Piove. Come ogni giorno. Riesco ormai a captare ogni singola goccia cadere sul tetto di casa mia e quel fastidioso rumore mi riempie le orecchie e la testa. Vorrei fare altro e non stare alla finestra, ma il tempo non scorre. I secondi passano lenti e io sento la barba crescere sul mio mento. Continuo a rigirarmi tra le mani questo stupido biglietto. Una sola parola nera su un foglio bianco come la neve: Addio! Non provo dolore, solo tristezza e nostalgia.
Chiudo gli occhi per pochi secondi. Rivedo quel momento come se fosse solo ieri. Un bacio sulla guancia mentre esce di casa, le accarezzo i capelli e lei mi sorride. Sembra la solita mattina, una mattina piena di dolcezza e amore, ma poi, la sera, lei non torna e io trovo questo biglietto. Non riesco a soffrire, forse me lo aspettavo.
La mia unica fortuna è che ci sei ancora tu. Quando sei tornata da scuola, ho sentito le tue manine abbracciarmi e la tua voce chiamarmi. Ecco l'unico posto in cui voglio stare, il tuo abbraccio, un abbraccio che non fa male, dal quale non mi posso difendere. Amo il tuo sorriso. Nonostante lei se ne sia andata, tu non hai smesso un attimo di sorridere. Mi disarmi con la tua dolcezza e serenità, mi disarmi con i tuoi abbracci pieni di affetto e mi disarmi con i tuoi teneri baci.
Mentre tu ridi e giochi, io sento di avere un vuoto dentro, un vuoto dal quale non voglio difendermi, non ho bisogno di riempirlo, voglio sentirlo tutto, fino in fondo. Ma non adesso, adesso ho bisogno di un tuo abbraccio, quindi mi alzo da quella barbosa sedia, esco da quella stanza piena di ricordi e ti raggiungo per abbracciare ancora il mio amore. Ciao, piccola mia, adesso voglio cantarti una canzone, perché ti amo e voglio che tu lo sappia.
Non ho armi, ma solo queste grandi mani che ti faranno da scudo, amore mio.
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Non abbiamo armi
General FictionPer capire a fondo le storie è necessario ascoltare l'album "Non abbiamo armi" di Ermal Meta.