Capitolo 10: SCUSA

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Ero in un corridoio buio, sento dei rumori di passi avvicinarsi sempre di più a me. Dal buio, appaiono dei tizi con delle maschere terrificanti sul volto che venivano verso di me. Comincio a correre, verso non so dove. Il corridoio sembrava infinito, senza via di uscita o un piccolo spiraglio di luce. Sento delle risate e dei rumori metallici avvicinarsi sempre e sempre di più, fino a che, non mi prendono

Mi sveglio di soprassalto, alzandomi dal letto. Parker non era nel letto con me. Sento un rumore di rubinetto dal bagno.

Ero completamente sudato. Barcollando un po', mi alzo dal letto e guardo l'orario dal piccolo orologio sul mio comodino. Le 19:45. Fuori era buio e come ogni giorno che si rispetti pioveva

Quando mi risveglio senza Parker vicino sto un po' male, come se a lui non importasse nulla di me.

Sono una persona poco sicura di me, e mi faccio quasi sempre facilmente influenzare dagli altri.

Mi risiedo sul letto, mettendomi rivolto verso il bagno

Il rumore di rubinetto finisce e la porta si apre. Parker, senza maglia, esce dal bagno

"Perché sei senza maglia?"

"Avevo caldo in bagno"

Guardo di nuovo sul comodino accanto al letto, notando che la canna che avevo messo là prima di addormentarmi non c'era.

"Hai fumato la canna nel bagno?"

"No" disse andando verso la sedia dove aveva lasciato la maglia

"Controlliamo subito" rispondo alzandomi dal letto ed entrando in bagno. Faccio un respiro, odorando il fumo che ancora non era uscito dalla finestra aperta

"PARKER" dico uscendo dal bagno "HAI FUMATO LA CANNA NEL BAGNO?"

"Che c'è di male?"

"Ok, fuori di qui. Porta il tuo schifoso fumo fuori da casa mia"

"Ma che hai?" Chiese mentre lo spingevo fuori di casa "sta piovendo e fa freddo"

"Vai a fumare allora no? È la serata perfetta" appena lo sbatto fuori, chiudo la porta

Non chiedetemi come sia riuscito a portarlo fuori visto che è il doppio di me

Sento il telefono vibrare sulla scrivania. Vado in camera e leggo il nome sul display

"Parker❤️"

Prendo il telefono e rispondo

"Sei ancora qui?"

"Mi fai entrare? Sto davanti alla finestra che da sul giardino. Fa un freddo cane e sto in maglietta"

Vado in cucina, alla finestra che da sul giardino

Lui stava lì impalato con il telefono all'orecchio ed un braccio intorno al corpo ad aspettare il mio arrivo.

Appena arrivato davanti a lui, attacca il telefono e se lo mette in tasca.

"Cosa vuoi?" Chiesi trattenendomi dal ridere vedendolo tutto tremante

"Mi fai entrare?"

"No"

"Che devo fare per farmi perdonare?"

"Non lo so, inventati qualcosa"

"Un bacetto?"

Faccio no con la testa, continuando a guardarlo negli occhi, mordendomi il labbro per non ridere

"Un bacio lungo? Ti porto a cena fuori"

"L'idea mi piace, però non basta"

"Cosa devo fare per scusarmi?"

"Dimostrami che ti dispiace davvero"

"Ok"

Si avvicina con la testa al vetro. Ci alita un po', appannandolo

Sollevo un sopracciglio, non capendo cosa volesse fare

Inizia a scrivere delle lettere sulla parte appannata

"S" la prima lettera che scrive "C,U,S,A. SCUSA" ripeto a bassa voce.

Poi, disegna un cuore intorno alla scritta

Non ce la faccio più a rimanere serio, e comincio a ridere arrossendo un po'. Mi avvicino di più al vetro standogli di fronte, sollevando un po' la testa per vederlo in faccia.

Ad un certo punto, mette la sua mano contro il vetro, sorridendo. Io copio il suo movimento e metto anche io la mano contro il vetro davanti alla sua

"Ti basta?"

Fuori pioveva e creava ancora di più un'atmosfera romantica

"Si"

"Adesso puoi aprirmi?"

Abbasso la maniglia dello scorrevole e apro.

"Ce ne hai messo di tempo" disse Parker mettendosi di nuovo di fronte a me

Senza rispondere, mi attacco subito al suo collo, intrecciandolo con le braccia e cominciando a baciarlo.

Alzandomi di peso, Parker mi porta direttamente in camera, chiudendo la porta dietro di se

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"Cosa ci trovi di bello in me?" Chiedo a Parker mentre, appoggiato al suo petto, seguo la linea dei suoi pettorali poco sporgenti

"Perché questa domanda?" Chiede accarezzandomi i capelli

"Perché se guardo te e poi me mi chiedo: come fa a stare con un obbrobrio del genere?"

"Non devi dire neanche per scherzo queste cose"

Premo ancora di più contro di se, chiudendo gli occhi per qualche secondo

"Dopo che i miei genitori sono morti" disse Parker all'improvviso prendendomi alla sprovvista. Riapro subito gli occhi, facendo un verso per fargli capire che lo stavo ascoltando " mi avevano lasciato con un mucchio di impicci. Mia madre era un alcoolizzata, mio padre uno spacciatore, tutti e due morti in un incidente stradale. Sono rimasto da solo, senza nessuno che mi aiutasse. Poi papà aveva dei debiti con brutta gente, e sono dovuto entrare anche io nel giro per ripagare tutto. Dopo qualche anno ce l'ho fatta e sono riuscito anche ad entrare nella scuola, nonostante tutte le difficoltà. All'inizio non parlavo con nessuno, odiavo tutti, facevo il prepotente e lo stronzo solo per crearmi un'immagine. Poi però, è arrivato Tyler Levine, il ragazzo più timido della scuola" disse e io Risi un po' (aveva ragione) " mi facevi un po' pena. Stavi sempre sulle tue. Raramente ti vedevo parlare con Polly. Ho deciso dal primo giorno che ti ho visto di tenermi sotto la mia ala protettrice"

"E in cambio della tua ala protettrice Io ti dovevo fare tutti i compiti?"

"Esatto." Rispose ridendo.

"Poi, è arrivata la festa. Ero contento di vederti anche la sera, perché la mattina ci vedevamo poco. Ogni giorno, aspettavo che arrivasse la mattina per andare a scuola. Eri e sei l'unica ragione per cui mi alzo dal letto la mattina"

Arrossisco un po' anche se lui non poteva vedermi

"Addirittura?" Chiesi girandomi per guardarlo in faccia, poggiandogli il mento sul corpo

"Si"

Tutti e due ci guardiamo negli occhi, senza dirci nulla.

"Ti amo" dico sottovoce

"Anche io"

Bully (boyxboy)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora