Capitolo 3

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2 Aprile 2016.
Due settimane erano già trascorse dalla prima gara, e quello era già il loro secondo sabato di prove. Era il turno del circuito di Rio Hondo, in Argentina. 
In quelle settimane di semi-libertà i piloti non avevano  di certo interagito molto tra di loro, ma già da quel mercoledì era ricominciato uno strano scambio di battute tra Kain ed il francese, che si mostrava pian piano sempre più sfrontato e deciso, lasciando da parte quella sorta di timidezza portata da quella situazione così nuova ma al contempo così familiare.

Come ogni volta, il campione volette farsi attendere, presentandosi alle qualifiche con i soliti trenta o più minuti di ritardo. Il suo compagno di scuderia era già in pista, ed il semplice vedere l'espressione di Søren gli fece quasi rivivere un flashback direttamente dalla scorsa gara. «Ti prego. Non dirmelo, non di nuovo.» «Così impari a prendertela con comodo, nano.» «Non sviare il discorso! Liberté, égalité e fraternité ha il giro veloce?» L'altro non trattenne una risata, spostando una lunga ciocca rossiccia dal viso. «Prevedibile, vero?».
Kain non perse tempo e salì subito sulla sua Honda. Quel novellino prometteva bene, ma non gli avrebbe certo reso le cose facili. Quello era il suo titolo e nessuno poteva portarglielo via. 
Non appena in pista, iniziò a spingere fin da subito. In pochi giri aveva già ottenuto la pole position. Diverse volte aveva affiancato il francese, intento anch'esso a fare il suo tempo migliore, ma alla fine di quelle prove giocate fino all'ultimo millesimo Kain si posizionò primo, e Clyde dopo di lui.

Appena sceso dalla moto, Gray si lanciò tra le braccia del suo fidato meccanico, lasciandogli ironicamente un bacio sulle labbra. Tralasciando gli innumerevoli rapporti tra i due -e tutti sappiamo di che tipo di rapporti stiamo parlando-, il loro legame era ormai arrivato ad un livello quasi fraterno. Quell'innocuo bacio era più un gesto ironico che altro. «La moto va una meraviglia, brava puttana!» In tutta risposta lui lo spinse via tra le risate, allontanandolo con una pacca sul sedere. A contornare quella scenetta a dir poco imbarazzante c'era anche Yurick, intento a fare battute decisamente superflue e spinte su lui e Kain, e su come l'islandese "non avesse il diritto di sfiorare quel culo nemmeno col pensiero". «Allora è per questo che la tua moto va sempre così bene, petit souris! Dovrei iniziare anche io a portarmi a letto i meccanici per avere risultati migliori?» Clyde non si fece attendere molto, e li raggiunse con ancora il casco sotto braccio senza smettere di ridacchiare davanti a quel quadretto. Ormai quella di riferirsi all'altro come "topolino" era diventata un'abitudine. «Se ci porti me te l'aggiusto io quel cesso di moto, Gautier!» rispose quasi infastidito, scollandosi di dosso gli altri due e avvicinandosi al suo rivale con la solita aria sfacciata e sicura di sé. «Ma siamo nemici, nain angles! Al massimo potrei farci un pensierino quando il mondiale finirà...» Kain alzò gli occhi, non solo per l'offesa nell'onore arrecata da quel "nano", ma per la frase in sé. «Non so se essere scioccato da questa sorta di coming-out celato o se essere semplicemente infastidito dal tuo essere così fottutamente noioso, mangia baguette del cazzo» «Magari ti inviterò a cena fuori una sera di queste per farti convincere del contrario» «Non vado a cena con nessuno se dopo non si scopa!». Ogni singola volta che aprivano bocca, quei due finivano per fare discorsi del genere. Kain era il tipo da innervosirsi per ogni cazzata, mentre Clyde riusciva bellamente a tenergli testa e anzi, infastidirlo come nessun altro riusciva a fare. Una combo perfetta per degli sketch comici, insomma. Gli altri due invece se la ridevano per conto loro, divertiti da quell'aria "sessualmente tesa" tra i piloti. «Gray, non abbassarti a certi livelli soltanto perché sei in astinenza! Sarebbe una caduta di stile farsi un francese, non trovi?» «Voi due, Elsa e Anna, fatevi i cazzi vostri. E tu, français de merde, tornatene ai tuoi box prima che ti metta sotto con la moto!» «Je me rends, mon petit souris! Abbi pietà di me!» esclamò alzando le mani in segno di resa, indietreggiando fino ad uscire dai box Honda. «Arrendervi è quello che sapete fare meglio, voi francesi» «Touché» ammise ridacchiando e spostandosi delle ciocche ribelli dal viso. Aveva decisamente bisogno di uno shampoo: il casco rendeva i suoi capelli uno schifo -più del solito, diciamo-. «Vedremo chi si arrenderà domani, Gray» mormorò accennando appena un sorrisetto, prima di tornarsene dal suo team. Kain si voltò verso i suoi amici subito dopo, con un'espressione tra l'esasperato e lo stanco. «Non una sola parola brutte merde. Osate solo dire che sono morto di cazzo e vi giuro...» «Lo stai dicendo da solo, campione» ribatté di getto il rosso, trattenendo una risata e cingendo le spalle di Yurick col suo braccio. A questo punto non trattenne un'imprecazione e si ritirò in albergo, dopo aver mandato bellamente a quel paese i suoi amici. 

La gara Argentina il giorno seguente non ebbe i risultati sperati per il campione.
Per una volta dovette accontentarsi del secondo posto. Ma ciò che davvero gli mise rabbia, fu dover ammettere al suo rivale di aver perso. Dovergli stare accanto nel gradino a destra del podio lo irritava da morire. 
«Non tenermi quel broncio, mon petit souris! Sono pur sempre venti punti...» «Il secondo è il primo dei perdenti. Non mi vedrai mai sorridere per venti schifosissimi punti» Kain gli allontanò subito una mano, pericolosamente vicina ai suoi capelli. Non voleva alcun tipo di conforto o di frase motivazionale del cazzo. «Dovresti correre per divertirti, sai?» «Rischio la morte ogni singola volta che salgo su quella moto, Gautier. Io corro per vincere» sbottò, allontanandosi subito dopo la premiazione senza nemmeno degnare di uno sguardo giornalisti e colleghi. Non era abituato alle sconfitte, e quella di quel giorno contro Clyde Gautier lo aveva irritato come nulla prima d'ora.

La gara successiva, quella di Austin -America-, aveva mostrato un Kain Gray totalmente diverso dalle volte precedenti. Concentrato, silenzioso e puntuale, aveva corso con maestria portandosi a casa la vittoria, lasciando dietro di cinque punti il francese. La prossima gara, l'ultima del mese, si sarebbe corsa sul circuito di Jerez, in Spagna. 

20 Aprile 2016, mercoledì prima del gran premio.
I membri delle scuderie erano già arrivati, intenti ad organizzare tutto alla perfezione per le prove libere dei giorni seguenti. Kain se ne stava tranquillamente ai suoi box, seduto come se nulla fosse su un mobile accanto agli attrezzi di Søren intento ad agitare avanti e indietro le gambe. Non indossava la tuta, ma degli abiti normalissimi. In realtà poteva benissimo andarsene in albergo in quei momenti; preferiva però un po' di compagnia, in assenza dei suoi tipici svaghi -che doveva assolutamente evitare durante la stagione per ovvi motivi-. La vera sorpresa fu veder spuntare il suo rivale, come se nulla fosse, con un casco -non il tipico da corsa, era sicuramente quello che utilizzava per andare in giro fuori dalla pista- sottobraccio. «Gray, hai da fare?» «Non vedi quanto sono impegnato?» fu la risposta palesemente sarcastica ed impacciata  dell'altro, che incuriosito da quella visita decise di scomodarsi ed avanzare verso di lui. «Ti sposti in moto anche fuori dalle gare? Beato te che ne hai il tempo» «Da quel che vedo, in realtà, tu il tempo ce l'hai ma lo sprechi a non far nulla. Prendi il casco e seguimi, piuttosto». Il sorrisetto che gli rivolse Clyde era a dir poco adorabile. Uno di quei sorrisi da "prima conferenza", di quelli che avevano fatto incuriosire il campione. Anche lui ricambiò l'occhiata -forse in modo giusto un po' più ammiccante-, rispondendo però «mi pare di averti già detto che non esco con nessuno se non si scopa dopo». «E dai, non vuoi fare un giro sulla mia moto?» «Preferirei farlo sul tuo cambio, ma se proprio non ho altra scelta...». Clyde trattenne una risata, prima di scompigliargli i ricci. «Ti aspetto all'uscita dell'hotel, Gray» mormorò prima di allontanarsi, e lasciarlo solo in preda alle occhiate maliziose del suo meccanico. «Guarda che devi riuscire a sederti sulla moto, domani!» «Qualcosa mi dice che -sfortunatamente- riuscirò a farlo senza problemi» sospirò, sistemandosi i capelli che l'altro gli aveva arruffato. «Ci vediamo domani, Søren» disse, accennando un saluto con la mano destra prima di andarsene. 

Vestirsi in modo elegante non faceva per Kain. Infatti aveva optato per dei jeans attillati ed una maglia piuttosto semplice, per non dare troppo nell'occhio in giro per le strade della città. Poco dopo venne raggiunto dal francese, che sembrava quasi uscito da Grease con quel giubbotto di pelle. Era in sella ad una Kawasaki Ninja, una belva in grado di eguagliare quasi le prestazioni di una moto da gara, pur essendo progettata per strada. Non appena si tolse il casco, rivolse al castano uno dei suoi sorridi più belli, passandosi una mano tra i capelli per sistemarli alla bene e meglio. «Bonsoir, mon petit souris!»
Kain, senza farsi troppe domande e anzi indossando in fretta il suo casco -sì, quello da gara, non avendo altro a disposizione quella sera- , prese posto dietro di lui e lo strinse forte, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Bonsoir français de merde, dove hai intenzione di portarmi stasera?» rispose subito imitando il suo accento, e ridendo di gusto nel vedere le guance arrossate dell'altro. «A fare qualcosa di illegale, o a farti bere così tanto da farti ubriacare e poi portarti a letto» «Non serve l'alcool per quello, novellino, cosa non ti è chiaro?». Clyde scoppiò a ridere, rimettendo il casco nel frattempo. «Sicuro non sia un problema uscire senza qualcuno che ti tiene d'occhio? Sembri molto tipo da bodyguard e limousine.» «Vaffanculo, accendi 'sta cazzo di moto!» esclamò, poggiando la testa sulla sua schiena non appena partirono.

In effetti, non gliene fotteva poi molto di dove lo stesse portando.

Gli andava già bene così. 

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