Per due come noi

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2029

«Seta duezeri» chiese al collega che la stava assistendo.
Nell'attesa i suoi occhi si posarono velocemente sull'orologio della sala le cui lancette puntano alle 19:15 della sera; non ricordava di essere rimasta così tante ore in ospedale come oggi e la fatica iniziava ad accumularsi sulle caviglie.
Prese il portaghi già pronto e con un'automatismo tutto suo, dato ormai dai quattro anni che erano già trascorsi da quando aveva iniziato la specialistica in chirurgia generale, iniziò a suturare i lembi del peritoneo.
«scialitica a destra» chiese ancora e l'infermiere in seconda accorse immediatamente a puntare la scialitica dal lato che le serviva.
«non vedo l'ora di buttarmi nel letto» il collega più piccolo di lei la stava osservando con meticolosità e per spezzare il silenzio cercava di intrattenere una discussione leggera.
Il peggio era passato, non era la prima volta che vedeva Zaira operare da primo e ne era affascinato, aveva quelle piccole mani precise e quello sguardo tagliente come un bisturi sulla carne; ad essere onesti le incuteva terrore perché non si scomponeva mai e la invidiava perché lui era ad un solo anno di distanza da lei eppure non era cosi performante.
«Michele, cazzo!» tuonò.
Odiava dover fare da babysitter a qualcuno che divagava e non riusciva a stare concentrato per più di dieci minuti.
Da sotto quella mascherina e quel paio di lenti che indossava, gli puntò lo sguardo contro e senza dire altro il collega fece un passo indietro e lasciò alla strumentista che occupasse il suo posto dall'altro lato del tavolo operatorio.
Venticinque minuti più tardi, Zaira posò portaghi e pinza da presa sulla mano dell'infermiera e guardò il collega anestesista ringraziandolo, dopo di che si mosse fuori dalla sala lasciando che quest'ultimo si occupasse del risveglio, lei aveva da compilare la scheda per l'intervento e poi avrebbe potuto lasciare il reparto e tornare a casa da suo marito e loro figlio.
Era stanca.
Si tolse il grembiule da sala gettandolo nel cestino per rifiuti speciali all'angolo esterno della sala operatoria, gli infermieri stavano mettendo via tutto il resto e mai come in quel preciso momento della giornata senti tutta la stanchezza piombargli addosso ancor prima di essersi messa sul divano di casa insieme a Federico che le accarezzava la testa lasciandogliela poggiare sul suo petto tonico.
L'effetto dell'adrenalina era terminato.
«Doc» un'infermiera da reparto, che la conosceva da quando ancora era una tirocinante, le si avvicinò proprio nel momento in cui stava igenizzando le mani con il gel disinfettante.
«hei» la salutò, tirando via la mascherina dal suo volto e sciogliendo i capelli sulle spalle prima di lavarsi nuovamente la mani e mettersi in bocca la solita mentina che prendeva dal pacco che si portava dietro.
«che è successo a Leo?» Zaira non comprese come mai la donna le domandasse del figlio.
«Leo?» chiese infatti.
«tuo figlio, ho visto Federico in pronto soccorso poco fa ma non ho potuto chiedere che cosa fosse successo perché è arrivata un'urgenza» i suoi piedi scattarono cosi velocemente che forse dietro di se aveva lasciato una striscia di gomma per come le sue scarpe avevano strisciato sul pavimento del complesso delle sale operatorie.
Alcuni dei suoi colleghi di altri reparti la videro sfrecciare nemmeno fosse un fulmine e quando realizzò che l'unica uscita dal complesso era la stessa dove si raggruppavano i parenti del paziente, si sentì in trappola.
Non appena la videro ,infatti,le andarono in contro e non poteva esimersi dal dare spiegazioni.
«Dottoressa, come è andata?» le chiesero.
«è andata bene, abbiamo avuto una piccola complicazione subito dopo aver aperto perché suo marito aveva un bel po' di grasso viscerale che ostruiva la visuale e questo ci ha rallentati ma è andato bene» la signora le strinse le mani ringraziandola.
«scusate, mio figlio è al pronto soccorso e l'ho appena scoperto» la signora le sorrise e la lasciò correre verso le scale.
Era in condizioni pietose e probabilmente aveva il volto devastato dalla stanchezza ma le sue gambe continuavano a muoversi come se avessero messo il turbo.
Quando arrivò al piano zero dell'ospedale, la zona triage come al solito era intasata di gente e questo la faceva incazzare perché suo marito aveva portato il loro bambino in una delle zone più pericolose di tutto l'ospedale.
Più volte aveva detto a Federico di non correre all'ospedale per cose inutili, se avesse avuto bisogno di punto in zone che non comprendessero il volto poteva direttamente andare da suo padre e lui avrebbe posto rimedio.
Si guardò intorno tra i corridoi ma non li vide e non li trovò neppure nella sala d'attesa allora non le rimase altro che guardare il tabellone e leggere il nome di suo figlio accanto al codice giallo.
Leonardo Bernardeschi,giallo.
Tutto le andò sottosopra.
Giallo non era rosso, ma non era neppure verde.
Tutta quella fermezza e lucidità che l'aveva mantenuta stabile in sala operatoria adesso era andata a farsi fottere.
Si appoggiò alla parete del corridoio e rimase li ad aspettare che uscissero dalle porte antipanico che dividevano le stanze del pronto soccorso con la zona d'attesa.
Alcuni infermieri la guardavano non capendo come mai non fosse entrata ma non serviva affatto che lei affollasse la stanza ne voleva mettere pressione a qualunque altro collega stesse visitando il figlio.
Poco più tardi , le porte antipatico si aprirono e vide Leo in braccio a Paulo che gli teneva una benda sul sopracciglio e suo marito che ascoltava le indicazioni dell'infermiere.
Scattò verso di loro e suo figlio non appena la vide riprese a piangere e gli tese le braccia per essere preso, cosa che fece immediatamente.
Si allontanarono dal corridoio, evitando che altri occhi curiosi si appoggiassero su di loro e strinse suo figlio tra le sue braccia rassicurandolo e rassicurando se stessa.
«mamma» gli senti dire tra le lacrime e il suo cuore si strinse in una morsa.
«amore mio...» gli baciò più volte le guance asciugando anche le lacrime che le bagnavano.
«mamma non mi hanno fatto male quando hanno messo quei fili...io glielo avevo detto che sono un bambino forte ma papà e zio Paulo mi hanno preso le mani» per avere quattro anni Leonardo era un bambino molto eloquente. Fin da subito lei e suo marito avevano spinto per mandare Leonardo in una delle migliori scuole internazionali di Torino e in casa si sentiva solo la televisione in lingua inglese. Zaira era la mamma più contenta del mondo quando le maestre si perdevano in complimenti per quel piccolo biondo che ora teneva fra le braccia.
«si amore mio? Sai perché non hai sentito dolore? Perché ti hanno fatto una piccola punturina vicino il taglio sai?» parlava sempre apertamente con Leonardo, fin dai primi giorni della sua vita le era sempre stato detto che i bambini fossero come delle spugne e perdersi nelle comunicazioni fatte dai quei tipici versetti sarebbero state inutili.
«sono bravi mamma ma non come te» le strinse le braccia al collo smettendo di lacrimare, poi lei si rivolse verso Paulo mentre Federico ancora annuiva alle parole del medico.
«che cosa è successo?» domandò al suo migliore amico «ho letto codice giallo e mi è caduta la terra sotto ai piedi»
«era a calcetto e il suo mister ha voluto fare una partitella veloce dato che più o meno tutti i genitori erano presenti. Lo sai com'è Leo, aveva il pallone fra le gambe e pur di tenerselo farebbe di tutto ed è successo veloce, la palla è andata in alto Leo ha saltato ma un suo compagnetto ha alzato la gamba più del previsto così i tacchetti sono andati proprio in quel punto, il taglio era molto profondo ma siamo arrivati qui il prima possibile» Zaira annuì aveva già la scena in testa e al solo pensiero che qualcuno avesse fatto del male al suo amore più grande le bruciava lo stomaco, poi però si calmò ricordando quante volte era tornata a casa dal PS dopo dei punti ai suoi fratelli e quante altre volte aveva dovuto far attenzione ad abbracciare o baciare suo marito per degli incidenti sul campo. Era una mamma protettiva ma non si sarebbe di certo messa a fare la tigre contro un bambino che non aveva colpa.
«ci hanno messo tanto?» conosceva i tempi del pronto soccorso e sopratutto odiava quando la gente non faceva altro che lamentarsi per la poca velocità senza sapere cosa effettivamente c'era dietro a tutto quel caos.
«normale, lascia che tuo marito ti racconti come ha tuonato il tuo nome» Paulo se la rise per bene e Zaira lo accompagnò, dei due Federico era quello più apprensivo nei confronti di Leonardo, forse perché Zaira lavorando in quell'ambiente non pensava che dei punti potessero provocare la morte immediata, ma Federico non lo avrebbe mai capito.
Se la rise immaginando che il marito aveva invaso quel campo di dimensioni notevolmente ridotte per prendere Leonardo e chissà quale multa sarebbe arrivata per aver superato il limite di velocità in città.
«ehi piccola» e quando si parla del diavolo, Federico li raggiunse in disparte permettendo a Paulo di prendere Leonardo e a loro due di scambiare un bacio, non lo vedeva da quella mattina e le era mancata da morire.
«dimmi un po' Bernardeschi, a chi hai detto di essere mio marito?» alzò un sopracciglio mettendo le braccia conserte. Federico sorrise perché sul camice della sua donna era cucito, accanto al consueto dottoressa: De Giorgi-Bernardeschi.
«tu mi prendi in giro eh? Qui siamo morti tutti» borbottò il toscano.
«amore...» Zaira gli prese il volto fra le mani e se lo baciò «...Leo sta bene, anche io mi sono spaventata ma lui mi sembra tranquillo no?» non era solita lasciarsi a tenerezze sul posto di lavoro perciò era ben contenta che non ci fosse nessuno degli specializzandi o, peggio, degli strutturati ad osservare quella scena.
«si, tu qui hai finito? Perché siamo a cena da Paulo con alcuni della squadra» a Zaira brillarono gli occhi, già pregustava il sapore di mettersi comoda nel giardino immenso della villa del suo migliore amico, non che lei non ne possedesse uno altrettanto grande ma il fatto di non dover badare alla preparazione della serata giocava un punto cruciale.
«si, devo cambiarmi. Però prima passiamo a casa? Vorrei farmi una doccia e darmi una sistemata»
«si, dobbiamo essere la per le nove, devi solo dirmi che facciamo con Leo, volevo prima confrontarmi con te» non c'era una decisone che non prendessero insieme, il confronto era da sempre stato alla base del loro rapporto, litigioso o meno che fosse.
«chiama Fabiana e falla venire a casa, magari noi andiamo a dormire nella casa in centro» abbassò di proposito il tono della voce posandogli una mano sul petto. Sapeva che lui avrebbe capito.
«corro, salutalo perché potrei utilizzare qualunque arma per farlo dormire la» Federico le baciò le labbra per poi allontanarsi già con il telefono all'orecchio per chiamare Fabiana la tata che, fra le migliaia, avevano scelto per Leonardo.
«Mamà te amo!» esclamò ridendo Leonardo fra le braccia dello zio.
«qui fra poco imparerà più lingue di me» di questo era contentissima, lei teneva molto al sapere e tutto fa bagaglio culturale, poi era da sempre stata dell'idea che avere la conoscenza di più lingue fosse uno dei tesori più grandi. Perciò Paulo non aveva mai perso tempo e le uniche conversazioni che scambiava con Leonardo erano in spagnolo.
«sicuramente» Paulo le fece un occhiolino che lei ricambio con un sorriso.
«grazie zio Pau, se non ci fossi stato tu stasera avrei trovato Federico sull'orlo di una crisi di nervi»
«diciamo che c'era quasi e diciamo anche che il papà di quel bambino deve ringraziare che Federico è un personaggio pubblico esposto anche su battaglie sociali, perché se così non fosse forse avremmo un altro paziente al pronto soccorso e una denuncia» Zaira storse il naso, ne avrebbe parlato con Federico perché il fatto che prendeva così male tutto ciò che accadeva a Leonardo non faceva bene ne a loro genitori ne tantomeno al figlio.
«io sto già aspettando la multa che dovrà pagare e i punti che gli toglieranno dalla patente» borbottò lei guardando suo marito da lontano.
«su questo sto con Federico, io avrei guidato anche peggio ma tu dottoressa non fingere che non lo avresti fatto» dopo queste parole Leonardo alzò la testa e guardò la madre.
«mamma» esclamò il bambino aggrappato all'argentino.
«amore, ora papà ti porta a casa che fra poco arriva Fabiana va bene?» Zaira baciò il naso del figlio che aveva preso ad annuire sorridente.
«si mamma, posso giocare un po' di più con Wendy e Spike stasera? Dormo lo stesso presto te lo giuro» Leonardo mise insieme le mani facendo ridere sia Paulo che Zaira.
«va bene bimbo mio, fa il bravo e non fare arrabbiare Fabiana, ci vediamo domani» si allontanò dai due per poi ritornare in reparto, aveva ancora la sua roba da prendere dalla stanza dei medici e prima di lasciare tutto avrebbe dovuto attendere l'arrivo del collega che sperava non ritardasse come le altre volte.
Quando arrivò al settimo piano, in reparto, c'era un'insolita calma data dal silenzio interrotto brevemente dalla tv accesa nella guardiola degli infermieri, si affacciò di lì per notare se ci fosse ancora qualcuno che stesse facendo qualcosa ma sapeva che li avrebbe trovati più facilmente in cucina visto l'orario della cena.
Al pensiero il suo stomacò brontolò.
Si legò velocemente i capelli, si chiuse nello spogliatoio e si spogliò e vesti velocemente, riponendo le scarpe nella parte bassa del suo armadietto e lasciando lo scrub sporco nella cesta della lavanderia, la caposala l'indomani mattina avrebbe mandato tutto in lavanderia a sterilizzare.
«Zay, domani a che ora inizia il tuo turno?» il collega di qualche anno più grande, si introdusse nello spogliatoio e iniziò a cambiarsi visto che doveva prendere il suo posto.
«domani ho il giorno libero, sono reperibile dalle nove di sera ma il primario mi ha quasi assicurato di lasciarmi fuori dal reparto» ed era anche giusto visto che nelle due ultime settimane non aveva avuto un turno in cui non fosse reperibile e in cui non avesse lasciato il suo letto caldo a qualsiasi ora della notte.
«sai chi è di turno domani mattina?» beh, l'avrebbe pure saputo se non fosse che il collega come al solito lo chiedeva per farsi sostituire nell'ultima ora.
Va bene il favore, ma il suo era un vero e proprio vizio.
«no, mi dispiace ma la caposala non ha ancora messo il foglio dei turni nello studio e non so dirti...comunque io vado, mio marito mi aspetta di sotto» e lo salutò lasciando da prima lo spogliatoio e poi il reparto.
Per fare più in fretta prese le scale piuttosto che mettersi lì ad aspettare l'ascensore e quando arrivò al piano terra, Federico la stava aspettando seduto al bar mentre aveva ordinato un caffè per entrambi.
«sei stanca baby» le disse accarezzandole il volto
«non mi sono fermata un attimo, non ho avuto nemmeno il tempo della pausa pranzo perché è arrivata un'urgenza » Federico la guardò con i suoi soliti occhi da innamorato e vide come Zaira da ragazza fosse diventata insieme a lui una vera e propria donna.
Negli ultimi anni l'aveva vista cambiare tantissimo e si era sempre di più convinto della scelta che aveva fatto anni fa quando,nonostante la differenza di età, l'aveva voluta conoscere e poi l'aveva scelta come compagna per il resto della vita.
«vieni, ti porto a casa a fare una doccia...Paulo ha detto che iniziamo più tardi perché Douglas ha avuto un imprevisto a casa» Zaira gliene era infinitamente grata.
Aveva bisogno di mettersi sotto il getto dell'acqua calda, di insaponarti per bene il corpo e la testa e se ne avesse avute ancora le forze avrebbe desiderato fare l'amore lentamente con Federico.
La cosa che odiava del suo lavoro, sebbene lo amasse alla follia, era il tempo che le portava via.
Quando era stata l'ultima volta in cui era riuscita ad avere un turno libero per poter partire e andare a vedere una partita in trasferta della Juventus?
Non lo ricordava più.
Quest'anno poi era stato più faticoso degli altri, l'ultimo anno di specializzazione non se lo immaginava così saturo di impegni, di turni e di pile e pile di libri da dover ripassare prima dell'esame finale.
Non era neppure riuscita a fare l'albero di Natale; l'aveva iniziato una sera in compagnia di suo marito ma era rimasto in quello stato embrionale, con la maggior parte dei rami da aprire, per circa due settimane fino a quando a due giorni dalle feste i suoi fratelli non erano saliti a fargli compagnia e l'avevano completato al posto suo.
I regali per suo figlio? Lì aveva dovuti commissionare ai nonni da ambo le parti, tra lei che era costantemente in reparto e Federico costantemente alla Continassa non avevano avuto neppure il tempo di sedersi e pensare a cosa regalare a Leonardo.
Sulla strada del ritorno,in macchina, con la musica da sottofondo a quella serata primaverile, Federico le poggiò una mano sulla coscia e guidò sicuro fino al loro appartamento in centro che non avevano mai smesso di utilizzare.
Salirono le scale in fretta e quando furono dentro, Federico la baciò e prese a spogliarla lasciando cadere i loro vestiti sul pavimento di parquet chiaro sulla qualche stavano camminando a piedi scalzi.
Il corpo di Zaira così come la sua mente erano come pasta frolla tra le mani di Federico che seppe sapientemente toccare i punti giusti e farla rilassare.
Quando facevano l'amore, Zaira pensava sempre che non conoscesse un posto migliore in cui si era sentita così viva, forte ed invincibile come quando era connessa a suo marito.
Erano gli occhi bramosi di Federico, le sue mani ampie sui suoi piccoli seni, le sue spalle forti in grado di inglobarla e proteggerla da tutto il resto, erano le sue labbra calda e il suo profumo di casa...era tutto, tutto ciò che fosse Federico.
La spinse dolcemente sotto il getto dell'acqua calda , le si bagnarono i capelli che le finirono appiccicosi sulle spalle; Federico le prese il volto tra le mani ed incastro le sue labbra tra le sue.
Lo scrocchiare dell'acqua, che si abbatteva sul pavimento della doccia, faceva da melodia ai loro respiri affannati, alle loro carni in grado di sfregiarsi senza mai farsi male, alle loro bocche che gareggiavano tra loro a chi avesse la meglio, al loro amore.
Si aggrappò al corpo di Federico che la superava sia in altezza che in massa, amava il modo in cui tutto di se stessa sembrava fatto per occupare gli spazi di Federico, per stargli intorno e poterne godere la sua bellezza.
Quante volte la notte si era fermata a guardarlo mentre le invadeva il lato del letto e la costringeva a stringersi in un pezzo piccolo piccolo?
Federico era tutto per lei: era il suo migliore amico, suo marito e l'amante che custodiva più di qualunque altra cosa al mondo.
Erano complici, come due metà perfette di una stessa mela.
Federico era quel segno sul seno che le rinnovava ogni volta come se fossero ragazzini, era quelle carezze della quale non avrebbe mai saputo e voluto fare a meno, era quel profumo che le invadeva i polmoni, quegli scarpini dietro il divano, la tazzina di caffè nel lavandino.
Era la pila di libri sui viaggi ai confini del mondo, le camicie comprate in serie, il gelato alla nocciola e gli integratori in qualsiasi angolo di casa.
«ti amo» le sussurrò sull'orecchio prima di svuotare se stesso di tutto quello che era capace di darle.
Il suo affetto, il suo amore, la sua dedizione e persino la sua sconfinata stima.
Zaira gli tenne il volto stretto nel suo petto mentre cercava di recuperare il fiato che le ed andato perso.
Lo amava? Si, molto più di quanto a parole avrebbe mai saputo dirgli.







*spazio autrici*
Finalmente siamo giunte qui, è stato molto più difficile di quanto mai ci fossimo immaginate e questo perché la verità è che noi realmente non eravamo mai state pronte a fargli una fine eppure ci è toccato farlo.
Un capitolo corto, giusto secondo noi, per fare una degna chiusura a questa storia che ci ha portato via tante parole ma che ci ha ancora dato il piacere di collaborare insieme per la prima volta.
Ce ne saranno altre? Questo non sappiamo dirvelo perché la vita è imprevedibile e soprattutto perché ci sono così tanti progetti nuovi per entrambe che nome sappiamo neppure se avremo il tempo per farlo.
Vi ringraziamo di cuore per averci tenuto compagnia e per aver apprezzato come potevate il nostro piccolo lavoro a quattro mani.
Un bacio e una buona estate a tutti quanti.
Sempre vostre: seicomeungirasole  e sognavaleggendo .

HoplítesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora