Aprile 2019.
Aveva il telefono poggiato alla sua destra, il libro sulle gambe e la schiena sul cuscino, stava studiando con la televisione di sottofondo accesa nel salone, era sola in casa dato che i suoi fratelli erano ad allenarsi e i genitori a lavoro, la bottiglia d'acqua fedelmente sul comodino e i capelli raccolti, stava studiando storia dell'arte l'unica materia per la quale si permetteva di sottolineare il libro con dei pennarelli al posto della solita matita. Da quando aveva conosciuto Federico, ma in realtà anche prima se proprio bisognava essere onesti, Zaira aveva sempre avuto un debole per l'arte ed in quello che poteva definirsi diario di bordo, si proprio a bordo della sua vita, aveva scritto tanti di quei posti che un giorno avrebbe assolutamente voluto vedere.
«ma una pausa pranzo?» nel delirio di tutte quelle pagine che aveva già studiato e quelle che ancora aveva da studiare, le venne la giusta idea di ironizzare su tutte quelle opere che gli artisti avevano avuto l'opportunità di realizzare e che a lei adesso toccava studiare. Proprio mentre teneva la matita in bocca e scriveva ai margini delle pagine del libro, la vibrazione del telefono la distrasse dalle tecniche di disegno di Raffaello Sanzio e un sorriso nacque sul suo viso al veder apparire sullo schermo dello smartphone la foto con la quale aveva salvato il suo ragazzo, una che aveva scattato inevitabilmente lei che lo ritraeva insieme ai suoi inseparabili bambini pelosi.
«ciao amore mio» rispose contenta inizialmente godendo solamente della vista del soffitto del salone, in quanto Federico stava facendo chissà cosa a casa sua li a Torino e a quanto pare si stava sistemando sul divano per poter continuare la videochiamata in totale tranquillità mentre lo sentiva discutere di qualcosa con Francesca che sapeva già stesse a casa di Federico per evitare che i due cagnolini rimanessero da soli per troppo tempo.
«ciao amore, che fai?» le disse finalmente potendosi far vedere al telefono.
Aveva gli occhi verdi, che a causa del brutto tempo grigio che si intravedeva dalle finestre del salotto, erano diventati più scuri ma non per questo meno belli.
«studio, a proposito più tardi mi tocca il David di Michelangelo te lo conosci?» Federico scoppiò a ridere ricordando il momento nel quale Zaira lo aveva trascinato ad entrare nella Galleria dell'Accademia a Firenze.
Non era la prima volta per entrambi, Zaira lo aveva visto per tre volte ma mai le erano bastate, si era fermata interdetta difronte ai 410 centimetri di puro marmo e ne aveva ammirato ogni dettaglio.
«sai da dove viene il marmo con cui è stato fatto?» la domanda retorica di Federico le giunse alle orecchie facendola rabbrividire, lo sentiva attaccato dietro di lei mentre ogni tentativo di non farsi riconoscere riusciva alla grande, il cappuccio sollevato e gli occhiali da sole, un classico che sembrava funzionare, certo solamente per il fatto che i tatuaggi dovevano rimanere nascosti.
«da Massa Carrara» sorrise lei di rimando guardandolo di sfuggita, aveva occhi solo per quella meraviglia che Michelangelo aveva creato, bugia più grande però non poteva averla pensata.
«anche io vengo da lì sai?» le avvolse le spalle con un braccio guardando anche lui la grande statua, poi si riabbassò su di lei.
«sono meglio io, alla fine non credo mi manchi qualcosa che lui ha no?»
«sei un deficiente B..» si tappò la bocca da sola per poi spostare lo sguardo su Federico.
Se pensava alla notte scorsa, e non che ci volesse fatica, non poteva che dare ragione al suo ragazzo, ma non solo sotto l'aspetto fisico; Federico era stato fatto uscire da quel blocco di marmo con martello e scalpello, un lavoro che egli stesso aveva quasi completato su di se e che inconsapevolmente Zaira aveva l'onore di poter finire da sola.
«si, siamo fatti della stessa pasta» le fece un occhiolino per poi chiederle come al solito cosa avesse fatto il giorno precedente nel quale si erano potuti sentire poco e quella mattina stessa.
«sono andata a scuola ma avevo cosi tanto sonno che sono dovuta uscire fuori un sacco di volte con Asia» sbadigliò per confermare la sua tesi e poi lo guardò ancora, era totalmente e irrimediabilmente innamorata di quell'uomo che le stava dedicando il suo tempo.
Aveva passato l'ora di matematica fuori dalla classe, il suo professore era così distratto che neanche si accorse che le sue due alunne erano state fuori l'aula l'equivalente di sessanta minuti, ma Zaira aveva bisogno di sfogarsi, di tirar giù tutto ciò che non poteva dire al suo ragazzo.
Vivere lontana da lui era logorante, la lontananza la stava a mano a mano consumando così come il tono che Federico aveva quando erano in telefonata proprio come in quel momento, non gliene poteva fare una colpa in nessun modo, così come colpa non ne aveva neanche lei e, per quanto fossero bravi a non farsi pesare i sette anni di differenza, questi si facevano sentire eccome quando Zaira gli annunciava che si sarebbero rivisti con troppi giorni di distanza.
Anche a lei questa situazione stava stretta, Zey non aveva mai pensato di poter sopportare il suo amato così lontano eppure Federico era riuscito a distruggerle anche quella piccola certezza.
Zaira ci aveva trovato gusto a saperlo tanto attratto da lei, così tanto che non si era neanche accorta quando aveva iniziato ad innamorarsi di quell'uomo così bello che negli occhi aveva la sua stessa sofferenza.
Aveva guardato Asia sconfitta da quel sentimento gigantesco che albergava dentro di lei e aveva ammesso ad alta voce che il non poter toccare Federico la faceva impazzire.
La cosa che più le spezzava il cuore era dirgli di no quando lui le chiedeva di salire a Torino, ma Zaira aveva la scuola e così come lei non poteva pretendere che lui fosse a Galatone tutti i mesi lui non avrebbe dovuto fare lo stesso, ma la domanda a Federico scappava sempre e purtroppo con essa anche il tono grave e dispiaciuto della sua ragazza.
Una sigaretta per lei e per Asia e poi erano salite in classe, Zaira con il cuore più leggero, per così dire ovviamente.
La lezione di latino era stata di gran lunga più interessante, a Zaira piacevano tanto le Metamorfosi di Ovidio così non le era neanche sembrata fosse un'ora quella che poi sarebbe stata l'ultima, un breve tratto con le sue amiche di sempre e poi Alessandra montava dietro e Zaira guidava la vespa blu.
Tutti i giorni o quasi era in questo modo, con lo sfondo dell'edificio scolastico e la trama dell'orario settimanale che scandiva quel tempo infinito fra quelle quattro mura dell'aula della sua classe.
Ventisei persone, oltre a lei, con le quali condivideva ogni stato d'animo possibile e che la conoscevano sotto tutti i punti di vista.
«ieri sera ho guardato la partita, sei stato grandioso, certo un po' di sottotono in alcune palle del secondo tempo ma credo sia dovuto al fatto che praticamente in campo eri ovunque, forse solamente in porta non stavi che per fortuna c'è Szczesny» aveva gli occhi che le brillavano dall'orgoglio, in questo attimo preciso smetteva di essere la ragazza di Federico per essere la ragazza di Bernardeschi che dall'esterno poteva essere uguale, non sapevano quanto andavano lontano con questa deduzione inutile.
Zaira aveva imparato ad essere la fidanzata di Federico ancora prima di essere quella di Bernardeschi, nonostante a lei inizialmente appariva più difficile scavare dentro il vero Federico, la figura del calciatore l'aveva assorbita solo in seguito.
Lo sapeva, non lo aveva colto nel momento migliore della sua vita, il posto da titolare era venuto a mancare per la sua volontà di essersi spostato a Torino ma li la vita gli aveva regalato qualcuno per la quale avrebbe ringraziato la sua fede in eterno, Zaira aveva spalancato la porta senza bussare neanche una volta e lui glielo aveva lasciato fare senza volersi opporre.
Essere la fidanzata di Bernardeschi non era facile, comportava analisi di partite molte volte neanche del campionato italiano, infortuni da dover sopportare in due, serate nelle quali andare a dormire presto nonostante prevalesse la voglia di sentirsi, gli articoli per i quali Federico fingeva di non rimanerci un po' male, la privacy da dover mantenere a tutti i costi, la maglia azzurra da dover rispettare e tante altre migliaia di cose che avevano diviso in due.
Forse era stato proprio questo a farlo innamorare di lei, aveva visto una piccoletta di sedici/diciassette anni che lo aveva capito senza chiedere; quando in campo non dava il massimo era la prima a dargli una strigliata, certo in privato perché in pubblico non permetteva mai a nessuno di poterlo buttare giù in qualsiasi modo, ma quando Federico dava il suo cento era sempre la prima a gridare al mondo quanto fosse fiera di lui.
«Allegri mi ha detto sempre la stessa cosa» non c'era fastidio nella sua voce, dava ragione al suo allenatore e sapeva che alcune volte si dimenticava di mettere la stessa testa in tutte le partite però capiva che l'allenatore aveva preso fiducia in lui, ora toccava a Federico anche se forse era sempre toccato a lui.
«ma tu ti rendi conto che hai portato avanti la prima occasione nel primo tempo? Mio dio mio padre è saltato sul divano!» Federico se la immaginava perfettamente la scena che la sua ragazza stava descrivendo, forse Riccardo non avrebbe esultato allo stesso modo sapendo che la sua piccolina aveva una relazione con un uomo più grande, Federico scosse la testa per scacciare il pensiero da quando lo avevano confessato allo zio Antonio fra i due c'era una serenità maggiore.
«e tu?» quella domanda con quel tono fecero risvegliare qualcosa in Zaira che arrossì completamente, era innegabile l'effetto che aveva su di lei e vederlo così grintoso in campo non faceva altro che far nascere in lei momenti in cui doveva essere così aggressivo in altri campi.
«sono fiera di te, tantissimo Federico» sorrise dolce mandandogli un bacio.
«grazie baby, ti amo troppo» spostò un momento gli occhi sui suoi cani per poi ritornare alla figura della sua ragazza, si era alzata dal letto e chissà dove si stava dirigendo.
«ti amo anche io»
«dove stai andando?» ridacchiò il calciatore non conoscendo gli ambienti della casa della sua ragazza, o meglio una volta lei gli aveva fatto fare un tour dal telefono ma non poteva ricordare ogni dettaglio.
«a prendere qualcosa da sgranocchiare, non ho pranzato che mi faceva un po' male la pancia»
«non mangiare qualcosa di pesante mi raccomando, una frutta o uno yogurt, al massimo mangi stasera se stai meglio, mi raccomando amore» il solito tono preoccupato e apprensivo che la facevano sentire più amata del dovuto in molte occasioni, come consigliatole prese uno yogurt e un cucchiaino per poi dirigersi nuovamente nella sua camera, si mise sul letto e stette attenta a non sporcare ovunque mentre mangiava.
«sembri ancora più piccola con questi capelli legati» la prese bonariamente in giro, in realtà tutto pareva tranne che una piccola adolescente che avrebbe dovuto rispecchiare i quasi diciotto anni che anagraficamente aveva, era inevitabile per lui pensarci ma era inevitabile anche ignorare tutto e amarla incondizionatamente.
«quanto ti piace questo?» sorrise consapevole per nulla offesa.
«troppo, programmi per pasquetta?» chiese Federico per cambiare discorso e non farsi coinvolgere troppo dal calore che già stava sentendo, maledetta distanza e astinenza forzata, da quando stava con lei si sentiva un maniaco sessuale ma come poteva essere biasimato? Il corpo di Zaira era la vera e propria reincarnazione del peccato e del suo inferno personale, per non parlare della sua testa troppo intelligente e furba.
«Alessandra non c'è, saremo solo donne a casa di Marta, prepariamo qualcosa nel giorno prima per poi portarla li, l'unica cosa che compreremo sarà l'alcol credo» Federico storse il naso, aveva già sentito Zaira ubriaca e non gli era piaciuto per nulla ovviamente non era mancata la discussione quando lei si era ripresa al meglio.
«non berrò tanto lo prometto papi» lo precedette scoppiando a ridere.
«che ridi? Io non vedo proprio il senso nel divertirsi in questo modo» scosse la testa tirando gli angoli delle labbra all'ingiù.
«il mio divertimento non è in alcun modo proporzionale alla quantità di alcol che ingerisco, sembra di parlare con mio padre e che cazzo» sbuffò, certe volte proprio non ci riusciva, capiva di essere troppo ironica e quant'altro ma quando si scherzava su certe cose Federico sembrava non capire mai che fosse uno scherzo.
«devo farmi una risata sulla mia ragazza ubriaca? No perché a parti invertite sarei curioso di conoscere la tua reazione» ecco, quello era il momento della discussione dove Zaira si rendeva effettivamente conto che un po' di ragione il suo ragazzo l'aveva.
«starò buona poi tanto saremo solo ragazze non è che ci può essere questo grande divertimento» cambiare argomento parziale era la cosa che le riusciva meglio quando aveva torto e non voleva ammetterlo ad alta voce.
«che ragazzi ti servono esattamente?» geloso marcio, come da copione, Federico scattò sull'attenti.
«tu» Zaira sapeva perfettamente cosa fare per sedarlo in modo definitivo così si godette lo stupido sorriso che nacque sul viso del suo ragazzo.
«sei una stupida» scosse la testa fintamente rassegnato.
«ti amo anche io si»
Guardò l'orologio per mantenere l'orario sempre sotto i suoi occhi e poi li rivolse al libro, sabato aveva un'interrogazione, o meglio voleva andare volontaria per segregare la materia fino al prossimo voto e per quanto si impegnasse quella donna frustrata con il mondo sembrava non volerla valutare più di otto, a lei questa cosa non piaceva per nulla.
«sabato vado in storia dell'arte, molto probabilmente domani pomeriggio non possiamo sentirci in nessun modo perché Rebecca mi chiamerà per ripetere dalle tre avrò una pausa per cenare e fare lo shampoo e poi subito chiama anche Elisa, se tutto va bene mi libererò per le undici» lanciò la bomba che per Federico equivalse al 'vado in gita e per ventuno ore sia all'andata che al ritorno non posso usare il telefono'.
«quella professoressa che ti fa dannare?» sapeva quanto significasse per Zaira quel l'interrogazione così penso solamente un attimo a quelle ore senza sentirla mettendo avanti prima molto altro.
«si lei, poi sabato vado a mangiare da nonna e torno a casa per guardare la partita, la sera alle nove e mezza ho un compleanno, lo festeggia al locale dove lavora zio, niente di formale o che» sbadigliò lei è si alzò dal letto, prese lo yogurt finito e in cucchiaino dirigendosi ancora in cucina, buttò il tutto e mise sul fuoco la moka dopo averla fatta.
«di chi è? Fa diciotto anni?»
«Francesco si chiama, non lo conosci ma è un cretino, solo che l'orario fa schifo dato che i miei a quell'ora sono fuori casa» si poggiò al mobile della cucina guardandosi le unghie smaltate del solito rosso.
«per un momento ho pensato fosse quella testa di cazzo, come ci arrivi al compleanno? C'è la Alessandra?» Zaira ridacchiò, era vero conosceva molte persone con il nome uguale e si divertiva a far spaventare Federico.
«no, è a Lecce per la laurea del cugino, ma non ci saranno neanche le mie compagne di classe dato che sono amici esterni che conosco da una vita» spiegò in parole povere senza voler dare ulteriori spiegazioni, a poco servivano.
«ti viene a prendere tuo padre al ritorno? Come ci arrivi?» ripeté Federico dato che lei non aveva risposto.
«con un mio amico, va a prendere prima Sara e un altro ragazzo e poi passano a prendere me, si al ritorno c'è papà» si mordicchiò il labbro inferiore.
«quando non specifichi il nome mi fai incazzare» Federico premette due dita sul ponte del naso sbuffando, doveva cercare di controllare questa cosa in qualsiasi modo.
«che differenza fa il nome? Tanto non lo conosci Federico» sbuffò anche lei in attesa del caffè prese il tazzone.
«quanti anni ha?» almeno all'interrogatorio cercò di rispondere senza alimentare chissà che cosa.
«venti» disse semplicemente.
«non mi fa arrabbiare questa cosa perché è del tutto normale che un tuo amico ti venga a prendere ma ci sono cose che vorrei fare io e il non poterle fare mi fa sentire impotente» esternò subito il suo malessere che si era anche dettato dalla gelosia ma sopratutto da questa lontananza fisica e anagrafica piuttosto pesante, anche se ad esserlo veramente era solo la prima dato che la seconda creava solamente l'impedimento di non poterlo ancora dire.
Francesca ,seduta sulla poltrona rossa,scuoteva la testa in totale disappunto non propriamente convinta del fatto che Federico si trattenesse le cose dentro evitando di dirle quanto invece stesse male.
«ti amo da morire» sussurrò perché tanto era la potenza del sentimento che la lasciava senza la forza di dirlo a voce più alta.
«ti amo anche io» ridacchiò sentendosi quasi patetico e domandandosi, per l'ennesima volta, quando si fosse innamorato così tanto, in realtà però la risposta non gli serviva a granché.
«devo andare a studiare amore, mi scrivi nel frattempo? Così fra una cosa e l'altra ti rispondo» fu brutto come sempre staccare la chiamata così dopo un suono di un bacio da parte di entrambi la comunicazione finì.
Zaira a chiamata finita si mise le mani nei capelli e strinse gli occhi, avrebbe voluto tanto che il tempo passasse più in fretta possibile, avrebbe voluto tanto poter mettere le mani sull'orologio per poterlo portare avanti e avanti e ancora avanti al giorno in cui finalmente avrebbe tolto il velo della segretezza a quella relazione.
Quando Federico mise giù la chiamata, molto poco felice di doverlo fare, quasi gli venne voglia di digitare velocemente sul motore di ricerca e prenotare per Zaira il primo volo disponibile da Lecce per Torino.
Lo sapeva, c'era la scuola e doveva abituarsi alla presenza d questo impegno improrogabile e soprattutto un impegno che Zaira prendeva parecchio seriamente sapendo per certo che sicuramente la sua ragazza non sarebbe mai scesa a compromessi per il massimo dei voti all'esame di maturità.
Le piaceva vederla studiare, non poteva di certo dire che vi si rivedesse perché Zaira studiava per mantenere la media del nove e del dieci mentre Federico l'unico dieci che aveva scuola era in educazione fisica ma, anche lui da ragazzino aveva comunque fatto il suo, forse un po' poco quasi il minimo indispensabile ma di certo aveva portato a termine la scuola e si era diplomato con il voto di ottanta su cento e lode e a lui andava più che bene.
«Federiho, icche tu fai...ma dove l'hai messa la testa?» Francesca osservò tutti i croccantini versati sul pavimento mentre Wendy lo osservava da lontano già estremamente contenta che la sua porzione si fosse decisamente duplicata.
Il calciatore parve riprendersi all'improvviso mentre si rese conto che doveva decisamente riprendere controllo della sua mente perché stava prendendo una piega deleteria sia per lui che per la sua ragazza.
«si tu voi ci penso io a le bestiole» e lui annui lasciandole il completo controllo mentre senza alcuna vergogna Fede tirò fuori quella sua felpa che le aveva chiesto di indossare per tutte le notti cosi che l'avrebbe riempita del suo odore e poi Federico l'avrebbe potuta indossare sentendoselo addosso.
«vuoi stare cosi pure stasera che vengono i tuoi?» lui non le rispose ma non per sgarbo semplicemente perché pensava a cosa sua madre inevitabilmente gli avrebbe detto.
Non aveva tenuto conto che Zaira potesse diventare cosi tanto nella sua vita e nella sua quotidianità e quasi lo infastidiva non poterla avere con se in tutti i momenti della giornata cosi come lo infastidiva non poterci essere in tutti i momenti della quotidianità di Zaira.
«Fede, sai che mi faccio sempre i cazzi miei e che accetto tutte le scelte che fai ma, non puoi mandare a puttane tutto per la distanza con Zaira, tu sembri un grullo» che altro non voleva dire che "babbeo".
«non posso dirle che mi sta sul cazzo questa lontananza; ne abbiamo giá discusso settimane fa e non si può cambiare nulla» si sdraiò nel divano incrociando i piedi l'uno con l'altro.
«ma non é giusto che tu debba stare cosi, io non ci capirò un cazzo di amore e relazioni ma non mi sembra normale che tu ti sia ridotto così» se solo avesse avuto più coraggio gli avrebbe detto di lasciar perdere e che quei sette anni che loro due continuavano a prendere sotto gamba poi alla fine, invece, un peso ce l'avevano e anche bello grosso.
Lei, conosceva Federico da quando si era fidanzato con Veronica ed era stata proprio lei a farli conoscere solo che poi, come nella maggior parte delle amicizie, anche loro si erano trovati totalmente affini che Francesca e Federico erano diventati grandi amici.
Proprio perché si conoscevamo ormai da parecchio tempo e perché poteva ben dire di saperne decifrare alcuni comportamenti, le veniva spontaneo il paragone con Veronica e nonostante anche in quel caso aveva fin da subito pensato che non potevano andare per la lunga, anche adesso le sembrava di rivivere un dejavú.
«Fede, sono troppi» erano troppi gli anni di differenza, troppi i chilometri di distanza ed era persino troppa la differenza della loro vita e Zaira, per quanto Francesca la reputasse una delle poche migliori ragazze che aveva conosciuto e che la ritenesse decisamente più matura rispetto alla sua età anagrafica, aveva ancora altro tempo da dedicare a se stessa per completare la scuola cosa che per lei e Federico appariva troppo distante.
Il toscano continuò a starsene in silenzio quando invece avrebbe voluto urlare disperatamente tanto.
Avrebbe voluto urlare contro Francesca che gli stava ponendo dinnanzi solo una lunga serie di problemi senza dargli il tempo di trovare la soluzione anche ad uno solo di essi; avrebbe voluto urlare contro Azzurra perché gliene aveva parlato e perché aveva suscitato in lui un cosi tale interesse che Veronica era corsa via dai suoi pensieri proprio quando stava tentando di capire se la sua storia con lei fosse terminata a causa sua; avrebbe voluto urlare contro se stesso per essersene innamorato cosi tanto quando fin dal primo istante si era detto che avrebbe fatto le cose con calma ma tra lui e Zaira la calma non sembrava esserci mai stata e poi, poi avrebbe voluto urlare contro Zaira perche era cosi, perche era piena di difetti che lui amava cosi tanto, perché era stata capace di smuovergli emozioni che aveva per un attimo dimenticato di poter provare e perché anche se se lo fosse imposto con tutto se stesso lui non sapeva più separarsene.
«non permetto a nessuno di parlare della nostra relazione» il solo fatto che una delle sue migliori amiche stesse mettendo in dubbio quella che per lui era una relazione importante, proprio perché ci aveva investito tanto tempo e tantissimo di se stesso, lo fece incazzare talmente tanto che le rispose con una cattiveria nel tono della voce che solo un sordo non avrebbe potuto udire.
«Fede» la interruppe immediatamente e Francesca pensò che Zaira rientrava in quella categoria di argomenti impossibili da tirar fuori dai cassetti
«no, Fede un cazzo...ne parlo con te non per sentirmi dire che devo lasciare Zaira; non tornerò con Veronica mettetevelo in testa!» salì le scale per il piano superiore sbattendo la porta della sua camera talmente forte che da un momento all'altro avrebbe potuto scardinarsi dalle guide del muro.
Si chiuse tra quelle mura della stanza e trattenne ogni forma di pianto che avrebbe voluto rigargli il volto e poi, con tutta la rabbia che gli bruciava dentro interruppe nuovamente lo studio di Zaira.
«hey amore, é successo qualcosa?» le sembrava strano che la stesse chiamando appena venti minuti dopo aver messo giù la chiamata.
Federico non le rispose per i primi tre minuti, lasciando che ci fosse un silenzio preoccupante interrotto solo da i lunghi e pesanti sospiri che lasciavano la gola del calciatore.
«sali a Torino per la partita contro la Fiorentina?» le domandò.
L'avrebbe giocata da titolare giorno venti Marzo, il sabato santo prima della Pasqua e Federico aveva già pensato al fatto che Zaira non gli avrebbe potuto dire di no perché c'erano di mezzo le vacanze pasquali e quindi nessuna scuola l'avrebbe tenuta impegnata.
«Fede, lo sai» quante altre volte sarebbero dovuto ritornare sopra gli stessi argomenti?
Sapeva che Federico in qualche modo faticasse a comprendere che lei non avrebbe potuto lasciar perdere la scuola ogni volta che in realtà avrebbe voluto.
«perché non puoi?» in qualche modo le sembrò una domanda a trabocchetto ma lei rispose con sincerità come aveva sempre fatto.
«Fede la scuola, é sempre quello il problema» quello invece oltre che essere il problema fu la goccia che fece traboccare il vaso ma a discapito di urla e di quella che sarebbe potuta essere una lite con i fiocchi, anche questa volta Federico preferì risultare ragionevole e semplicemente annuire come se questa cosa non lo facesse stare male.
Quando rimise giù la chiamata si sentiva come se addosso vestite chili e chili di dinamite a cui avevano appiccato fuoco alla miccia ma che questa stesse rallentando a raggiungere la polvere esplosiva.
«Federico, sono arrivati i tuoi» Francesca gli bussò alla porta della stanza mentre Paola e Alberto erano già entrati dalla porta d'ingresso della villa di Federico.
Lui peró non rispose ma piuttosto si sedette sul letto e chiuse gli occhi reprimendo qualsiasi cose; adesso gli veniva da ridere come un pazzo isterico perché per tanto tempo aveva fatto la paternale ad Azzurra accusandola di non parlare mai dei suoi problemi ma adesso lui stava facendo esattamente la stessa identica cosa.
«Federico, sono tua madre...apri questa porta» questo non era cambiato e che Paola odiasse che i propri figli si chiudessero a chiave nelle proprie stanze era da sempre risaputo.
Da piccoli avevano fatto tante di quelle storie per via di questo brutto vizio di segregarsi a chiave e inevitabilmente a Paola venivano in mente tante di quelle idee che a fine giornata le fumava la testa.
Federico, quasi per riflesso condizionato, si alzò e andò ad aprirle la porta lasciandola entrare e poi questa la richiuse alle sue spalle appropriandosi impropriamente della chiave.
Il toscano guardando sua madre si sentì come se le pareti di quella stanza si fossero prolungate e avessero raggiunto i margini della sua vecchia stanza in quella casa di Carrara dove da piccolo ne aveva passate tantissime.
Ricordava perfettamente quando giocava con i dinosauri di gomma seduto sul pavimento della stanza e la madre lo rimproverava sempre raccomandandogli di starsene sul tappeto altrimenti si sarebbe beccato la febbre e poi non sarebbe potuto andare a scuola, cosa che segretamente da bambino sperava.
«che cosa sta succedendo Chicco?» sua madre lo raggiunse velocemente e lo guardò con quegli occhi cosi identici ai suoi.
«va tutto bene mamma, solo un po' di nervosismo» Paola rise scuotendo la testa in rassegnazione; suo figlio era sempre stato restio a parlare delle sue cose e praticamente un muto avrebbe a tratti potuto parlare di più di quanto Federico sapesse fare e questo a quanto pare non era assolutamente cambiato negli anni.
«e tu per un po di nervosismo ti riduci cosi? Va' 'ia, va' 'ia babbalèo» si sedette al suo fianco e si mise a tu per tu con quello che nonostante avesse proprio tutte le fattezze di uomo fatto e finito, per lei sarebbe comunque rimasto un bambino.
«sono tua madre, t'ho becca'o via,gnamo parlamene» Federico sospirò e si vide per brevissimi istanti come quel ragazzo di sedici anni che si era visto un grosso masso della montagna crollargli sulle spalle.
«Hai litigato con la tu dama?» lo conosceva perfettamente, quello era suo figlio e l'aveva tenuto in grembo per nove mesi e nessuno meglio di lei poteva leggervi gli occhi come lo faceva lei con quella facilità impressionante.
«non può salite a Torino e non la vedo dal due di Aprile» Paola per essere certa guardò lo schermo del proprio telefono e si accorse che era il diciotto dello stesso mese.
«Federico è stata qui due settimane fa, miha la Puglia è dietro la porta...eh ma tu con questa geografia nun c'hai mai beccato» la madre lo fece ridere cosi forte che si dovette trattenere la pancia.
«icche ti ridi grullo» gli baciò la fronte proprio come quando aveva cinque anni e gli scompigliò i capelli corti che non approvava minimamente perché amava vederlo con quella chioma bionda che la natura e Iddio gli avevano dato.
«grazie mamma» la abbracciò assicurandosi che quello rimanesse comunque il suo posto preferito nel mondo
«sei sempre stato il mio bambino preferito e shss...non dirlo a Gaia» gli sorrise ancora e poi con quel tipico sguardo materno lo rassicurò.
Probabilmente avrebbero parlato ancora di questo e avrebbe aspettato che suo figlio le dicesse come stavano le cose ma per adesso, ora che Federico sembrava aver ritrovato la calma ed il sorriso, le andava bene così.
«e la Francesca sta di la col tu babbo, che l'hai fatto?» che avessero battibeccato le era sembrato palese ma si chiese se per caso Zaira potesse averci a che fare e a giudicare dall'espressione che Federico fece,la risposta doveva quasi sicuramente essere un bel si.
Appena il su figliolo se ne sarebbe andato agli allenamenti portandosi dietro suo marito,le avrebbe detto che la prima regola per vivere con Federico era quello di non sparargli a zero le cose quando lui non voleva starle a sentire altrimenti sarebbe stata la fine.
Paola non era usuale salire a Torino, non perché non volesse o perché facesse fatica ad ambientarsi in una città diversa da quella più piccola di Massa Carrara ma perché Federico era andato via da casa quando era appena un giovane ragazzino e un po' aveva fatto l'abitudine all'idea che suo figlio stesse sempre fuori casa, prima per realizzare il suo sogno e adesso per potervi correre dentro e se agli inizi aveva sofferto e passava le intere giornate a preoccuparsi, adesso era diverso.
«mamma, io vado agli allenamenti» la salutò proprio come faceva quando aveva dodici anni e prendeva l'autobus alla fermata e partiva verso Firenze per allenarsi con i suoi compagni di squadra.
Quando Alberto e Federico lasciarono la casa lei e Francesca rimasero dentro quelle mura mentre nostalgica Paola andava alla ricerca di quelle foto che raffiguravano Federico contento mentre faceva le cose che più gli piacevano: giocare a calcio ed esplorare il mondo come se fosse un perfetto gipsy.
Prese in mano una di quelle cornici di legno e sorrise a vedere il figlio mentre sedeva sull'inconfondibile sabbia rossa del kenyon insieme ad un indiano e Azzurra e Francesca.
«ci vorrei ritornare»guardò la ragazza toscana e rimise a posto la cornice per poi dedicarsi all'amica del figlio
«lo dice sempre anche Federico ma credo che questa volta voglia andare con Zaira» trovò un modo come un altro per introdurre il discorso e Francesca le sorrise capendo bene dove volesse andare a parare
«non mi piace vederlo star male» e Paola se ne compiacque che il figlio avesse trovato gente che gli voleva davvero bene e credeva che la migliore cura per stare bene al mondo era quella di circondarsi di gente con cui condividere le diverse esperienze della vita.
«lo so, ma Federico ha bisogno di capirsi...è sempre stato così anche da bambino» anche lei credeva che Federico avesse un modo tutto suo per cacciarsi nelle situazioni più complicate ma alla fine della fiera era sempre venuto fuori alla grande e con un bagaglio di esperienze che per un ragazzo di venticinque anni appena, faceva quasi paura.
«mi fido di lui, non vorrei mai che qualcosa lo logorasse dentro» le belle parole di Francesca le scaldarono il cuore ma la verità in tutto questo risiedeva negli occhi di Federico e come questi assumessero un colore diverso, un luccichio particolare ogni volta che pensava e parlava di quella giovane ragazza pugliese che sembrava avergli restituito un po' di quella leggerezza che Paola sapeva gli fosse stata rubata molti anni dietro quando la paura aveva strappato il colore ad un paio di cose della loro vita per restituirgliele piano piano.
«Zaira -sorrise al nome che ebbe pronunciato e si disse mentalmente che come Mami sembrava essere un nome impossibile da non ricordare- Federico si è cotto per lei» e questo non la preoccupava come invece probabilmente la gente avrebbe potuto pensare. Non la preoccupava perché Federico, a discapito di tutto, si conosceva bene e sapeva fin dove spingere.
Federico le era sempre piaciuto per questo, non solo perché era suo figlio e sarebbe stato sbagliato non essere innamorate del proprio bambino ma, Federico era stato fin da piccolo un bambino creativo e non sapeva se la creatività potesse essere categorizzata come una delle cose possibili da ereditare ma lei amava questo e amava pensare che fosse, in un certo senso, opera sua che Fede fosse cresciuto con la cultura del bello. Quando era piccolo, poco meno di quattro anni, Federico aveva impugnato il carboncino che aveva rubato dallo studio di Paola e aveva dipinto le pareti della sua camera con disegni privi di canoniche forme precise e tutta quell'accozzaglia di linee dritte, spezzate, sbavate e rimarcate, chiamate volgarmente scarabocchi, l'avevano in un primo momento fatta incazzare ma poi aveva riso contenta, baciandogli la testa ricoperta da capelli color del grano e l'aveva preso in braccio ridendo felice. Quei segni erano rimasti li per molto tempo, fino a quando Federico non aveva iniziato a riempire le mura della sua stanza con le maglie dei grandi del mondo del calcio e Alberto in questo aveva contribuito.
L'aveva visto crescere, aveva visto tutti quei cambiamenti che l'avevano reso l'uomo che oggi poteva ammirare con orgoglio e di certo non biasimava tutte le ragazze che sapeva avessero un debole per lui.
Dalle pareti della sua camera, Federico era passato a scrivere sulla sua pelle, prima indeciso poi con maggiore convinzione aveva scelto per se un'artista capace di dare vita a quell'arte che Federico aveva sempre avuto dentro di se ma che negli anni, a causa del calcio, non aveva potuto coltivare con impegno; ma, Paola sapeva per esperienza che non si può uccidere l'arte, nemmeno provandoci con tutto se stesso e così Bernardeschi era diventato Brunnelleschi e la storia ormai la sappiamo tutti.Ciao ragazze/i ♥️ innanzitutto,come state?
Che ne pensate di questo aggiornamento?
Certo, un po' più corto di quelli a cui vi abbiamo abituato ma non preoccupatevi ne abbiamo alcuni in serbo per voi che sono dei papiri 🙈😂😂.
Comunque, bando alle ciance...che ne pensate?
Abbiamo descritto di un Federico combattuto con se stesso, speriamo vi piaccia questo lato del suo carattere e ahimè...avremo un periodo di turbolenze sparse ma non preoccupatevi mica, l'ultima parola non è ancora detta fintanto che non smettiamo di scrivere.
Vi auguriamo una buona lettura (rilettura), delle buone vacanze per chi ha terminato la scuola, e per chi lavora o studia all'università vi auguriamo una buona settimana.
Ci vediamo al prossimo appuntamento che vi faremo sapere su Instagram ai: @6comeungirasole e @sognavaleggendo
Quindi. Se volete stare sul pezzo venite a seguirci li, ogni tanto non si sa mai che potremmo farvi una sorpresa.
Baci 💋
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Hoplítes
FanfictionArriva per tutti quel momento in cui le certezze su cui si è basata una vita intera fanno una crepa, una di quelle impossibili da evitare. Zaira e Federico non avevano fatto nulla per non evitarla, gli erano andati incontro da due punti di partenza...