Capitolo 1 - Atlaya la Plaga Verde

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Sotto il riverbero del sole, l'acqua era un nastro scintillante azzurro e verde. Il fiume scorreva sinuoso lungo l'ala occidentale della Reggia di Costanzio, come a voler dissuadere il passaggio di ospiti indesiderati.

Rigogliosi alberi di pino emergevano contorti dal manto erboso, smeraldino al tocco della luce nascente. Un nugolo di cardellini intonava il suo verso mentre sorvolava con armonici volteggi le immote sculture delle tre divinità di Atlaya: Terah, Dea della Natura; Clesso, Dio del Tempo; Pentropia (nonché la più importante del pantheon) Dea della Pace. Immerso in quell'ameno giardino c'era Jorah, figlio di Costanzio, un bambino irrequieto di soli dodici anni, impegnato come d'abitudine nei suoi studi. Ad aiutarlo c'era il vecchio Osmund, un uomo dalla schiena ricurva, palpebre cascanti, con dei simpatici ciuffi di capelli bianchi che spuntavano solo ai lati della testa. Quest'ultimo era uno schiavo di Costanzio, ma molto più sapiente di tanti Signori aristocratici, qualità che gli era valsa il ruolo di educatore per i suoi figli. Osmund non era un cittadino di Atlaya, in realtà nessuno conosceva le sue origini, si pensava fosse uno schiavo venduto da Eube in cambio di qualche moneta di rame. Gli schiavi e gli stranieri come lui, ad Atlaya, infatti, non erano considerati cittadini e ciò significava vivere senza alcun diritto e sobbarcarsi le mansioni più pesanti così da lasciare i benefici del lavoro intellettuale - e l'ozio - ai Signori del posto. Alla produttività della città ci pensavano gli schiavi come Osmund che costituivano metà della popolazione totale. Per questo motivo a Jorah, quel giorno, era stato prospettato un piano di studi intenso: matematica, oratoria, geometria, tutte discipline che avrebbero dovuto nutrire la sua sapienza e allontanarlo dall'onta del lavoro manuale. Ma Jorah anelava tutt'altro: fin da bambino si era distinto nelle discipline atletiche come la corsa campestre, il salto in alto e passava gran parte del suo tempo libero a giocare a "spada e scudo", un gioco per bambini dove un qualsiasi ramo robusto diventava una spada e un secchio
- su cui erano applicati opportunamente applicati due fori - un elmo. Il suo sogno sarebbe stato quello di partecipare ai Giochi di Pentropia o, meglio ancora, quello di diventare un guerriero della sua gente impugnando una spada vera. Il secondo era un sogno ancora più irrealizzabile del primo visto che, il Signore suo padre, Costanzio, qualche decennio addietro, aveva contribuito allo scioglimento di tutte le forze guerriere della città. Addirittura quest'ultimo decise, in accordo con il Consiglio cittadino, di fondere tutte le armi presenti all'interno delle mura. Il tutto venne ratificato e approvato con la maggioranza degli aventi diritto di voto attraverso il Costanzio Act, che a quei tempi era ancora in vigore. Costanzio, uno dei figuri più influenti in quel di Atlaya, mal sopportava la guerra, macché, la aberrava! O almeno questo sentiva dire Jorah di suo padre nelle piazze cittadine. La difesa di Atlaya, dunque, poggiava unicamente sulle sue imponenti mura perimetrali: una spessa barriera di cruda terra che raggiungeva l'impressionante altezza di quasi cento metri e lo spessore di quaranta, e che rendeva Atlaya, di fatto, un fortino impenetrabile alle forze nemiche. Un'impresa architettonica avanguardista, iniziata dal bisnonno di Jorah, Aristarco, e portata a compimento da suo padre stesso. A guardare le mura così maestose nessuno avrebbe mai pensato che qualcuno avrebbe mai potuto superarle. E qualora una disgraziata gradinata umana ce l'avesse fatta, ad attendere gli ardimentosi, ci sarebbe stata una fitta foresta attraversata da belve ferali, che suo padre aveva provveduto opportunamente ad innestare alle porte esterne della città. Una sorta di immenso labirinto naturale e pericoloso che fungeva da anticamera al cuore vero e proprio della città. L'unica via per entrare ed uscire da Atlaya via terra, insomma, era un tunnel segreto e sconosciuto ai più, custodito gelosamente nella memoria degli ancestrali cittadini di Atlaya. Essendo di fatto chiusa ai popoli astanti, per Atlaya poteva essere difficile provvedere ai fabbisogni più disparati della sua gente, se non fosse che la Plaga Verde – così come era soprannominata dai forestieri - era una terra generosa, ricchissima di prodotti di prima necessità e di metalli preziosi l, cosa che aveva permesso agli atlayani di non dipendere da altri popoli. E ciò aveva contribuito senz'altro alla sua opulenza. Senza dimenticare che la sponda orientale delle mura affacciava direttamente sullo Stretto Quieto, canale fondamentale delle comunicazioni via mare e di cui Atlaya godeva il controllo. Da lì, ogni giorno partivano frotte di navi cargo cariche di sale, frutta e svariati metalli estratti dalla fertile terra. Di fatto la forza stessa di Atlaya si basava sul monopolio del commercio marittimo, un'egemonia favorita dalla flotta avanguardistica, impressionante nel numero e nella perizia tecnica dei mezzi, costruiti nel corso dei lustri grazie all'ingegno dei geometri atlayani.

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