Fine dicembre 2024
Un raggio di sole colpì la sua pelle sporcata ad arte da intensi e affascinanti tatuaggi.
Zaira stava seduta sveglia sul letto, coperta malamente da delle lenzuola bianche stropicciate e i capelli arruffati disordinatamente sulle spalle mentre un sorriso, impossibile da misurare, faceva capolino sul suo volte.
Era dannatamente affasciante e più il tempo scorreva più lei se ne innamorara irrimediabilmente.
Federico si mosse nel letto, in quella calda mattina di fine Dicembre, e si stropicciò gli occhi prima di aprirli completamente accompagnando il tutto con un sonoro sbadiglio.
«che ore sono?» le chiese guardandola e portandosi un braccio dietro la testa prima di appoggiarvela contro.
Il bicipite era contratto e Zaira era totalmente assorta ad osservarlo provando a cercare la dignità che sapeva avesse ancora seppure faticasse enormemente a trovarla.
Si chinò con il busto, lasciando che le coperte scivolassero leggermente, ed osservó l'orario dall'orologio digitale posto sopra il comodino della loro stanza in hotel.
«le nove del mattino» gli disse e in risposta Federico sbadigliò nuovamente e Zaira rise molto divertita dal viso assonnato di suo marito.
Il toscano non era mai stato un tipo dormiglione ne uno a cui bisognava puntare quattordici sveglie consecutive per tirarlo giú dal letto ma l'Africa sembrava aver modificato questa cosa.
Le venne voglia di dirgli "la notte leoni la mattina cojioni" ma se lo tenne per se anche perché doveva ammettere che era colpa sua se la notte precedente avevano fatto le ore piccole.
«alle due del pomeriggio abbiamo l'escursione safari, pensi di riuscire a tirarti su e via dal letto?» si abbassò su di lui a pochi centimetri da quelle labbra che aveva martoriato molto bene e prima di baciarle vi soffiò sopra.
«l'Africa ha un delizioso effetto su di te» il commento slash battuta di Federico la fece sorridere.
«andiamo tigre, per un po' di sesso?» certo, se si fosse resa conto del passare delle ore, effettivamente avrebbe potuto constatare che i suoi ormoni sembravano impazziti.
«vengo a giocare in Africa, è deciso» la prese per le cosce e nuda, come era, la fece accomodare sul suo ventre, osservando con amore e dedizione il corpo della donna che amava in una maniera quasi viscerale.
Era profonda la connessione che sentiva di avere con Zaira e non riusciva a spiegarsela ne tanto meno a spiegarla a qualcun'altro.
«quando abbiamo organizzato questa gita, pensavo avremmo dovuto fare escursioni, vedere animali esotici» persino lei trovò divertente l'idea che stesse palesando sapendo bene che le cose stessero andando proprio, anche se in maniera discreta, come erano state pensate, Zaira si trattenne dal dire una delle sue battute maliziose e si morse le labbra.
Federico giocava e si allenava praticamente tutti i giorni ed era seriamente difficile coinciliare gli impegni di lui con quelli di lei, per di più Zaira ci provava a rimanere sveglia per il rientro di Federico ma appena si assicurava che Fede facesse ritorno dall'ennesima trasferta, a cui purtroppo Zaira non aveva potuto prendere parte, faceva giusto in tempo a dargli il bacio della buonanotte per poi crollare nel sonno.
L'università era più difficile di quello che aveva pensato e gli impegni della casa non potevano rimandarsi a lungo andare soprattutto dato che per avere la giusta privacy, la donna delle pulizie la aiutava una volta sola alla settimana evitando cosi di invadere i loro spazi.
«te ti sei già abbronzata bene» Federico le accarezzó la pelle dorata delle cosce e poi all'improvviso si issò su con il busto e le fece cacciare via un urlò prima di scoppiare a ridere.
«idiota, pensavo di finire a terra» cosa che difficilmente si sarebbe potuto verificare dato che la presa di Federico era possente e lei lo sapeva più che bene.
Le baciò la pelle sotto le clavicole, pericolosamente vicino al seno, lasciò baci roventi ma umidi allo stesso tempo e Zey non potè far altro che intrecciare le sue dita ai capelli corti di Federico e di sospirare andandogli incontro.
L'ultimo ricordo, prima che la sua mente si annebbiasse, fu un delizioso albero della savana Africana che rivolgeva lo sguardo ad un sole cosi cocente da scaldare tutto.
Fu l'ennesima sveglia, programmata ad arte sui loro smartphones, a mettergli fretta altrimenti avrebbero saltato il safari, l'effettiva attività che avrebbero dovuto fare e che li aveva spinti a scegliere il Kenya e non la solita meta turistica estiva super gettonata in cui era facile, anche fin troppo, ritrovare tutti i colleghi e far apparire il tutto come una specie di gita scolastica.
«questi pantaloncini sono corti» decretó e Zaira girò gli occhi all'indietro e gli mandò un bacio volante prima di recuperare un cappello in perfetto stile Indiana Jones.
A guardarsi bene sembravano pronti per andare a caccia o per arruolarsi con i marines americani ma come sempre Zaira non riuscì a non pensare quanto figo fosse Federico.
Gli vide indossare la Canon al collo e aspettarla in piedi dinnanzi la porta mentre lei terminava di allacciarsi le stringhe degli stivaletti che aveva acquistato proprio per l'occasione.
Nicolò e Roberto li avevano presi in giro, anche parecchio a lungo, quando la sera prima della partenza, Federico e Zaira, avevano aperto le valigie per completarle e avevano tirato fuori tutto questo arsenale da perfetti escursionisti nemmeno stessero andando alla scoperta dei sentiei nascosti dentro le piramidi d'Egitto.
«pronta, andiamo» chiusero la loro stanza aspettando l'arrivo dell'ascensore e sapevano benissimo che fossero in ritardo di alcuni minuti e che l'istruttore che li avrebbe accompagnati in questa cosa wilde, proprio come piaceva a loro due, li stesse aspettando solo perché Federico era Federico e un cliente come Federico andava aspettato senza nemmeno stare a lamentarsi.
Quando giunsero in hall, il gruppo era già radunato e al loro arrivo ci fu un generale appello giusto per essere chiari e sicuri di non essersi dimenticato qualcuno e poi salirono sulle jeep free lander che l'agenzia di viaggio aveva affittato per loro.
Federico aveva omesso, in quanto voleva farle una sorpresa, che nel loro giro di safari ci sarebbe stata inclusa un incontro molto ravvicinato con una tigre, chiaramente addestrata perché a nessuno piaceva l'idea di doverci rimettere le penne.
Da quando Zaira aveva associato il suo nome e la sua carriera alla figura della tigre, Federico non aveva potuto far altro che sentirla propria al punto che alla fine al secondo anno della loro relazione aveva preso la decisione di inciderla in nero sul polpaccio sinistro della gamba; gli amici, la stampa e lo spogliatoio gli avevano chiesto il perché ma Federico non pensava di dover dare spiegazioni in merito e che volendo la risposta l'avrebbero facilmente potuta intuire.
I suoi cognati invece, che erano super attenti, non si erano posti nessuna domanda anzi, l'avevano accompagnato allo studio provando a non cadere alla tentazione di macchiare il loro corpo e tenendo ben a mente che avrebbero potuto avere conseguenze sul loro mantenimento all'università.
«fa ridere anche me» Zaira come al solito voleva essere partecipe di tutte le discussioni mentali che Federico si faceva, era molto e forse anche troppo curiosa ma con lui sapeva di poterlo essere liberamente.
«stavo ricordando il giorno in cui tuo padre ha realizzato quanti tatuaggi avessi» già, perché Riccardo Di Giorgio lo aveva sempre saputo che Federico Bernardeschi aveva il corpo macchiato irrimediabilmente da inchiostro nero ma fintanto che non era il compagno della sua bambina, le cose apparivano certamente diverse da come gli si erano invece palesate nel momento in cui si era reso conto che quel Federico Bernardeschi con tutti quei tatuaggi, nemmeno fosse appena uscito da una prigione di massima sicurezza del Fremont in Colorado, avesse appena varcato le porte di casa sua con la chiara intenzione di rimanervi a lungo tempo. Per la testa di quell'uomo, in quel tardo pomeriggio della seconda settimana di Luglio di ben sei anni fa, erano balenate cosi tante informazioni e si chiese il perché non avesse creduto inmediatamente a sua figlia quando quest'ultima poche settimane addietro gli aveva detto che si stava frequentando con Bernardeschi, proprio quel Bernardeschi del mondo del calcio che il signor De Giorgio guardava il giovedi sera e la Domenica su sky sport e per la quale aveva avuto sempre delle buone parole.
«forse pensava fossero come i polaretti che ti tatui con l'acqua e poi un paio di ore e vanno via» persino Zaira in quel momento non era riuscita a trattenere le risate quando suo padre spontamente aveva chiesto a Federico -«ma sono veri?»- e aveva tirato fuori un'espressione come a voler dire che da un momento all'altro Federico se li sarebbe cancellati via con dell'alcool per mobili.
«rimane il fatto che sono comunque, nonostante i miei scarabocchi, il preferito di tuo padre e ho conquistando anche lo zio Antonio e i tuoi fratelli» cosa che si era davvero verificata.
Galatone essendo un paesino, gira e rigira, erano sempre le stesse persone di una vita che bene o male si conoscevano tutti e quando Riccardo De Giorgio aveva ricevuto al bar più caffè gratuiti rispetto alle ore di un solo giorno, si era reso conto che la notizia di Federico Bernardeschi e di sua figlia Zaira, aveva fatto il giro della città più velocemente di quanto ci avrebbe impiegato uno space shuttle a raggiungere la luna.
«zio Antonio non lo conquisterai mai» peccato però che lo zio Antonio era ormai di casa nel box di Federico proprio allo Juventus Stadium e a volte, nei giorni in cui le partite erano troppo vicine alle date di esami che Zaira avrebbe dovuto sostenere, non era un caso che fossero i quattro uomini più suo padre Alberto a prendere posto in quel confortevole spazio riscaldato adeguatamente per il pungente freddo torinese.
Antonio aveva parlato chiaro, molto più diretto di quanto Riccardo avesse già fatto, ma Federico era un uomo e non c'era bisogno di rimarcare concetti e Antonio si era fidato così tanto che erano bastate due, tre cene al massimo per dare al calciatore, ormai divenuto nipote, la confidenza che pensava di dovergli dare dopo parecchi mesi.
Federico non aveva intenzione di ferire Zaira e se ne era innamorato cosi tanto che sposarla era l'unica cosa che aveva voluto fare subito dopo quella vacanza indimenticabile in barca.
E l'aveva fatto...ma Zaira non gli permise di perdersi nei ricordi dello scorso Luglio.
«ho una fame da lupi, perché non mi hai lasciato mangiare quel dannatissimo cornetto! Stronzo!» Federico la guardò da dietro quel suo paio di occhiali da sole e cercò di mantenere un'espressione neutra anche se dentro di se stava prendendo piede un dubbio cosi grande che lo rendeva dannatamente felice.
Una roba simile forse avrebbe in qualche modo voluto una mezza programmazione ma se fosse arrivata all'improvviso sapeva che da ambo le parti sarebbe stata accolta con una felicità immani, seppure fossero sposati avevano entrambi qualcosa da portare a termine, specialmente Zaira.
Non esternò il suo pensiero anche perché non voleva illudersi ne tanto meno correre con i pensieri e nonostante con Zaira ne avessero parlato spesso, effettivamente non sapeva dire con certezza quanto tempismo ci fosse semmai un bambino o una bambina avrebbe fatto capolino alla loro porta, proprio ora che Zaira era entrata nel penultimo anno di studi prima della laurea.
«vuoi della carne cruda?» gli indicò i secchi in metallo che contenevano della carne cruda che avrebbero dovuto lanciare agli animali.
«stupido!» la strinse a se e le baciò la testa e sorrise inevitabilmente.
«appena torniamo a casa e sento che ti lamenti, giuro che te le do su quel culo sodo che ti ritrovi» Federico era abituato a vedere Zaira girovagare per casa loro e ogni tanto fermarsi all'improvviso e iniziare a saltellare o a fare scuots.
Quando si metteva in testa una cosa era impossibile convincerla del contrario o anche solo provare a farla ragionare e poi sulla palestra non c'era ragione che tenesse; non che Federico fosse da meno, anzi a dire la verità spesso facevano chilometri e chilometri di corsa su per la collina torinese in compagnia di Azzurra e Paulo.
«io mi lamento quanto mi pare e piace» ed era la fottuta verità anche solo per il fatto che Federico amava persino sentirla mentre di lamentava di tutto anche dell'ovvio.
La macchina si muoveva parecchio e le ruote sullo sterrato alzavano una nube di sabbia e dal sapore di terra che aveva un vago sentore di quei ricordi da bambino passati a giocare nel giardino di suo nonno a Carrara, mentre il pallone scivolava su le piantine che provavano a sbucare dal terreno, inutilmente.
Zaira lo guardò rubandogli un bacio fugace sorridendo sulle sue labbra e accarezzandogli il collo in quel modo dolce e intriso di carezze e di un amore sconfinato.
«ti amo» Federico diede voce a quello che il suo cuore gli urlava praticamente tutto il tempo che stava insieme a lei e quando non si trovavano vicini, inevitabilmente la sua mente correva al pensiero di quella donna così bella e così sua da renderlo pazzo e ubriaco di felicità.
Sua moglie, quanto amava pensarlo e sopratutto dirlo ad alta voce.
All'improvviso la jeep si arrestò nelle vicinanze di un tipico albero della savana africana e seppure Federico fingesse di non essere preoccupato, alla fine poi un po' sotto se la stava facendo ma nella vita aveva imparato ad amare il rischio e che se non rischiava avrebbe vissuto la metà di quanto avrebbe potuto.
Afferrò la canon dal suo collo e immortalò il sole che batteva sulla flora africana e creava ombre e giochi di luce di cui era totalmente affascinanto ma ancora di più lo era di Zaira che in piedi sui sedili era totalmente catturata assorta ad osservare una mandria di elefanti intenti ad abbeverarsi.
Avrebbe potuto dire con certezza che rientrassero nella classifica degli animali che le piaciacevano ma Zaira era sempre stata un cassetto pieno di novità, cosi belle e cosi stravaganti da farlo sentire cosi fottutamente fortunato e più pensava al giorno in cui l'aveva incontrata più si convinceva che doveva essere scritto nel destino che dovessero incontrarsi.
«possiamo scendere ad accarezzarli?» la domanda di Zaira lasciò spiazzata la loro guida; probabilmente nessuno prima di adesso gli aveva esplicemente chiesto di scendere da quel mezzo eppure Zaira pensava che solo in questo modo avrebbe potuto raccontare a se stessa e agli altri cosa voleva significare il concetto di "vivere l'Africa".
«sarebbe pericoloso, io lo sconsiglio» Federico osservò Zaira ben consapevole che la guida non aveva minimamente idea di con chi stesse parlando e con chi stesse avendo a che fare.
Zaira viveva per il brivido di sentirsi felice a cento all'ora e lui la amava per questo e per tanti altri mille e miliardi di motivi.
«quanto è alta la probabilità che mi facciano male in modo molto grave?» assottigliò gli occhi e spostò i capelli dalle spalle per metterseli dietro, stava già stringendosi lo zainetto alle spalle come se fosse già in procinto di scendere.
«dipende dal loro stato, se sono seccati o leggermente arrabbiati...» Federico sorrise sotto i baffi alla risposta della guida, guardò la sua donna che aveva sbuffato leggermente, sapeva perfettamente che di lì a dieci minuti la sua mano avrebbe accompagnato quella di Zaira ad accarezzare la pelle dell'elefante.
«non c'è nessuno che può accompagnarmi fino a lì?» mantenne un tono comunque cordiale, in nessun modo superiore ma le sembrava inutile viaggiare così lontano dagli animali.
La guida prese un walkie-talkie parlando velocemente in inglese, Federico nel frattempo sì abbassò posando una mano sulla sua coscia scoperta ma protetta da una crema contro gli insetti, una specifica che le raccomandò suo zio Antonio data la sua missione in Africa tempo prima.
«Fede» lo guardò nella ricerca di quel compagno che sapeva di avere al proprio fianco e quando trovò quella scintilla in quegli occhi verdi che conosceva a memoria, capì che era fatta.
«Samir» Federico si rivolse all'autista di colore che aveva ben conosciuto due giorni prima, dal momento che aveva apportato la sua firma su un pallone di cuoio rovinato per tutte quelle volte che aveva rotolato su un terreno sterrato e fatto si fango e ciottoli.
«li accampagno io» comunicò in modo da rassicurare la guida che sembrava avere paura a scendere da quella macchina fatta semplicemente di lamiera.
Federico apprezzò il coraggio e la disponibilità di quell'uomo e pensò a quante cose pensava di sapere di lui perché semplicemente guardandogli quegli occhi cosi scuri, credette di poterci leggere dentro la sua storia e inevitabilmente pensò a Mami e alla gioia che aveva provato quando Gaia l'aveva portata a casa e gli aveva insegnato a vivere e a non arrendersi di fronte a nulla.
Era relativamente piccolo quando quel minuto corpicino dai colori caldi gli aveva stretto le braccia al collo chiamandolo "zio"; Mami gli aveva insegnato più cose di quante lui ne avrebbe mai potuto insegnare a lei e nel suo cuore c'era un posto speciale per lei, un posto che era tutto suo e accanto a lei ci stava Olivia quella piccola peste che gli somigliava cosi tanto da fargli venire i brividi.
«grazie» gli strinse la spalla in segno di ringraziamento e dopodiché scese con un balzo agile dalla jeep, seguito da Samir e da Zaira il cui sorriso raggiungeva l'orrizzonte culla del sole e ritornava indietro.
Non era molta la distanza tra loro e l'oasi nella quale gli animali si stessero dissetando però Federico si guardò intorno come se sentisse che qualcosa li stesse osservando.
«signore, voi non avere paura...non tigre qui» e Fede annui anche se non ne era proprio convinto.
«Samir, qui una tigre ce l'abbiamo» schiacciò un occhiolino a Federico e poi sembrò accelerare il passo fremendo dalla voglia di poter accarezzare l'elefante.
«signora, lei volere in villaggio salire su elefante?» e Zaira avrebbe voluto eccome ragione del perché annui così entusiasta che inevitabilmente Samir ne fu contagiato.
Quando arrivarono nelle vicinanze, Samir li avviso di non fare rumori troppo molesti e di seguire i suoi movimenti; sembrava essere nato e cresciuto tra quegli animali e la naturalezza con cui questi si fidavano del suo tocco sembrava magico.
Federico aveva sempre amato il contatto con la natura, con le cose semplici e vere e quando apportò la sua mano così piccola sulla pelle, ricoperta di fango, dell'elefante gli sembrò di aver appena conosciuto una nuova parte di se e seppure era tremante, seppe che era tutto reverenziale in segno di gratitudine per quell'animale che gli stava lasciando la possibilità di scoprire se stesso, ancora una volta e sempre con ritrovato stupore.
«è immenso» lo sguardo perso e lo stupore nel tono della sua voce lo fecero girare e osservare qualcosa che non pensava avrebbe mai visto.
Samir teneva a bada, quasi domava, un animale cosi grande da sembrare infinito mentre Zaira stringeva le sue braccia attorno alle zampe anteriori dell'elefante e questo con prudenza inspiegabile teneva a bada la propria proboscide evitando di colpirla.
Federico immortalò il momento con diversi scatti ma più di tutti con i suoi ricordi e seppe che niente avrebbe potuto mai spiegare a parole l'intensità di un momento simile.
La giornata era ancora lunga e chissà quanti altri animali avrebbero incontrato ma al momento gli sembrava che nient'altro avrebbe realmente potuto reggere il confronto...forse solo la sorpresa che aveva prenotato all'insaputa di sua moglie.
«dai qua» Zaira, una volta ritornati sull'auto, strappò dal collo tatuato del suo uomo la Canon, guardò alcune foto che lui le aveva fatto e decise che l'avrebbe tenuta lei per quel momento.
«pronto a farti leccare la mano dalla giraffa? Sai che quando avevo dodici o tredici anni sono andata allo zoo e ho dato da mangiare alla giraffa che mi ha leccato la mano interamente fino al gomito quasi, una lingua gigantesca e viola» ridacchiò al ricordo arricciando il piccolo naso che aveva, Federico non resistette e glielo pizzicò con i denti.
«non forzare troppo la mano, se non ci possiamo avvicinare non insistere va bene?»
«va bene papi, mi fido di te, anche perché Samir mi ha promesso di farmi salire sull'elefante, il mio potere porta a tante cose non credi?» c'era malizia nella sua voce, nei suoi occhi tanto di inspiegabile ma che Federico aveva afferrato velocemente.
«lo credo eccome» si mantenne con le mani al sedile date le piccole scosse che la jeep stava avendo per colpa del terreno non perfettamente piano.
«ho sete prendi l'acqua nello zainetto?» Zaira si girò per dare la possibilità a lui di prendere l'acqua, né approfittò per dissetarsi e quando anche lei finì frugò per mettere a posto la bottiglietta, curioso vide qualcosa di giallo spuntare da un taschino, lo scoprì un poco per poi notare che fosse uno di quegli assorbenti interni che avevano conquistato uno spazio nel suo bagno da quando vivevano insieme.
«ma hai finito? Non è mica lo zaino di Mary Poppins» Federico scosse la testa e rimise ogni cosa al proprio posto, si mise con la schiena poggiata allo schienale e divenne ad un tratto pensieroso cosa che cercò di mascherare guardando il paesaggio che scorreva intorno a loro.
Zaira portava sempre con se un paio di assorbenti e in questo non aveva visto nulla di strano, ma il suo cervello stava correndo all'ultima volta che sapeva che lei li aveva utilizzati effettivamente ed improvvisamente l'idea che aveva avuto ore prima gli si ripresentò in mente.
«a che pensi?»il tocco delicato della sua donna lo portò nuovamente in Africa anche se aveva la testa piena zeppa di dubbi e di speranze.
«penso a noi» Zaira lo guardò confusa e si chiese cosa mai avesse potuto scatenare una tale reazione nel suo uomo.
Sapeva che Federico fosse un uomo intenso come vivere la vita su delle montagne russe ma questo lo sapeva ancor prima di avergli dato tutta se stessa per cui non era per lei un problema.
Federico era simile ad una spugna capace di assorbire tutte le cose del mondo ma spesso la conduceva a pensare e a riflettere su tantissime cose, cose a cui lei non aveva mai apportato un pensiero cosi accurato e profondo e per questo in quel momento si chiese a cosa stesse pensando.
Si chiese cosa l'Africa avesse aperto nella sua mente eppure forse poteva essere totalmente distante o tremendamente vicina al flusso dei pensieri di Federico.
«si, siamo carini» e Federico le sorrise e le sembrò che ci fosse qualcosa di estremamente potente in quegli occhi cosi veri e cosi vividi.
Aveva trent'anni, una carriera strepitosa e desiderava poter avere la sua famiglia, qualcuno a cui insegnare le sue esperienze, qualcuno per cui avere preoccupazione e qualcuno da cui farsi chiamare papà.
In qualche modo, sentiva di avere tutti i sintomi della felicità e un irrefrenabile voglia di saperlo ma una tremenda paura che fosse tutto nella sua testa.
«si dai, siamo abbastanza carini, te sei un po' bassa ma nulla di cui preoccuparsi» la prese in giro come al solito fra loro due, questa era la cosa che Zaira preferiva della loro relazione, questo prendersi in giro costante che amava alla follia.
«speriamo che i nostri figli prenderanno da te, altrimenti si che sarà qualcosa di cui preoccuparsi» grazie a lui era diventata anche auto ironica dato che aveva imparato ad amare ogni centimetro di se stessa.
Federico nel frattempo cercò di non far capire che aveva completamente centrato i suoi pensieri, ridacchiò ma sentiva il cuore battere all'impazzata talmente tanto che temeva che Zaira potesse sentirlo.
«quando torniamo in camera mi prometti che mi dici a cosa stai pensando davvero?» Federico sospirò e annui consapevole che comunque lei non lo avrebbe giudicato e che l'idea di un bambino non era una cattiva idea, sapeva che a spaventarla c'era l'università ancora da finire.
Zaira avvicinò la bottiglietta al collo e Federico fece in tempo a bloccarle i polsi, aveva avuto un riflesso così rapido che a momenti non si era nemmeno reso conto di quanto veloce le sue mani si fossero mosse.
«che fai?!» lo guardò in cerca di una spiegazione
«non lo fare» la guardò con uno sguardo che aveva tutto un programma e le fece intendere che bagnarsi la maglietta non sarebbe dovuto accadere altrimenti la gelosia di Federico si sarebbe scatenata.
A Zaira, ad essere onesti, piaceva tremendamente giocare con Federico e sapeva anche fin troppo bene quanto Federico odiasse che qualcun'altro allugasse l'occhio; non era un tipo violento ma certamente la lingua da toscano era forse anche peggio di qualche cazzotto in faccia.
«si muore di caldo» provò a convincerlo ma del tutto inutilmente perché Federico direttamente prese possesso della bottiglietta e la mise dal lato del suo sedile.
«il sole bacia i belli, vedila cosi» Zaira inarcò un sopracciglio provando a non ridere ma purtroppo fallì e si portò le mani davanti la bocca proprio come una bambina contenta.
In lontananza, ma non troppo, si intravedevano dei colli lunghi intendi a brucare qualche foglia dai rami alti degli alberi.
Vederli dal vivo era un'emozione del tutto nuova e sembrava come se finalmente una fetta di mondo che avevamo effettivamente sempre saputo che esistesse, oggi prendeva delle sembrianze simili alla concretezza di qualcosa che sai che esiste per davvero.
I colori di quella terra si sposavano perfettamente con loro e con le loro emozioni, era un'esplosione di verde giallo e arancione, era intensità mista a caldo rovente in un abbraccio avvolgente e confortante.
Zaira immortalò il profilo di Federico che si perdeva in lunghezza verso un paesaggio fatto di natura allo stato brado, senza che l'uomo potesse ferirla mortalmente; era bello ma di una bellezza artistica come se fosse un'opera d'arte venuta al mondo per il frutto del culto della bellezza.
«kalos» le sfuggì dalle labbra e Federico si voltò a guardala confuso.
«cosa?» le chiese
«Kalos» ripeté e attese che lui la guardasse aspettando una spiegazione che gli avrebbe dato più che volentieri.
«significa bello in greco, ma non un bello materiale ed effimero...kalos è un come un culto» e Federico sembrava incarnarlo alla perfezione.
Federico era la personificazione del concetto di kalos kai agathos: valoroso in guerra ed in possesso di tutte le virtù.
Guardò quella foto ed ebbe l'irrefrenabile voglia di postarla e dare la possibilità a tutti di poter ammirare qualcosa che prescindeva dalle regole del mondo ma si disse che baciandolo avrebbe potuto e dovuto prima afferrare il divino e poi avrebbe potuto rendere se stessa e il loro amore immortale.
«forse mi sono innamorata di te un'altra volta» affermò con gli occhi lucidi di felicità anche se aveva perso il conto di quante volte lo aveva fatto e rifatto.
«forse?» Federico inarcò un sopracciglio mettendole un braccio sulle spalle e attirandola a se.
«stupido» scosse la testa ripetutamente per poi abbandonarsi al suo petto e aspettare pazientemente di vedere da vicino le giraffe immense.
«comunque mi correggo da quanto ho detto stamattina, l'Africa ha uno strano effetto su entrambi» accarezzava la spalla di Zaira mentre faceva sfuggire quelle parole dalle sue labbra, non era il primo viaggio che avevano fatto insieme eppure questo era riuscito a superare persino i Rapa Nui ed i paesaggi dell'Isola di Pasqua.
«voglio farmi un tatuaggio» esordì lei, non era il primo della sua vita, in realtà era il secondo, ma era il primo che avrebbe fatto insieme a Federico.
«posso chiederti che cosa?» lui aveva un sorriso incontenibile, conosceva a memoria i tratti dei due omini stilizzati che Zaira si era fatta tatuare sul bicipite destro a simboleggiare i suoi fratelli, quindi era emozionato a sapere che si voleva far incidere qualcosa della stessa importanza ma che soprattutto lo stesse condividendo con lui.
«voglio anche io una tigre sul polpaccio, magari un po' più piccola della tua ma la voglio» e Federico era cosi contento che la baciò voracemente e anche un po' troppo intesamente per essere in compagnia di altra gente ma attualmente gliene importava meno del nulla poi però scoppiò a ridere nel momento esatto in cui il volto di Riccardo, si proprio quello di suo suocero, ritornò a far capolino nella sua testa per la seconda volta nell'arco di poche ore.
«tuo padre no ne sarà tanto contento» e Zaira alzò le spalle come a dire che poco gliene importava.
Aveva fatto storie per il primo ma poi, giusto il tempo di un paio di giorni, era ritornato a parlarle e a fare vaghi allusioni provando a calibrare il tiro e sapeva che anche questa volta le cose sarebbero andate cosi.
«sono una donna sposata ormai, cosa potrà dirmi?» alzò un sopracciglio...quanto le piaceva rimarcare che Federico fosse suo marito.
«sai cosa? Anche io ho intenzione di farmi un nuovo tatuaggio» e Zaira sorrise ridacchiando.
Federico aveva sempre intenzione di farsi un nuovo tatuaggio e Murran viveva sull'autostrada Firenze Torino, praticamente almeno due o tre volte al mese.
Mr Bernardeschi lo sequestrava per intere giornate e in un mondo tutto loro inziavano a disegnare tatuaggio che sembravano pronti per essere esposti al Louvre piuttosto che per essere tatuati sulla pelle ma la cosa esilarante di tutto questo stava proprio nel fatto che Paola, la madre di Federico, non faceva altro che supportare tutto quel scarabocchiarsi la pelle.
A cena a Carrara, a Marina di Carrara più precisamente e in quel civico ventidue di quel stretto viale privato, Paola Federico e Alberto, nonostante ormai Fede fosse bello e più che indipendente e autonomo, finivano sempre a discutere di tatuaggi; Zaira li trovava esilaranti e nel tempo aveva persino iniziato a parlare toscano e a comprenderlo se voleva rendersi partecipe alle loro discussioni di cui tra l'altro era tirata in ballo a dover decidere da che parte schierarsi.
Alberto sosteneva che Federico di tatuaggi ne aveva anche fin troppi e che un giorno o l'altro si sarebbe alzato dal letto e se ne sarebbe pentinto, la moglie ed il figlio invece continuavano a ripetergli senza sosta che i tatuaggi di Federico erano ben lontani da qualcosa di cui potersene pentire e questo era oggettivamente vero.
«vuoi dirmi cosa hai intenzione di disegnarti?» e Federico scosse negativamente la testa perché in primis voleva farla indispettire un po' così poi le avrebbe baciato il broncio e tornati in hotel avrebbero fatto del sano e lunghissimo sesso che negli ultimi tempi sembrava non bastare mai ma poi, l'idea del suo tatuaggio era strettamente legata al pensiero che si era fatto strada in un perfetto sentiero al termine del quale si annidato e aveva messo radici.
Se Zaira fosse stata incinta cosi come sperava, credeva ma più di tutto desiderava, avrebbe chiesto Murran di disegnargli una bellissima famiglia di tigri sul pettorale sinistro e più la loro famiglia nel tempo si sarebbe allargata, piu poi lui avrebbe fatto aggiungere nuovi cuccioli.
«dai Fede...sai che sono curiosa» eccolo quel broncio che lo faceva impazzire, le labbra di Zaira strette in una smorfia e le sopracciglia corrucciate.
«no, per due motivi, uno perché -si avvicinò al suo orecchio per non farsi sentire dagli altri- più tieni il broncio più mi viene voglia di scoparti, due perché è ancora un'idea semplicemente perché non so quando potrò realizzarla» Zaira sentiva di dover impazzire da un momento all'altro, aveva un rapporto di odio e amore con questi indizi poco espliciti, per di più il fuoco aveva deciso di scoppiare fra le sue cosce, così si strinse al suo uomo che rise sornione.
«sei uno stronzo, lanci il sasso e poi nascondi la mano» borbottò indispettita, sperava di potergli estorcere qualcosa come sempre.
«stavolta non ti dirò nulla baby, puoi inginocchiarti anche ma la mia bocca rimarrà chiusa fino al momento, anzi, appena arriviamo in hotel scrivo a Murran così lo faccio salire per il tuo, ricordamelo» Federico tentò di cambiare discorso sperando in un appoggio da parte di Zaira .
«dopo questo esame amore» aveva deciso di cambiare discorso ma avrebbe insistito più in là per scoprire cosa Federico avrebbe voluto tatuarsi, inoltre avrebbe anche dovuto guadagnare tempo.
«parlerò io con Murran, non c'è bisogno che fai da tramite, ho orari e impegni fra i quali destreggiarmi» era una maestra a nascondere le cose e aveva affinato questa tecnica con il suo compagno anche se nella maggior parte dei casi lui se ne accorgeva.
Zaira si era informata, non è possibile fare tatuaggi durante una gravidanza , perciò prima di poter scomodare Murran da Firenze avrebbe dovuto accertarsi delle sue effettive condizioni.
«da quando hai il numero di Murran in rubrica?» Federico sembrava volerla mettere all'angolo e cavarle tutte le risposte di cui aveva bisogno.
«da quando ho fatto il primo tatuaggio e dato che te eri agli allenamenti sono andata io a prenderlo a Porta Nuova» annuì e provò a trovare un qualche appiglio a cui aggrapparsi e cercare di scoprire cosa Zaira gli stesse nascondendo, perché ne era certo: Zaira gli stava nascondendo qualcosa.
Non volle comunque continuare ad insistere perché attualmente sua moglie sarebbe stata impenetrabile e cosi, anche per il fatto che giraffe erano adesso cosi vicini a loro, tergiversò il discorso provando a sfruttare bene l'occasione del safari.
Se gli elefanti gli erano apparsi grandi da tutti i lati, le giraffe al contrario erano solo tremendamente alte...cosi alte che per un attimo riflettè su tutte quelle volte in cui Matteo il suo amico lo aveva apostrofato bonariamente con quel nome, proprio per evidenziare la loro ben più che palese differenza di statura e se Matteo si fosse sentito cosi come lui attualmente si stava sentendo nei confronti della giraffa, poteva ben capire quanto cavolo fosse "scomodo" frequentare gente tremendame te alta.
«ma quindi io adesso sono te e la giraffa è me?» Zaira lo sfidò con gli occhi e poi con il solito sarcasmo gli diede una bella risposta.
«a giudicare dal tuo quoziente intellettivo, sarebbe un insulto sia per me che per quella povera bestiola» Federico boccheggiò una, due persino tre volte e poi scosse la testa rassegnato e persino divertito.
«che c'è Bernardeschi, sei senza parole?» sorrise furba e pensò piuttosto ad immortalarlo accanto ad una di esse, non perse tempo e divertita inviò una foto con il suo smartphone nel gruppo whatsapp che condivideva con gli amici e le amiche di una vita di Federico.
Testuali parole: ma quindi io adesso sono te e la giraffa è me?
Non attese la risposta bensì posò il telefono prendendo il suo ragazzo per mano, guardò l'orologio che lui portava al polso e poi gli baciò la pelle colorata.
«pensa agli animali te, che poi io penserò a metterti a posto più tardi» le schiacciò un occhiolino e la tirò nuovamente verso la jeep per occupare i loro posti.
«non vedo l'ora signor Bernardeschi» sorrise consapevole e pensò bene di rimettere al collo di Federico la Canon, gli sfiorò il petto con le dita e lo baciò sulla mandibola.
«cosa ci resta da vedere?» chiese curiosa anche un po' spossata dal caldo.
Avevano ben altri sette giorni a loro disposizione per visitare i villaggi poveri cosi come Federico aveva espressamente chiesto e a riguardo si era persino portato dietro roba da dover lasciare loro e poi avrebbero potuto ritornare li anche domani ma l'appuntamento con la tigre non poteva di certo essere rimandato anche perché Federico aveva dovuto chiamare loro con un anticipo di ben due mesi e aveva dovuto sottolineare chi fosse sfruttando, forse la seconda o terza volta in tutta la sua vita, il suo nome e il suo essere "famoso" ed eccessivamente ricco tale da poter scalare le lunghe liste di attesa.
Un po' si sentiva in colpa poi però bastava guardare il sorriso di sua moglie per smettervi di persarci.
«ho un sorpresa per te» cosi da dentro il suo portafogli tirò fuori i piccoli badge con il loro nome e il loro codice numerico di riconoscimento e poi si chino in avanti verso la guida a comunicare loro che era tempo di portarli da ciò che Federico attendeva più di qualsiasi altra cosa.
«cos'è?» Zaira si rigirò il badge tra le mani e lesse velocemente qualche scritta in inglese apprendendo bene di cosa si trattasse ed un sorriso spontaneo e un po' malizioso le nacque sulla bocca.
«mi fai vedere la tua tigre?» il tono basso con cui glielo disse creò una specie di tempesta di fuoco dentro Federico che deglutì alla ricerca di qualcosa di umido in grado di stemperare le sue indecenti condizioni.
Faceva caldo ma accanto a Zaira sembrava che si fossero appena addentrati direttamente all'inferno e da un momento all'altro sarebbe di lì passato Virgilio e li avrebbe raccattati con se e li avrebbe condotti infondo alla gola.
Questa cosa di essere toscano ultimamente gli stava sfuggendo di mano e il fatto che Zaira non faccesse nulla, assolutamente nulla, per tenerlo sotto controllo era decisamente controproducente.
«andiamo a testare le tue abilità di domatrice di tigre» la conversazione era tutta uno stuzziacarsi di continuo e lei non era intenzionata a demordere.
«non le conosci bene? Mi deludi Federico pensavo fossi più attento» sorrise attaccando il badge al top a bretelline che indossava.
Persino lei si stupì di se stessa e di quanto i auoi ormoni, ultimamente, sembravano volerla spingere a fare più attività fisica di quella che normalmente era abituata a fare.
Federico conosceva forse troppo bene ciò che
Zaira intendeva e nonostante lei lo avesse tenuto sveglio tutta la notte, ad avvalorare il fatto che sua moglie ultimamente fosse a momenti insaziabile, cosa che a lui ad essere onseti non dispiaceva affatto, già non vedeva l'ora di rinchiudersi nella camera con lei sotto le coperte o ancora meglio senza dato il caldo che tirava lì.
«io sono sempre attento, ma affinare le proprie capacità non fa mai male non credi?» Zaira, che sapeva come e dove colpire prese il badge di Federico dalle sue mani e pensò bene di ripetere il gesto che aveva effettuato su se stessa.
«potrei stupirti amore» morse il suo mento mettendosi leggermente sulle punte.
«non vedo l'ora» Federico la guardò carico di promesse che Zaira sapeva avrebbe mantenuto, tutte.
Quando scesero c'era della leggera calca fatta per lo più di coppie di sposi che si vedeva palesemente fossero capitati in Kenya più che per volontà propria sembrava proprio che ci fossero finiti per caso dopo aver scelto ad occhi chiusi un viaggio organizzato in qualche agenzia viaggi .
Kenya in quei periodi era una vera e propria fornace a cielo aperto, per sceglierla di spontanea volontà ci doveva essere una reale motivazione.
«dobbiamo aspettare molto?» a Zaira non piaceva aspettare meno che mai da quando comunque accanto a Federico non aveva mai più dovuto aspettare troppo.
Non era una persona a cui piaceva eccessivamente sfruttare al massimo tutti gli agi che il nome e la figura di Federico gli conferivano ma più volte ad esempio aveva avuto privilegi solo per il fatto che inevitabilmente anche lei era stata tirata dentro il mondo dello spettacolo e del gossip.
Agli inizi era stata dura con se stessa, si era impuntata sul fatto che lei provenisse da un piccolo paese del tacco d'Italia e che non era di certo cresciuta nel lusso quindi ne avrebbe benissimo potuto farne a meno poi però era seriamente diventato difficile, quasi impossibile non esserne coinvolta.
Federico e lei a volte, pur di mangiare un trancio di pizza in una normalissima pizzeria come i comuni mortali, quali effettivamente erano, si erano visti costretti a comprare gli ingredienti per cucinarla a casa.
Cosi, Zaira aveva ceduto e la vita di Federico Bernardeschi il calciatore era inevitabilmente diventata anche la sua.
«non so, proviamo a domandare alla nostra guida» Federico la prese per la mano e con passo sicuro e deciso si fece largo tra la folla, stando ben attendo che nessun troglodita potesse spintonare la sua donna.
«scusate» interruppe la chiacchierata tra i membri dello staff del resort a cinque stelle in cui aveva preso in affitto la stanza per il loro soggiorno e quelli gli rivolsero immediatamente la loro attenzione.
«dobbiamo attendere molto per il nostro turno?» la sua guida guardò qualcosa sul suo costosto e tecnologico orologio da polso così simile a quello che aveva regalato a Natale di qualche anno fa ai suoi cognati provando a far in modo che questi avessero sempre a portata di polso un valido strumento tecnologico con cui potersi tenere sempre in contatto anche perché, parliamoci chiari, Federico Roberto e Nicolò erano diventati più fratelli che cognati e il fatto che in questo modo potessoro condividere praticamente la stragrande maggioranza delle cazzate, come quelle tipiche battute dall'humor inglese di Roberto che Federico amava irrimediabilmente e che poi propinava al gruppo degli amici toscani.
«no signore, stanno sistemando tutto e vi faremo entrare» Federico annui e poi rivolse la sua attenzione a Zaira che rideva guardando lo schermo del cellulare dalla quale lesse il titolo della chat e capì che aveva sicuramente mandato qualcosa di imbarazzante ai loro amici e che attualmente lo stessero prendendo per il culo.
«che cosa hai combinato?» la attirò a se prendendo due piccioni con una fava, uno era l'averla attaccata alla pelle il secondo era quello di spegnere qualche sguardo insistente, l'aveva avvisata che il pantaloncino era troppo corto ma, come al solito, a Zaira piaceva sfidarlo e fare sempre di testa sua.
«come d'abitudine sei oggetto di risa nel gruppo con i toscani» gli fece una linguaccia aderendo ancora di più a lui, poi scosse la testa come a rimarcare un concetto ripetuto prima e Federico capì al volo.
«manca poco baby» con entrambe le mani le portò i capelli all'indietro baciandola a stampo sulle labbra mentre Zaira circondava la vita di Federico con le braccia.
«una tipa ti sta guardando, te lo avevo detto che avremmo dovuto fare le fedi più grandi» sbottò lei sempre più gelosa del normale, osservava ogni cosa e questo di per se era già una sua caratteristica che sfruttava al meglio in queste situazioni.
«lasciala perdere no? Sbaglio o sto baciando te?» lui d'altro canto era il migliore in assoluto a tranquillizzarla e a spegnere momentaneamente la gelosia cieca ma mai troppa per lui che la provava allo stesso modo.
«ti amo da morire, grazie» e glielo disse persino con gli occhi e le mani che tremavano.
«ti amo di più io e non replicare per una volta» disse ciò e poi ridacchiò quando Zaira girò gli occhi al cielo.
«solo per stavolta»
Quando fecero il loro ingresso dentro il parco, si accorsero che dentro vi erano tanti altri animali, scimmie per lo più, ma come è normale che fosse la Tigre attirava su di se l'attenzione di tutti.
Che fosse un animale estremamente bello e possente, non c'erano dubbi ma che allo stesso tempo oltre al suo fascino vi fosse anche una certa soggezione non era per niente scontato.
«è bellissima» le venne spontaneo da dire mentre i metri tra lei e il recinto della tigre non facevano altro che diminuire.
Federico sembrava catturato in una trappola dallo sguardo della tigre che era praticamente assorta a puntarlo da lontano.
«ti sta guardando» e Federico annui totalmente consapevole.
Quando si avvicinarono, seppure fossero "soli" in realtà sapevano con certezza che almeno una ventina di persone erano li pronti ad intervenire nel momento in cui si fosse presentato il bisogno.
Il cartello in legno, riportava inciso il nome dell'animale, Kassie era il suo e da questo ne dedussero che fosse un esemplare femmina.
L'animale da seduta sul suo comodo sasso posto ne troppo all'ombra ne troppo al sole, si alzò e si mosse verso di loro; era davvero poca la distanza tra di loro e a farli stare sicuri, in un certo senso, era quella rete metallica dalla trama non troppo fitta.
«baby, non ti avvicinare troppo» non che pensasse che la tigre fosse un animale aggressivo anche perché non aveva l'aspetto di un animale infastidito ma si trattava pur sempre di un animale e non fidarsi troppo era la prima regola, cosi come non invadere i loro spazi.
Circa una decina di minuti più tardi, quando ormai Kessie aveva familiarizzato con la loro presenza e il loro odore, assicurandosi che non fossero giunti li con l'intenzione di farle del male, fu concessa loro la possibilità di avvicinarsi fino ad una certa distanza e di nutrirla con dei tranci di carne cruda che avrebbero dovuto darle con un particolare bastone che all'estremità funzionava come una pinza .
Federico non riusciva a staccare i suoi occhi da quelli della tigre e sembrava che da un momento all'altro quella le avrebbe potuto rispondere.
«amore vieni qui» Zaira era di una felicità non quantificabile, prese Federico per mano mentre nell'altra teneva un pezzo di carne senza schifarsi o che altro, la lanciò e stette attenta a guardare come l'animale mangiò in totale tranquillità ma con la típica voracità che le apparteneva.
Nonostante questo era sinuosa, elegante e sembrava che piuttosto che camminare sulla terreno e la sabbia ,che le facevano da suolo,stesse fluttuando.
Tipico del passo felpato dei felini.
Federico era ancora sotto ipnosi, osservava come Zaira si muoveva a suo agio quasi stesse parlando con l'anima di Federico stesso, che poi la realtà non era tanto lontana dalla sua immaginazione, se prima aveva scherzato con battute a sfondo sessuale il concetto era propriamente quello, Zaira gli domava l'anima e lui le lasciava carta bianca fidandosi ciecamente delle sue scelte.
«che vi state dicendo?» gli domandò anche se a dirla tutta poteva ben intendere cosa mai effettivamente Federico potesse volere da un esemplare simile.
L'accostamento di Federico alla tigre, piuttosto che al leone ad esempio, non era casuale ne dipendeva solamente dal fatto che a Zaira la tigre piacesse di per se ma aveva un significato più specifico.
Federico giocava in un mondo, in una squadra piena di fratelli e amici ma pur sempre squali che aldilà dell'affetto che potessero dimostrarsi fuori dal quel campo verde, poi invece durante le partire seppure giocassero dallo stesso lato, avevamo comunque qualcosa da dimostrare non solo a loro stessi ma a gli altri.
Volendo, avrebbe potuto anche associare il nome del suo uomo a quello del leone che storicamente era da sempre stato il re della savana ma la scelta era ricaduta inevitabilmente sulla tigre perché Federico alla Juve aveva dovuto correre più veloce di tutti, aveva dovuto predare più degli altri e aveva dovuto soffrire e sacrificarsi più degli altri perché viveva in una savana piena di animali, qualche leone a comandarla e lui non doveva apparire scontato e allo stesso tempo doveva sopravvivere.
«penso che se fosse legale la porterei a casa con noi» certo, ci sarebbe stato il problema Wendy e Spike e probabilmente avrebbero anche dovuto cambiare casa e comprare una villa con ettari ed ettari di giardino ma volendo, sognare con costava nulla.
Federico tremò per alcuni istanti quando la tigre mise fuori la lingua e quasi si premurò di ripulire le mani di Zaira che al contrario di quello che ogni altro essere avrebbe fatto, tipo urlare e scappare via, sembrava del tutto calma o per lo meno era bravissima a fingere di esserlo.
Lui percepi, per un attimo, la forza venirgli meno dalle gambe e il fatto che tutti quelli li dentro che si occupavano di Kessie fossero usciti fuori pronti ad intervenire gli fecero ben intendere che Kessie non si fosse mai comportata così ad eccezione di oggi.
Un comportamento insolito, quello dell'animale e quello di sua moglie che non si era mossa neppure di un centimetro quasi scambiando la tigre per un micetto sperduto in strada.
«Zey, allontanti da li» le disse seriamente preoccupato.
Una volta era andata bene, la seconda sarebbe stato decisamente meglio che non si fosse ripetuta.
«non preoccuparti, io e lei siamo dalla stessa parte» già, perché a furia di stare con una tigre, anche Zaira si era adattata per esserlo e così aveva imparato a combattere e a tener testa ad uno come Federico.
Non era stato per nulla facile, anche se all'apparenza poteva sembrarlo, Federico era uno che le cose non gliele tiravi fuori neanche con le pinze ma con la pazienza.
Zaira si era dovuta innamorare sia del suo Federico, quello dentro le mura di casa e quello delle serate con gli amici, sia del Federico calciatore che era più esposto, aveva dovuto ma sopratutto si era impegnata per farlo nonostante fosse risultato naturale, essere così esposta anche lei e a causa sua aveva creato divergenze iniziali ma appunto anche lei si era dovuta atteggiare come tigre e non essere come le tante, aveva sgomitato dentro Federico e si era guadagnata il posto che le spettava di diritto.
«comunque penso anche io di essermi innamorato nuovamente di te» le disse e altre parole che aveva tenuto imprigionate fra le sue labbra ma che spingevano prepotentemente per uscire scivolarono via, era da tutto il giorno che questo pensiero lo accompagnava, quello di un'imminente gravidanza e ciò lo rendeva nervoso e agitato in maniera positiva .
Guardò la tigre ancora una volta e allo stesso tempo accompagnando il suo sguardo condusse gli occhi sul ventre di Zaira che toccò facendolo apparire un gesto casuale, dato che la abbracciò da dietro, ma che casuale non era.
Kessie inspiegabilmente si mosse un po più lontana e di sua spontanea volontà ruggì un paio di volte fino a quando non fecero capolino i suoi due cuccioli intenti a giocare tra di loro.
«Fede» Zaira era a corto di parole e sembrava che da un momento all'altro gli avrebbe detto ciò che sospettava stesse accadendo al suo corpo e alle loro vite.
Non voleva costruirsi castelli nella propria mente e aveva procrastinato per più di una settimana attendendo il ciclo e ripetendosi che alla fine da ragazzina aveva avuto problemi con le mestruazioni e che non per forza doveva trattarsi di una gravidanza.
Non lo sapeva ma aveva paura, paura di essersi immaginata troppo sul nulla e che poi ci sarebbe rimasta male.
«lo penso anche io» le rispose Federico e quando lei chinò la testa di lato permettendo a Federico di portela guardare meglio prima di baciarla, seppe, anche se non aveva bisogno di conferme, di aver trovato l'uomo, il compagno, il complice e il migliore amico per tutta la sua vita ma più di tutti aveva trovato la trigre ed il padre dei suoi figli.
Fu quasi doloroso e triste doversi allontanare da Kessie e Federico asciugò un piccola lacrima sfuggita via dagli occhi di Zaira e si promise che avrebbe giocato qualsiasi altra carta in suo possesso per far si che sarebbero potuti ritornare li prima della fine del loro soggiorno ma per il momento, dato anche il fatto che si fosse fatto tardi e che il sole stava inziando a calare all'orizzonte, era necessario rientrare in hotel che distava anche parecchio da li e poi magari dopo cena avrebbero potuto fare qualcos'altro, come andare a vedere come nel villagio intarsiavano l'ebano.
Sulla jeep, di rientro all'Hotel, Zaira stette tutto il tempo in braccio a Federico e non se ne separò neppure per un istante e d'altronde era giusto cosi perché era stata una giornata cosi carica di emozioni che si era ridotta a sentirsi quasi sfinita da essi.
«penso che aspettiamo un bambino» gli disse sussurandoglielo all'orecchio mentre la linea dell'orizzonte si colorava di un accesso color arancione, simile a quello del fuoco.
«io ne sono certo» fu la risposta di Federico che automaticamente unì le loro labbra in bacio stracolmo di tantissime cose.
Voleva fare l'amore con Zaira, lo voleva disperatamente tanto e non vedeva l'ora di potersi congiungere con lei in quel modo solo loro, in quel modo capaci di portarli altrove in un posto fatto di cose che non riuscivano ad essere spiegate.
Arrivati in albergo fecero semplicemente cenno alla reception dopo aver salutato i loro accompagnatori, camminarono dritti verso l'ascensore e Federico non poté far altro che ammirare silenziosamente il ventre della sua compagna fasciato da un paio di pantaloncini a vita alta, desiderava poter avere una vista magica per poter passare oltre sia quella stoffa sia l'epidermide e poter verificare che effettivamente stesse per diventare papà e che lo stesse per scoprire in quella giornata che in qualunque modo avrebbero ricordato per sempre.
La camera non gli sembrò mai così vicina che ci si fiondarono subito dentro posarono le loro cose mentre il letto sembrava chiamarli a se.
«nel caso in cui fosse vero, sai che dovremmo dirlo a papà ma sopratutto allo zio Antonio?» se Zaira la reazione del primo poteva immaginarla perfettamente quella del secondo la spaventava poiché non poteva prevederla, a tal proposito Federico si bloccò per un secondo.
«mio papà inizierebbe un discorso secondo il quale inizialmente sarebbe scosso per il periodo in cui sta capitando, ovvero la fine del mio percorso di studi, poi però sarebbe così contento da fregarsene e ripetere il loop 'diventerò nonno', lo zio...lui non lo so proprio ma diciamolo prima a lui» Federico provò ad immaginare che tipo di reazione Antonio avrebbe potuto avere ma onestamente non gli veniva nulla in mente.
«non lo so, forse mi minaccerà e si trasferirà a casa nostra a fare la sentinella mentre tu impazzirai perché ti impedirà persino di respirare?» a pensarci bene anche con tutta l'ironia del mondo, questa effettivamente poteva rivelarsi un'optione piú che plausibile.
«oppure potrebbe direttamente farmi trasferire da lui con la scusa del fatto che tu nel fine settimana non ci sei e che ciò accadrebbe anche durante la settimana per la Champions»
Zaira ridacchiò per poi tranquillizzare il suo uomo «stai calmo tigre stiamo insieme da sei anni, a Maggio ci siamo sposati, non credo che pensino che giochiamo a carte, pensa piuttosto a come reagiresti tu al loro posto» non riusciva a farlo perché era totalmente eccitato dall'idea di poter creare qualcosa di cosi bello con la sua donna, che tutto il resto veniva in secondo piano.
La osservó mentre, davanti lo specchio, si passava della crema idratante per la pelle del volto e stava comodamente stretta dal tessuto della sua vestaglia da camera in seta nera; era stato un suo regalo e non se ne pentiva affatto.
Federico la raggiunse alla spalle e le osservó il collo posandovi sopra dei baci caldi mentre le spalline diventavano improvvisamente di troppo.
«che cosa vuoi Bernardeschi?» domandò lei come se non fosse consapevole dello sguardo che lui le stava mandando dallo specchio, piegò la testa di lato per permettergli maggiore libertà e si fece abbassare la spallina sinistra senza controbattere.
«lo sai cosa voglio» perché era esattamente cosa lei voleva, aveva bisogno di sentirlo in ogni modo in cui lo aveva già sentito molte volte.
STAI LEGGENDO
Hoplítes
FanfictionArriva per tutti quel momento in cui le certezze su cui si è basata una vita intera fanno una crepa, una di quelle impossibili da evitare. Zaira e Federico non avevano fatto nulla per non evitarla, gli erano andati incontro da due punti di partenza...