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A volte mi chiedo perché viviamo. Perché ci innamoriamo o perché abbiamo paura.

Io ho paura del buio, ce l'ho fin da quando ero piccolo. Non sono mai riuscito a dormire in una stanza buia senza una luce che mi garantiva otto ore di sonno esclusa la presenza di mostri che avrebbero fatto di tutto per mangiarmi. Sono fatto così, un qualunque diciassettenne che ha ancora paura del buio.

Per mia madre è normale, dice che un'giorno passerà e che insegnerò ai miei figli a non averne paura quando qui nessuno mi insegna a farlo. Qualche volta temo di essere solo anche se ho tanta gente attorno a me, nessuno mi capisce o mi ascolta. Forse sono depresso.

Me lo dicono in tanti, forse solo mio padre ma io non credo di esserlo, insomma amo la vita ma odio la gente. Non la definirei depressione ma per gli adulti tutti gli adolescenti sono depressi, poi passa. Bisogna assecondarli.

Anche se alla fine si lamentano comunque. I miei si lamentano sempre, dicono che sono uno scansa fatiche e che passo tutte le giornate davanti alla playstation3 e tutti quei giochi violenti, così:

«Caro, potresti andare in lavanderia a ritirare il bucato e per l'amor del cielo spegni quell'affare.»

«Certo, mamma, certo.»

«Hai bisogno di vivere, tesoro.» mi consiglia con l'accento tipicamente british.

«Fammi un falso ID e comprami dell'erba e comincierò a vivere.»

«HARRY.»

E alla fine esco di casa con due grandi borse e venti dollari in tasca, è il loro pegno da pagare se vogliono vedermi fare qualcosa di produttivo nella mia vita.

Arrivo in lavanderia dopo aver speso i miei soldi in schifezze varie e caramelle da Big Mama e forse dovrei controllarmi un po di più perchè come direbbe mio nonno: Io sono l'effetto collaterale dell'adolescenza. Mangio cibo spazzatura e mi trastullo sul divano. Io la chiamo semplicemente pigrizia.

Come ogni settimana mi siedo sulla sedia in plastica color acquamarina posta davanti all'asciugatrice e aspetto che la lavatrice dove un post-it con su scritto Styles è appiccicato sul bordo mi dica che ha concluso il suo lavoro. Non ho un cellulare quindi passo il mio tempo a ruotarmi i pollici per circa cinque minuti mentre il bucato continua a roteare e roteare e roteare e se lo osservi bene ti arriva la nausea.

Intanto sono entrate già tre donne e  hanno complimentato il mio aspetto dicendo tipo: Che bel giovanotto che abbiamo oggi e poi hanno cominciato a chiaccherare sull'ultimo modello di pentola in acciaio inox (roba molto interessante per mandare avanti un discorso, detto sarcasticamente)

Poi la porta si è aperta ancora, questa volta non era una di quelle signore grasse e tozze intente a litigare che si vedono a Detroit quando fai un giro in macchina per pura noia, no, lei è bianca.

Capelli rossi, pelle pallida e sguardo perso. Forse è la prima volta che vede una lavanderia di seconda classe.

«Hai bisogno di aiuto?» le chiedo.

Lei mi guarda confusa, forse non è Americana. Sorride e scuote la testa.

«Ho perso un gettone. Nulla di che.» mi dice.

«Se vuoi lo cerco io.»

Nascondo un mezzo sorriso e guardo sul pavimento dello stesso colore della sedia su cui sono seduto. Nulla dalla mia posizione e sono troppo pigro per piegarmi e guardare sotto quegli aggeggi in funzione.

«Stai cercando di flirtare con me?» mi chiede facendo sbocciare una meravigliosa risata.

«Avrei cominciato a parlare di pentole in acciaio inox se stessi flirtando, mi sto solo rendendo utile.» Sorrido.

White➳h.s((on hold sry))Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora