trasformismo

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Intorno a me c'è solo neve, freddo, ghiaccio.
Turbina catturando i miei capelli, intrappolando le mani, e non posso far altro che camminare.

Urlo nel freddo ma nessuno mi sente.

Sono una foglia, una foglia vecchia, gialla, secca, caduta dal ramo di un albero lontano, una foglia in balia del vento e del ghiaccio; così come quelle di tutto il mondo, veleggio e volteggio, il vento è il mio padrone e il movimento che mi impone somiglia a una danza. O quantomeno tutta la gente che popola il mondo lo paragona a un ballo, ma in verità la mia è solo disperazione.
Sono sola in una tormenta mortale, sono sola in mezzo al nulla, e nessuno mi troverà.
La neve è mia compagna di viaggio, sento il freddo addosso e so che mi ucciderà, il ghiaccio mi irrigidisce, e quasi non sono più io.
La mia voce si perde chissà dove, gli ululati del vento la raccolgono promettendo di trasportarla lontano ma nascondendola per sempre tra le loro lunghe dita di ghiaccio.

E la forza mi viene a mancare.

La notte è oscura e densa, mi sento come tra le braccia di un genitore, un bambino che stringe gli occhi nascondendo il volto nel seno materno; ma se presto più attenzione, se mi concentro meglio, la stretta è più simile a quella di un vile assassino. Ti coglie alle spalle, le mani che carezzano la gola non portano fremiti di piacere ma brividi d'orrore. Il corpo sa prima della mente, e prevede il futuro meglio di una veggente.

Urlo nel buio ma nessuno mi sente, nessuno mi ascolta.

Sono una farfalla dai mille colori, ma chi può vedermi in questo buio asfissiante? Le mie ali brillano, splendono di colori disturbanti, mal abbinati, feriscono gli occhi, ma qui il mio potere è nullo; il buio pesa, pesa come una condanna sul capo chino di un uomo innocente, pesa sulle mie ali e il mio volo diventa lento. Come una rana che nuoti nella melassa, muovo le ali sempre più stancamente.
E morirò, chi si ferma muore, vita è movimento.

E la forza mi viene a mancare, il movimento inizia a fermarsi.

Il silenzio è fatto di cotone, bianco e soffice come l'ovatta. Riempie le orecchie di fischi inesistenti, alla fine ti credi pazzo, folle. E il silenzio ha trionfato.
L'ovatta del silenzio nasconde la realtà alla gente. È come la nebbia: è bianca e bagnata, ma non bagna davvero. Ti da l'impressione di farlo, e alla fine ti convinci sia così. Da vicino non la vedi, la cogli solo se guardi lontano, e così è il silenzio, quando si avvicina non lo senti. Ti ingloba nelle sue candide braccia senza che tu neanche te ne accorga, strisciante e subdolo; e finché non ci sei dentro non capisci di esserci, e quando finalmente lo sai è troppo tardi ormai.

Urlo nel silenzio ma nessuno mi sente, nessuno mi ascolta, nessuno mi vede.

Sono un raggio di sole, ma come posso vincere la nebbia del silenzio? Non faccio rumore, ma è forse un vantaggio?
La gente va e viene e non si accorge di essere sua prigioniera, e così perde udito, vista, olfatto...

Il silenzio mi spegnerà, e il raggio di sole morrà.

E la forza mi viene a mancare, il movimento inizia a fermarsi, i pensieri divengono densi.

C'è folla intorno a me.
Le persone camminano, chi verso destra chi a sinistra, chi su chi giù, alcuni mi vengono incontro, e altri si allontanano. Sono tutti diversi, ma se si ha la pazienza di osservare si scopre che tutti sono uguali. Tutti i visi hanno le stesse fattezze mostruose, se si ha l'accortezza di osservare nei punti giusti; non vogliono mostrarsi e sono attenti, i mostri, ma con la coda dell'occhio, se guardi senza farti vedere, allora ti accorgerai di tutto.

Urlo nella folla ma nessuno mi sente, nessuno mi ascolta, nessuno mi vede, nessuno mi salva.

Sono un carcerato, automa tra le fila di mostri quotidiani; cerco la fuga ma tutti mi riconoscono, e il complotto intorno a me è evidente. Solo che entrambe le parti fingono, io di non sapere, loro di non conoscermi e di non vedere.
E continuiamo il nostro spettacolo quotidiano, fino a quando la follia non mi avrà ucciso.

E la forza mi viene a mancare, il movimento inizia a fermarsi, i pensieri divengono densi, la paura comincia a dilatarsi.

Cado nel vuoto.
Sento il vento che fischia e la gravità che mi pretende. Forse mi ama, forse non può fare a meno di me, forse mi desidera tutta per sé e non accantonerà mai la pretesa di avermi.
E ce la farà? Forse sì, nessuno può immaginare né tantomeno sapere cosa può un folle desiderio.
Forse può tutto.
Forse è impotente.
Ma mai impotente quanto me.

Urlo nel vuoto ma nessuno mi sente, nessuno mi ascolta, nessuno mi vede, nessuno mi salva: non c'è nessuno.

Sono una piuma, morbida e incorporea, ma cado come avessi la massa di un sasso. Sento che la mia fine è vicina, e nessuno sarà qui a presenziare all'evento.
Quando la morte arriva non è mai come ce la si l'aspettava: niente poesia, nessun romanticismo, niente lacrime né un pubblico sofferente. Solo sangue, ultimi pensieri, pensieri interrotti e mai completati, e dolore.
Dolore solitario.
Non ci sarà nulla di grandioso ma solo una piuma che cade.
Solo una foglia che congela, una farfalla che spira, un raggio di luce che si estingue, un carcerato che si suicida. Una piuma che cade.

E la forza mi viene a mancare, il movimento inizia a fermarsi, i pensieri divengono densi, la paura comincia a dilatarsi, e la speranza va a morire.

E questo trasformismo mi porta via, mi trascina nel vento, e non so chi sono.

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