Capitolo 13

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13 Luglio 2016, Inghilterra.
Quel cielo grigiastro gli era mancato da morire. Finalmente era di nuovo a casa, e non appena sceso dall'aereo la prima cosa che fece fu andare a cercare Clyde. Ed eccolo lì, con il cellulare tra le mani davanti l'ingresso dell'aeroporto di Luton. Lo strinse subito dalla schiena prendendolo alla sprovvista, facendolo sobbalzare. Al francese bastò abbassare lo sguardo sulle mani che gli cingevano la vita. Lo avrebbe riconosciuto anche dal più piccolo dei dettagli. 
«Felice di correre in patria, topolino?» mormorò con una certa ironia prima di voltarsi a guardarlo, non trattenendo un sorrisetto a notare quell'espressione soddisfatta sul suo viso. Kain annuì, prima di prendergli la mano e trascinarlo in fretta dall'altra parte del marciapiede. «Sai che visto che mi hai costretto a girare il tuo paesino con te adesso ti tocca fare lo stesso?» «Gray, conosco Londra anche troppo bene, non ho bisogno della guida turistica sai?» rise, guardando il broncio che mise su l'altro nel tentativo di commuoverlo. «Che noia, française de merde! Io cerco di fingermi romantico e tu mi rispondi così? Vaffanculo!». Pur di zittirlo, noncurante di essere visto o meno, il francese si chinò alla sua altezza per potergli lasciare un rapido bacio sulle labbra. «Non posso certo tirarmi indietro però se la guida in questione è così attraente, no?» ridacchiò, scompigliandogli i capelli e restando diversi secondi a guardare in silenzio le guance del campione arrossire pian piano. Se solo avesse potuto, sarebbe rimasto a fissarlo in eterno talmente era bello.

Tra un insulto ed un altro, dopo aver incaricato i rispettivi team di badare ai bagagli e all'albergo, riuscirono a raggiungere Londra. Come al solito non gli importava affatto di scorte e autisti privati, non volevano assolutamente dare nell'occhio -nonostante fosse difficile vista la popolarità di Kain nel posto- e camminarono per le strade della città come se nulla fosse, fermandosi ogni tanto a salutare qualche fan o qualche bambino che, esattamente come in Francia, non riusciva a credere di avere quei due davanti e gli chiedeva anche solo un abbraccio. Le ore passarono così in fretta tanto da sembrare minuti, tra le solite cazzate di Kain, diverse storie su instagram ed un bacio e un altro quando nessuno li guardava. Quando notarono il cielo ormai sull'imbrunire si resero conto di che ora si fosse fatta. A quel punto Kain si fermò, strattonando anche l'altro dal braccio. «Voglio fare un'ultima cosa prima di tornare in hotel» ammise con gli occhi più dolci del mondo, indicandogli un punto poco distante da loro che difficilmente sarebbe stato possibile non riconoscere. Le luci colorate del London Eye si stagliavano imponenti nel cielo londinese, e nonostante il campione ci fosse già salito diverse volte in vita sua mai lo aveva fatto insieme a qualcuno di così importante come Clyde. L'altro non trattenne un sorriso e subito lo strinse a sé, prima di incamminarsi senza perdere tempo verso la ruota panoramica. Avrebbe fatto di tutto per rendere quella giornata perfetta per Kain, come aveva fatto a Reims. Era il minimo che potesse fare, dopo tutti quei casini delle ultime gare. Quando arrivarono riuscirono perfino a contrattare con il bigliettaio per convincerlo a cedergli una cabina solo per loro, ed il sorrisetto sul viso di Kain fu impagabile.
Il francese si sedette accanto a lui, poggiando in silenzio la testa sulla sua spalla e restando per diversi minuti a guardare quello spettacolo stupendo davanti a loro. Le luci di Londra di sera, il Big Ben dall'altra parte del fiume. La mano di Clyde finì sulla sua gamba dopo un po', prendendo ad accarezzarla con delicatezza come se volesse soltanto attirare la sua attenzione. Con la persona giusta nemmeno il silenzio risulta imbarazzante è vero, ma adesso i pensieri nella sua testa erano così tanti che sembrava impossibile fermarli. «Non sai quanto mi mancava vederti sorridere così genuinamente, mon petit souris» sussurrò prima di sollevare il capo quanto bastava per guardarlo, poi lo abbracciò. Il viso di Kain avvampò, ma non ribatté affatto a quella cosa, anzi finì col sedersi sulle sue gambe per potergli stare quanto più vicino possibile. «Sono così fortunato ad averti con me, Gautier..» mormorò dopo qualche secondo, prendendo a giocare con le ciocche di capelli disordinate che cadevano sul suo viso «Nessuno avrebbe tollerato tutte le mie cazzate fino ad ora, sai? Né le mie battute odiose, né i miei lamenti dopo gli incidenti e..-» «Non pensarlo nemmeno, idiota» lo interruppe senza che nemmeno finisse la frase, baciandolo con una dolcezza estrema «non osare tirare di nuovo fuori la storia su come gli incidenti siano stati colpa tua, capito? Sono cose che succedono, campione. Lo sai bene. Lo sappiamo entrambi cosa voglia dire fare questo lavoro.» «Proprio perché lo so bene posso dire di essere stato un coglione! Non riesco a non pensare a tutti quei medici che mi ripetevano che potevo morire, Clyde. E sai perché non sopporto l'idea che succeda di nuovo? Perché tutto ciò a cui riesco a pensare sei tu, cazzo. Non voglio farti questo. E anche nelle scorse prove pur di superare te sono finito di nuovo a terra. Una parte di me vorrebbe davvero darsi una calmata ma l'altra.. Dio, non riesco a non pensare a dover dare il massimo. Mi dispiace se sono un casino e sono insopportabile e..-» il secondo bacio da parte del francese non tardò ad arrivare. Era il metodo più efficace che conoscesse per zittirlo, in fin dei conti. Subito dopo il bacio arrivò sulla guancia, poi sulla fronte. «Ti amo, topolino. Anche se sei insopportabile. Ti amo comunque» sussurrò tornando vicino alle sue labbra, per poi accennare un sorrisetto e aspettare che stavolta fosse lui a farsi avanti. «Sei così testardo da non riuscire nemmeno a vedere quanti progressi hai fatto in questi mesi.. E non starò qui a dirteli, uno per uno» tra una parola e l'altra non resistette all'istinto di spostargli quei ricci dal viso, per poterlo guardare negli occhi «basta che li abbia notati io, Kain. E sono fiero di te. E per quanto non voglia che tu faccia qualche stronzata, voglio anche che tu dia il massimo. Sei nato per correre piccoletto, e io non sono qui per limitarti in questo ma per farti felice. Intesi?»
Come doveva reagire davanti a quella scena? Quel ragazzo continuava a stupirlo ogni giorno. Nessuno gli aveva mai parlato prima d'ora come faceva lui. Ed era talmente impreparato ad affrontare una cosa del genere, che per tutta risposta la buttò sull'ironia, cercando di nascondere gli occhi lucidi. «Sei un bugiardo, sai? Ti chiedo di farmi felice da sette mesi e ancora non lo hai fatto» era palese a cosa si riferisse, con quella battuta. Ma ancora una volta, proprio mentre pensava di poter continuare quella discussione, si ritrovò di nuovo senza parole a sentirgli rispondere semplicemente «posso rimediare». Il suo viso divenne paonazzo in pochi secondi e cercando di metabolizzare la frase mormorò «stai scherzando?». «Ti sembra che lo stia facendo?» «Dove sono finite le tue buone intenzioni sul resistere fino alla fine del mondiale? Tutte le rotture di palle che mi hai propinato per sette fottuti mesi, mangia-baguette che non sei altro!?» Clyde scoppiò a ridere stringendolo a sé, portandogli poi una mano tra i capelli per scompigliarglieli. «Ho promesso di farti felice mon chéri, ma se proprio vuoi ritiro tutto-» «Vaffanculo Clyde, ormai lo hai detto capito? Non si scherza su queste cose. Guarda che ti lascio» «Quanto sei drammatico topolino, lasciarmi addirittura..» sussurrato ciò si abbasso lentamente sul suo collo, lasciandogli lì diversi baci. Sapeva come quello fosse il suo punto debole, tanto che -come previsto- l'altro sbottò diversi insulti sottovoce. «Puoi mai dirmi 'ste cose quando un giro qua sopra dura più di mezz'ora, française de merde?» e per tutta risposta, ridendo, l'altro gli rispose «ti amo anche io, nanetto».

Tornarono in hotel soltanto dopo cena, più di un'ora dopo quella discussione. Raggiunta la camera di Clyde, la prima cosa che Kain riuscì a fare fu stringerlo da dietro, facendo finire delicatamente le mani sotto la sua maglietta per accarezzarlo. «Quindi, mon amour? Abbiamo qualcosa in sospeso da prima di Le Mans, mi pare..» «Pensavo che aspettare così tanto ti avrebbe insegnato ad essere un po' più paziente, topolino. Sei proprio impossibile» mormorò ridacchiando appena e spostandogli le mani di dosso, sedendosi sul bordo del letto. Poi allargò le braccia, come a dargli il permesso di stringerlo. Per tutta risposta il campione gli saltò al collo ridendo e riempiendolo di baci, ribattendo sottovoce un «non so essere paziente». Stavolta le mani di Kain finirono sui suoi fianchi, e poco dopo il francese si ritrovò già a petto nudo sotto il corpo dell'altro, che gli mostrò forse uno dei suoi sorridi più dolci. Sfiorò il suo petto con una delicatezza immane, prima di abbassarsi su di lui e poggiare le labbra sulle sue. Era palese la voglia che trasmettesse quel bacio, dal quale si allontanò solo appena sentì il fiato venirgli meno. Nella foga si erano perfino invertite le loro posizioni, ma Kain non ribatté affatto. Sorrise ancora una volta, sfiorando il viso del ragazzo addosso a lui, per poi accarezzarlo lungo la schiena. 

«Sono tuo, Gautier. Je t'aime»


☆SPAZIO AUTRICE☆

Ciao a tutti! Lo so, avevo detto di dover riprendere il ritmo e invece sono sparita per circa tre mesi. Mi dispiace, non è stato un periodo facilissimo e non me la sento di promettere cose, ma dico almeno che proverò a non sparire di nuovo anche perché tengo tanto a questa storia e ormai siamo praticamente a metà. Grazie a coloro che sono rimasti e mi hanno aspettata nonostante tutto, ecco il vostro premio, un po' di felicità per questi due (..la quiete prima della tempesta COFF). A presto! Vi abbraccio forte (ma a distanza, che bisogna mantenere la distanza di un metro)! ♥

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