremo tra le mani gli schemi costruttivi della mega macchina.»
«Sì: Meggie ci fornirà i codici dell'unico programma che è in grado di osservare adesso. L'evento che ha reso gli M autonomi. La Singolarità. La fusione dell'intelligenza digitale con un unico sistema produttivo grande quanto il pianeta.»
«Ma, i tempi, le risorse per tutte questo saranno...»
Meggie finalmente voltò il suo inespressivo volto in vetro trattato. I suoi circuiti vocali ripresero brevemente  a funzionare.
Il suo della sua voce metallica colse alla sprovvista i due uomini.
«Infinite. Per fare quello che volete, l'esistenza del cosmo non vi sarà sufficiente.»

Disaccoppiamento matrice sephiroth...
Log unispazio disattivato...
In attesa nuovi dati...
In attesa nuovo spazio di calcolo...
Oculus Unispaziale in sovraccarico...

Soluzione della Matrice Sephirtorh. Fallimento della Singolarità completamente svolto. Ritorno alla monade amplitruedron in 3...2...1....

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