capitolo dieci

286 40 7
                                    

-

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

-

1999, Gennaio

Ian piange disperato sulla mia spalla. La nostra relazione continua ad avere alti e bassi, in realtà avevamo chiuso, ma quello stronzo di suo padre è volato in cielo (schiattato) e chi può consolare Ian se non io?
Grazie mille Stronzo! Non c'è sentimento migliore al mondo!
Secondo me a Ian della morte del vecchiaccio, non gli dispiace tanto: la sua vera preoccupazione è il mantenimento. Il padre e lui avevano litigato in passato e si era ritrovato a lavorare il quel negozio di videocassette scadente, ma poi avevano fatto pace: paga assicurata di nuovo. Però adesso che è morto, non c'è scampo! Il negozio aveva chiuso da tempo, lui non aveva alcun diploma o qualifica. E poi di lavorare non gli andava proprio - era resistito solo un mese a dirla tutta. Non può contare sulla madre: l'ha sempre ripudiato, era il padre che gli mandava i soldi. Con il vecchio fuorigioco si trova con niente in tasca. E così piange e piange e sporca la mia maglietta. Io tutto dispiaciuto passo la mano tra i suoi capelli.
- Va tutto bene, andrà tutto bene...
Lui continua a piangere. Tanta disperazione mi sorprende.
- Calmati amico! Anche il mio vecchio è schiattato...all'inizio è difficile, passare dal mantenimento assicurato alla povertà...e poi ci sei già passato, lavorare non sarà mica così complicato...anche io di tanto in tanto lo faccio...smettila di frignare!
- È morto mio padre! - risponde soffocando il volto nella mia spalla.
- E cosa te ne importa? Non fare lo stronzo! Lo so che ti frega solo del mantenimento!
Ian allora smette subito di piangere e si toglie dalla mia spalla, si alza e me lo ritrovo difronte con uno sguardo rabbioso nei miei confronti.
- Ma per chi mi hai preso? Guarda che io ci tenevo a mio padre! Fuori da casa mia! Chiamarti è stato un errore!
Io allora neanche gli rispondo e mi alzo da quel dannato divano (senza colore) e me ne esco tranquillamente. Tanta agitazione proprio non la capisco...
Uscito quindi da quella casa maledetta, decido di farmi un giretto. Erano le undici di sera e la notte mi stava aspettando. Dalla nostra ultima rottura ero riuscito a tornare alle mie care vecchie abitudini (alcol e puttane), senza alcun rimorso. Mai.

Eppure quel suo sguardo, mi manca sempre.

una settimana dopo

Ho conosciuto una ragazza. Bella, alta, mora. Tette piccole ma gran bel culo! Mozzafiato, totalmente. Bella davvero, bellissima, stupenda. Lo penso sul serio.

Peccato che è odiosa, terribilmente odiosa. Noiosa. Arrogante. Le persone come lei sono le peggiori! Mi manca...chi? No, nessuno.
Comunque con questa mi ci sono messo ieri. L'ho conosciuta in un localetto il giorno in cui Ian in lutto mi ha cacciato dalla sua casa. Lei è proprio perfetta, la odio a morte, ma è perfetta, è la peggiore, ma in fondo non importa: è perfetta.
Ogni sera andiamo fuori a bere e fare le solite cose, sapete...le solite. Veramente una ragazza amabile. Dunque, me ne sto tranquillo con la mia amata su questa bella panchina rovinata, e tutto d'un tratto si sentono delle grida, bottiglie rotte, pugni, le solite cose...
La grande sorpresa è che la rissa la intraprendere proprio quello stronzo di Ian! Forse suo padre gli manca così tanto che ha incominciato a fare a botte.
Dico: - Senti, mi alzo un attimo a vedere da vicino, conosco il ragazzo.
Lei: - No! Ti farai male! Non t'avvicinare a quei due!
Dico: - Zitta.
E quindi mi alzo e mi dirigo verso i due che s'azzuffano: davanti a questo bar scadente, proprio all'entrata. Il bar fa d'angolo alla stradina in cui siamo, ci sono stato una volta, brutto posto, gente stupida. Ian sta lì a sbraitare e a darsele di santa ragione con questo tizio dai capelli biondi. Mi accendo quindi una sigaretta e mi metto a distanza ravvicinata, ma sempre di sicurezza, a scrutarli. Chissà se si metterà male...forse si è già messa male...forse dovrei aiutare Ian.
Decido quindi di buttare la sigaretta e prendere un pezzo di legno (probabilmente una gamba di un tavolino rotta, uno di quei tavolini che stanno fuori dal bar sulla sinistra) e mi avvento sulla testa del tizio, il quale tutto stordito smette di combattere e allora grido: - Scappa! - a Ian. Lui si mette a correre svoltando l'angolo, io lo seguo e corriamo insieme. Verso l'infinito! (Mai oltre).

Svoltando di qua e di là arriviamo in una stradina, ma tanto il tizio non ci rincorreva. Quindi decidiamo di fermarci. Io mi siedo appoggiando la schiena al muro di sinistra di quella stradina e lui difronte a me a destra. Non avrei detto neanche una parola, non una sola: non sarei caduto nella trappola.
Lui: - Grazie...amico.
Io: mutismo
Lui: - Stavi seduto con una...
Io: non cedo.
Lui: - Chi è?
Debole me: - Guarda che lo sapevo
Sconosciuto: - Cosa?
Iracondo me: - Lo sapevo...che ti vedevi con qualcuno.
Maledetto Lui!: - Senti, non farmene un torto, lo sai su...le cose tra noi...non erano le stesse...tu non...
Non starò ad ascoltare nient'altro! Mi alzo e me ne cammino via, imbocco a destra un'altra stradina, sfortunatamente quel pezzo di catrame mi rincorre. C'è un piccolo negozio che doveva  essere di caramelle sulla destra. Però è deserto, abbandonato. Resta solo un'insegna diroccata: "Caramelle di tutti i tipi!".
- Aspetta! Perché non torni da me? Si, ho cercato così tante volte di cacciarti...ma infondo non ho nessun altro, non che tu sia l'ultima possibilità...sai cosa intendo...James, mi manchi, da morire, dico sul serio sai...Giuro non ti caccerò mai più... - ormai mi ero fermato ad aspettarlo, per sentire tutta questa bella cantilena. Forse s'era preparato il discorso. Possibile che non lo capisca! Questo è circolo vizioso, io l'ho capito! Non possiamo rincorrerci all'infinito, non è possibile, non possiamo. Tutto questo, di chi è colpa? Dei poeti forse? No, no è colpa della mia cara mamma. Cara mamma, perché mi hai fatto finire così? Non sai forse educare tuo figlio?

Io e Lui, non siamo legati dall'amore. Questo non è amore. Questa è sopravvivenza, disperazione, cercare un sentimento, perpetuamente cercarlo, questo sentimento che rincorriamo possiamo darcelo solo noi: insieme. Non c'è nessuno che possa donarmi quel che Tu mi doni. Ma Tu non mi doni amore. Ian non mi dona amore. Questo non è amore. Non è l'amore come me l'hanno descritto, non è sofferenza, non è nulla: piacere di sicuro, ma molto di più. Forse è dipendenza, forse la coca e Changbin sono la stessa cosa, forse...forse non esiste questo sentimento.
Cosa esiste in questo posto, in questo momento? Questo posto...io ci sono già stato. Questa via, questo negozietto, io lo conosco. È qui stato l'ultimo bel ricordo. Ultimo gesto di dolcezza da parte tua, mamma. Mi comprasti un sacchetto pieno di caramelle di tutti i tipi - non era da te - e mi rivolgesti un sorriso - primo ed ultimo - e mi dicesti: «Infondo, un po' di bene te lo voglio». Vecchia megera! Cosa mai ti ho fatto io? Mi dispiace di cuore, di non esser nato morto!

E forse, quel che amo di Te, è che sei come Lei. Anche Lei amava quel che ami Tu. L'unica differenza è che Te ami anche Me, e Lei quello, non l'ha mai fatto.

- Mi manchi anche tu.
Svengo.

-

sta per finire [:

« Quando il pane è un privilegio »Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora