capitolo sette

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Il problema è che a trent'anni si diventa marci, e non c'è scampo. Tutti saremo trentenni prima o poi. Tutti saremo marci, piccoli stridulanti elfi che tempestano il mondo. Ogni giorno schiavi della pubblicità, e non abbiamo scampo, ogni giorno superficiali, e non abbiamo scampo. Ed io, figlio della nuova era, superficiale fino al midollo, sono tutto il male del mondo, insieme a te ed insieme a tutti, perfino a Dio.

Oggi mi sveglio e non ho niente. Non ho roba. Non ho soldi. Non ho alcol. Non ho niente.

Anno: 1995
Mese: Novembre
Giorno: 1
Giorni senza Ian: 304

G. mi aveva detto che si era trasferito altrove, lontano, il giorno stesso dopo Capodanno, aveva detto a G. per «affari di cuore» ed era volato via chissà dove con chissà chi. Io sono sempre qui, sempre lo stesso. Stesso posto, stessi amici, stessa merda. Comunque uno ad uno se ne stanno andando, chi si diploma, chi va all'università, qualcuno si sposa perfino. Piccoli bastardi. Esco di casa. Ho perso il Casio nero, o meglio, l'ho rotto, e non so più l'ora. Credo sia presto, le dieci del mattino, o le undici. Il cielo fa schifo e anche gli alberi, il mio umore invece è allegro e triste, tristefelice. Entro in un bar e prendo un caffè: – Macchiato per favore.
Il barista dal volto anonimo mi prepara il CaffèMacchiato e me lo porge con un'aria di falsa cordialità. Bevo il mio caffè (fa schifo) e poi dico: – Senti bello, non è che posso passare più tardi a pagarti il caffè? Ho scordato il portafogli.
Il barista risponde: – Offre la casa.
Io allora mi alzo e me ne vado, pronto a vagare, ma difronte a me, sull'altro lato della strada,  appoggiando al cruscotto di un'auto nera, scorgo una figura. Ian. Stava con un gruppetto di ragazzi e ragazze: due biondine, una moretta, un tizio alto dal capelli lunghi e neri, ed Il Biondo della festa. Sghignazzavano in modo irritante, chissà di chi, chissà di che cosa. Penso che no, non correrò da lui e gli dirò "mimanchimimanchimimanchi", ma piuttosto me ne starò qua, quindici metri di distanza, fumando una sigaretta a fissarlo. E allora lo faccio. Cerco di assumere una posa svogliata e non curante. Ad un certo punto vedo una delle bionde sussurrare qualcosa a Ian indicandomi. Chissà forse qualcosa come: "C'è uno strano che ti fissa". E allora Ian mi guarda e sembra diventare pietra, fa cenno di aspettarlo agli amici e corre da me.

– James – Dice lui ansimante, come se avesse corso una maratona.
– Ian.
Ora, ora, ora mi posso scogliere ai suoi piedi e convincerlo a venire con me ovunque, in ogni dove. Invece continuo a fumare la mia sigaretta e dico: – Che ci fai qua?
– In che senso?
– Mi avevano detto che eri partito.
– Ora sono tornato.
– Bene.
– Bene.
Momento di silenzio, lui tiene gli occhi bassi, poi dice: – Senti, ti va di farci un giro? Dico ai miei amici di andare.
Io faccio un leggero segno di approvazione con il capo e lui fa cenno ai suoi amici di andar via.

Mi guarda negli occhi, e non è nulla di speciale, e mi prende per mano, e non è nulla di speciale.

Corriamo un po' mano nella mano, e ridiamo e scherziamo, e sembra quasi bello, quasi un film. La tragedia è: che non lo è.

– Ci divertiamo un po'? – dice lui. Io non rispondo e lo guardo.
– Vedi quel piccolo supermercato – indica un supermercato difronte, un piccolo discount dall'insegna gialla e rovinata – non ci sono telecamere, rubiamo qualcosa.
– Va bene.
Rubiamo un pacchetto di caramelle e delle gomme da masticare. Ian ha preso una birra (l'ha pagata) ed adesso stiamo seduti per terra in un vicolo. Lui beve la sua birra scadente ed io fumo una sigaretta.
– Non pensi di fumare un po' troppo? – dice lui.
– Non sono affari tuoi.
– Se poi ti viene un tumore lo sono.
– Io non credo.
– Come vuoi.
Ian forse è cambiato, Ian sembra cambiato, meno timido, più corrotto, più spavaldo. Prima lui era il più grande ma non lo era, ora è il più grande e lo è. O almeno così pare. Voglio scoprire questo nuovo Ian, mi piacerà ancora? Gli piacciono ancora i Joy Division? I film francesi? Nouvelle Vague? Jean-Paul Belmondo? Forse adesso gli piace Hollywood, il falso. Forse, o forse no. Forse non mi ama, forse non mi ha mai amato.

Ian: James?
Io: Che c'è?
Ian: Vieni da me stasera.
Me Stesso: No.
Ian: E perché no?
Proprio Io: E perché si?
Proprio Lui: Ti amo.
Una Persona Che Parla Per Me: Mi ami.

Ian posa la birra e mi toglie la sigaretta di bocca, mi guarda, ammira, studia, analizza, mi riguarda e mi bacia.
– Vieni a stare da me – dice, – Come vuoi – rispondo.

Ciao.

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