Martedì mattina andai in centro per incontrare Irvin. Era un ragazzo alto circa 1 metro e 70, magro e con capelli molto scuri, occhi neri, aveva una leggera gobba che mi infastidiva molto. Avevo una grande voglia di raddrizzargli la schiena,ma chiaramente non era un comportamento adeguato. Sembrava simpatico per il suo comportamento presuntuoso ma allo stesso tempo impacciato e goffo. Aveva una camminata molto "particolare" : teneva i piedi ben distanziati fra loro, le ginocchia costantemente piegate, le mani sempre nelle tasche, con un'andatura altezzosa, il ragazzo emanava sicurezza da tutti i pori. A vederlo da lontano sembrava ridicolo. Indossava un leggerissimo cappottino color cammello che ricordava quelli che portano gli investigatori. Gli faceva le spalle gigantesche. Era sempre sorridente. Mi salutò abbracciandomi in maniera calorosa, come se ci conoscessimo da anni. Mi sentii a mio agio. Ci sedemmo a prendere un caffè in un bar in centro città. Irvin mi raccontò che era un fotografo e che gli sarebbe piaciuto farmi delle foto. Diceva che avevo quel fascino adatto per dei film drammatici. Li per lì risi, credevo si stesse burlando di me. Poi però continuò a ripeterlo in maniera seria così iniziai a convincermi di quello che mi diceva. Mi raccontò che anche suo padre era un fotografo. Morì durante una crociera in un set fotografico. Disse che ebbe un infarto, probabilmente perché collegando qualcosa di elettronico prese una lieve scossa e non ci fece troppo caso. Aveva gli occhi lucidi mentre me ne parlava. Successe 5 anni prima. Irvin scelse di intraprendere quella carriera in onore di suo padre. Quelle parole mi commossero. Sapevo quanto è dura perdere un genitore. Irvin era originario dell'Australia, non mi disse precisamente di che città. Mentre sorseggiava il caffè gli cadde la tazzina addosso e si sporcò la maglia ed i pantaloni. Stavo per morire dal ridere ma mi contenni . Presi dei fazzolettini e cercai di pulirlo, ma quella situazione diventò imbarazzante. Dopo aver pagato ci salutammo e ce ne andammo ognuno per la propria strada. Irvin mentre camminava mi fissava e nel farlo non vide un gradino e cadde. Si rialzò in un batter d'occhio e continuò a camminare per la sua strada facendo finta di nulla. Ero confusa, non capivo come sapesse dove abitavo, come mi conoscesse e neanche perché mi trattasse in maniera calorosa, però non sembrava avere cattive intenzioni.