Capitolo 12

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Anche quella mattina si risvegliarono insieme, stretti l'un l'altro. Nonostante ormai prossimi all'estate, quel giorno l'aria era fredda, e tra lo scrosciare della pioggia lenta sulle finestre ed il calore di quel letto, Kain non sembrava avere la benché minima voglia di alzarsi -tanto che, per tutta risposta alle sollecitazioni dell'altro di muoversi, finì solo con l'affondare il viso sul suo petto ancor di più-. Non passava giorno senza che Clyde trascorresse minuti interi a osservare il campione sul suo petto, a sfiorarlo tra quei riccioli ramati, e a pensare a quanto fosse fortunato. Era arrivato nella classe principale convinto di sapere già tutto su di lui, ed era entusiasta di sfidarlo. Ma poi, col tempo, aveva scoperto tratti che lo stesso Kain riusciva a nascondere bene al resto del mondo. Tutti lo consideravano uno dei più "veri" lì dentro, ma -seppur in parte fosse così- c'erano cose che solo Clyde era riuscito a vedere di lui. Le sue insicurezze, i suoi rimpianti. E anche quei suoi atteggiamenti dolci, che mai avrebbe pensato sarebbero stati riservati a lui. Kain Gray era una continua scoperta, e Clyde non avrebbe mai smesso di provare a capirlo completamente.

Il sabato di prove non prometteva affatto bene. Le ventuno curve del circuito di Assen stavano mettendo seriamente in difficoltà tutti i piloti, e la leggera pioggia di quella mattina non aiutava di certo. Ad avere il giro veloce in quel momento era Clyde, con il suo minuto e trentaquattro secondi, seguito da un pilota della Ducati con qualche decimo in più. Dietro quest'ultimo c'era Kain. Almeno in tre erano già finiti a terra, chi per distrazione e chi per il clima, ed il francese quasi non riusciva a reggere la tensione di quella pole position. In fin dei conti poco gli importava di partire primo o partire decimo, ma conoscendo Kain sapeva che avrebbe potuto fare una cazzata delle sue: più volte aveva spinto oltre il limite durante le prove, per poi capire il giorno dopo quando fermarsi. E detta così poteva anche sembrare una buona idea, se solo non gli avesse procurato chissà quante cadute tra libere e qualifiche. In cuor suo sperò fino all'ultimo di non vederlo esagerare, pregò affinché i ricordi ancora troppo vividi del mese precedente in Italia potessero in qualche modo frenarlo. Alla fin fine sarebbe partito terzo se avesse tenuto quel ritmo, e sulla griglia di partenza avrebbe di sicuro recuperato immediatamente quelle due posizioni. Ma era un momento decisamente delicato per il campione, che a quel punto della competizione si ritrovava in testa con soltanto ventidue punti in più di Clyde. Se fosse arrivato secondo avrebbe perso una posizione non solo in gara ma nell'intera classifica del mondiale. Si giocavano il titolo a quel punto, e nessun timore o sentimento avrebbe frenato quella testa calda di Gray. Riuscì a migliorare il suo tempo, ritrovandosi secondo. Ma non era abbastanza. Kain continuò ad accelerare di giro in giro, decimo dopo decimo, settore dopo settore. Ma quando, a causa della pista bagnata, si ritrovò a rotolare sulla ghiaia, capì di doversi accontentare di quel tempo, una volta tanto. Diverse imprecazioni accompagnarono la sua caduta, che fortunatamente non fu particolarmente grave -infatti riuscì a rialzarsi praticamente subito-. Qualcosa però non era al suo posto, era chiaro. «Cazzo, è fuori!» sbraitò, portandosi immediatamente una mano sulla spalla sinistra. I medici di gara lo raggiunsero subito, ma Kain tornò da solo ai suoi box, urlando con un certo nervosismo «ce la faccio!». Alexander gli corse incontro, fermandolo proprio all'entrata. «Ti sei seriamente dislocato una spalla? Di nuovo? Quante cazzo di volte hai intenzione di farlo succedere, una all'anno?» «Dislocata, addirittura! È giusto un po'.. Più avanti del normale.» «Sì Gray, porca puttana. Siediti e aspetta che torni qui con un ortopedico...» stava per allontanarsi, ma si voltò nuovamente dopo essersi battuto una mano contro la fronte. Anche nel mondiale precedente Kain aveva rischiato di rompersi le ossa parecchie volte, e lui stava decisamente perdendo la pazienza -non solo per motivi sportivi, ma quanto più per pura preoccupazione nei suoi confronti-. «Mio Dio, se solo potessi ti gonfierei di schiaffi. Dovevi fare questa cazzata a metà mondiale? Ti avevo espressamente chiesto di stare attento! Di non esagerare, cazzo, non dopo il Mugello! E tu cosa fai? Ti spalmi a terra per delle stupide qualifiche!» «Alec. Non è così grave o starei già piangendo. Ora piantala e muoviti, o giuro che me la sistemo da solo 'sta merda!». Entrambi sembravano abbastanza alterati, sebbene per motivi diversi. Il maggiore però decise di ricorrere a quel briciolo di buon senso rimastogli e si diresse immediatamente da chi di dovere. Mentre Kain attendeva i suo ritorno, il meccanico al suo fianco sembrava invece riderci sopra. «Vuoi proprio farti cacciare dalla Honda, nanetto? Dovresti calmare i bollenti spiriti, almeno col capo.» «Ma se è stato lui a fare la sceneggiata!» «Sei stato tu ad esagerare, perché sei un coglione. La gara prima sembri fartela sotto e hai paura di farti ammazzare, e adesso che hai realizzato di avere Clyde al culo -e non nel modo in cui vorresti-, sei tornato a spegnere il cervello?»
Tra i due ci fu qualche secondo di silenzio. In effetti non esisteva un modo per ribattere a quell'affermazione: Søren aveva ragione. Era stato innegabilmente un incosciente, ma lì per lì la paura di perdere lo aveva fatto uscire di sé. «Non ricapiterà» mormorò, forse più a se stesso che all'amico. «Lo spero proprio piccoletto» ribatté. Pochi minuti dopo Alec tornò da lui con il medico come promesso, che con una spinta ben assestata nel punto giusto riuscì quantomeno a raddrizzargli la spalla. L'inglese non riuscì a trattenere un gemito di dolore a quel gesto, e nonostante sapesse che lo stavano aiutando dovette trattenersi dall'istinto di tirargli una testata. In pochissimo tempo il box Honda iniziò a riempirsi di gente: giornalisti, colleghi, persino Clyde. «Non c'è nulla da guardare, sono scivolato e basta! Sto bene, per favore...» il campione portò indietro la testa, con aria rassegnata «Lasciatemi respirare un attimo». Quando la maggior parte delle persone finalmente si allontanarono, il francese riuscì ad avanzare, inginocchiandosi davanti a lui e prendendogli le mani. «Sicuro vada tutto bene? Dio mio, mi hai fatto morire di paura... Mi avevi promesso di fare attenzione» il suo tono di voce voleva sembrare severo, ma risultò semplicemente preoccupato. Assicurandosi di non essere visto dalle telecamere -grazie anche all'aiuto di Alec che fece letteralmente uscire tutte le troupe a forza- avvicinò le mani di Kain alle sue labbra, lasciandoci sopra un bacio. Era un po' un modo di dirgli che sarebbe passato tutto in fretta, che lui era lì. E quel gesto tanto dolce non poté far altro che far sentire Kain ancora più in colpa per quel suo stupido egoismo. Ci stava provando davvero con tutto se stesso a cambiare. Non poteva più permettersi cazzate del genere: non tanto per lui, quanto per Clyde -e chiunque altro tenesse un minimo a lui-. Sicuramente lo aveva deluso, quel giorno. «Domani starò bene» sussurrò con un filo di voce, cercando di accennare un sorrisetto verso di lui. Spostò lentamente le mani sul suo viso, come per ringraziarlo, poi gli scompigliò i capelli. «Adesso però torna dal tuo team o ci ammazzano entrambi, Romeo. Ci vediamo dopo, mh?» e l'altro, senza ribattere, obbedì.
Come previsto si incontrarono di sera, a giornata ormai terminata. Ebbero soltanto il tempo di andare in camera insieme. Ma in quel momento, stanco com'era, riposare tra le braccia di Clyde era tutto ciò che gli serviva.

Quella domenica il cielo era sereno. Aveva smesso di piovere già nel primo pomeriggio del giorno precedente, e durante la gara tutti fecero del loro meglio. Kain riuscì addirittura a redimersi dalla cazzata fatta nelle prove guadagnandosi un più che meritato primo posto -conteso fino all'ultima curva, come al solito, con Clyde-. Quest'ultimo non sembrava nemmeno irritato da quell'ennesimo distacco in classifica, anzi: era più che felice di vedere il suo campione tanto felice e sicuro di sé. Aveva decisamente bisogno una botta di autostima in quel momento, e mostrare a tutti come nonostante due incidenti in così poco tempo poteva comunque riuscire a vincere, gli sarebbe sicuramente servito. Il suo titolo per il momento era salvo, e finalmente sarebbe potuto tornarsene un po' a casa a riposare.

Inghilterra.
La prossima gara si sarebbe disputata in Inghilterra.

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